Polizia Locale · riflessioni

Tra Causa di Servizio e Taser, presente e futuro delle Guardie Cittadine.

Ci piace aprire questo articolo con una buona notizia: un mese fa parlammo di un’assurda lettura del Ministero delle Finanze relativa la reintrodotta Causa di Servizio per le Polizie Locali che sostanzialmente riconosceva tale istituto solo al personale impiegato nelle città metropolitane e nei capoluoghi di provincia. Già nell’articolo dedicato spiegavamo non tanto l’ingiustizia quanto la totale antigiuridicità di tale visione e fortunatamente in questi giorni è arrivata, dopo una richiesta di chiarimento da parte di ANCI, la risposta del Ministero dell’Interno, che ha sposato la visione di A me le Guardie, dei sindacati, della categoria e della lingua italiana sottolineando come non vi sia alcuna diversità di trattamento tra gli operatori metropolitani e quelli di provincia.

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Spostiamoci invece sulle Forze di Polizia dello Stato e parliamo della recentissima dotazione del TASER, la pistola elettrica, già oggetto di un approfondimento, consegnata agli agenti di Polizia di Stato, Carabinieri e Finanza in 12 città italiane. Inserita in cinturone in posizione cross draw in una moderna fondina in polimeri atta a prevenire la sottrazione da parte di terzi, davanti le manette, la pistolona gialla si fa subito notare per le ragguardevoli dimensioni e ha già collezionato diversi successi: a Milano e Bologna, ha permesso di far terminare la resistenza piuttosto che una rissa di o tra diversi soggetti al solo estrarla ed attivare il contatto elettrico. Un terzo caso, più interessante, è avvenuto a Firenze, dove l’arma è stata usata nei confronti di un cittadino straniero che, completamente nudo, minacciava ed aggrediva prima i passanti poi gli agenti intervenuti. 

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La posizione del Taser nel cinturone di un carabiniere.

Soccorso dal 118 e poi arrestato dopo la dimissione, non solo non vi sono state conseguenze una volta terminato l’effetto della scarica, ma nonostante l’uomo fosse disarmato è stato riconosciuto il corretto uso dello strumento, che si è rivelato capace di terminare la minaccia senza il contatto diretto con gli operatori e la conseguente colluttazione che avrebbe potuto portare conseguenze agli agenti: un aspetto davvero molto importante che conferma che l’utilizzo degli strumenti non letali non deve per forza tenere conto dell’eventuale strumentazione in mano all’esagitato di turno, e non possiamo non pensare al caso di un agente di fronte un omaccione di stazza fuori della norma, fino ad oggi costretto al solo eventuale uso della pistola per difendersi – con tutte le conseguenze del caso – che con questa nuova dotazione vede invece la possibilità di agire in sicurezza senza per forza dover venire preso a mazzate.

E’quindi un vero piacere che il Ministro Salvini abbia sottolineato in più riprese che in un futuro Decreto Sicurezza, a quanto pare già in discussione presso il Ministero e dovrebbe essere presentato dal Governo entro ottobre, la dotazione della pistola elettrica sarà estesa alla Polizia Penitenziaria, alla Polizia Locale ed alla Polizia Ferroviaria. 

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A questa possibilità si è assistito ad una levata di scudi da parte di una certa parte della categoria ed in particolare dal sindacato USB, che già si era distinto per posizioni alquanto assurde se non totalmente fuori dalla realtà. Le lamentele dei “soliti noti” nemici interni della categoria vanno dal sottolineare la mancanza di tutele, al rimarcare la nostra “diversità” dalle forze di polizia statali, che evidentemente per questi signori si traduce nel fatto che, diversamente da loro, noi non dovremmo poterci difendere, fino ovviamente a dare del Rambo – fantasia- e dell’esaltato a chi la pensa in modo diverso, accusandolo del classico “dovevate fare il concorso in Polizia”.

Il comunicato completo è francamente troppo al di fuori della realtà e troppo distante da questa pagina per riportarlo o linkarlo dandogli così più visibilità di quella già ricevuta dalla condivisione in gruppi di categoria – condivisione terminata in una vagonata di attacchi alla posizione espressa, fortunatamente – ma la domanda di A me le Guardie a questa gente rimane sempre la stessa: 

Non vi rendete conto che proprio per codice della strada e sicurezza urbana – che ci compete per legge chiarissima oltre che per evidente consuetudine – passano droga -pensate al tizio fermato a Venezia con l’auto carica di droga- armi – sequestrate in toscana – pedofili – nel mio primo comando di servizio l’arresto del padre che violentava la figlia 12enne è partito da un senso vietato-immigrazione – il caso di cui sopra-  e che anche su commercio si va a colpire immigrazione e sfruttamento, che edilizia significa antimafia, che la sicurezza urbana significa baby gang, tutela donne e minori – vedasi Milano di recente-  e antidroga – sempre Venezia, ma anche Bologna e mille altri – e voi davvero date a capire che di fronte qualsiasi di queste cose vorreste fare un passo indietro? Che oltre la cintura, l’incidente – magari senza feriti o lievi – la cacca del cane, il prezzo non segnato, l’orario di chiusura e l’erba potata fuori orario non vorreste andare e passereste l’intervento ad altri? Ma non vi pare meschina, vigliacca ed anche imbarazzante come prospettiva? Volete che noi si sia la polizia di tutto ciò che è colpire il cittadino e lasciare ad altri essere la polizia di ciò che protegge?

Indipendentemente da quello che ogni collega può pensare sull’opportunità o meno che noi si esegua anche servizi di pubblica sicurezza, antidegrado, anticrimine ed antidroga – anche se ormai è inevitabile farli perché la situazione sociale ha amalgamato la criminalità a quello che una volta era semplice “malcostume”-  vorremmo nuovamente porre all’attenzione di tutti quali siano gli interventi nei quali noi della Polizia Locale riportiamo aggressioni o addirittura moriamo. Prendendo spunto dall’Osservatorio dell’ASAPS “sbirri pikkiati“,  possiamo vedere che i ricoveri e le aggressioni per servizi “non tradizionali”, tanto schifati da molti colleghi più “impiegatizi”, sono molto minori di quelli per attività considerate invece “di competenza”.

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Ricordiamo Luigi Licari, ridotto in fin di vita a botte mentre bloccava gli accessi in un’area pedonale,  pensiamo ad Antonio di Stefano, comandante di Misterbianco trascinato da uno scooter, al suo omologo di Trecate, investito nel tentativo di fuggire ad un posto di controllo, ai colleghi di Treviglio trovatisi di fronte la fuga di un veicolo già inseguito dai carabinieri: cosa avrebbero dovuto fare, secondo l’USB? Allontanarsi tutti in sicurezza e lasciar allontanare i delinquenti in attesa dell’arrivo dei supereroi nazionali?

Stiamo parlando di terrorismo? No. Antidroga? Nemmeno. Rapine? Nisba. Omicidi? No. Risse? Nah. Indubbiamente parte di noi subisce delle aggressioni anche nei servizi – da A me le Guardie ritenuti necessari, professionalizzanti, importanti – di ordine pubblico e di polizia giudiziaria, ma il numero di attacchi dovuti a comunissime soste, routinari controlli veicolari e commerciali, perfino a imposizioni di alt durante la viabilità sono ben più numerosi di quelli subiti quando ci mettiamo a fare attività investigativa e di repressione crimine.

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Ed è per questo che A me le Guardie spera in un provvedimento legislativo immediato che chiarisca che quello del poliziotto è un mestiere pericoloso indipendentemente dal servizio di polizia svolto. Che se forse lo stato e la società possono permettersi di ritenere che determinate attività siano da “vigili” e non “agenti di polizia”, la verità rivela un quadro ben diverso col quale anche i colleghi entrati convinti di essere una sorta di ibrido tra l’assistente sociale ed il volontario che fa attraversare i bambini devono imparare a convivere.

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