Polizia Locale · riflessioni

La riforma step by step: pensieri sparsi e speranze

I pensieri di oggi, dopo tanta assenza, ovviamente vanno alla nostra riforma, a quella riforma che ormai è sulla bocca di tutti, ma sussurrata, accennata, con bozze di legge delega che appaiono qua e la e che sono tutte, ugualmente, deludenti, con i “chiarimenti”, i “fermo restando”, “le clausole” e “le opinioni” di altri elencati prima ancora di qualsiasi ipotesi di trattativa ed uno schema generale di contentino piuttosto che di vera risoluzione.

Sembra ormai chiaro che, se ci andrà bene, otterremo forse qualche tutela pari alle Forze nazionali in materia di infortuni e, si spera, previdenza e pensione, otterremo un comparto nostro all’interno del contratto, otterremo gli accessi alle banche dati ministeriali ed in parte – presumo a livello simil COpe – al fondamentale SdI, otterremo un obbligo di equipaggiamento minimo. Null’altro. Niente 121, niente contratto pubblico, niente distacco dai sindaci, niente rivoluzione: una “65/2003”. Ed è già tanto: non poche fronde ministeriali – le stesse che la legge la scrivono e, di fatto, la decidono – vorrebbero lasciare le cose come stanno, magari limitandoci ulteriormente la qualifica di Polizia Giudiziaria ed indirizzandoci sempre di più verso una attività meramente sanzionatoria ed al limite infortunistica.

Va da sé che mentre in questa seconda ipotesi sarebbe davvero il caso di appendere tutti la divisa al chiodo, nella prima ipotesi invece ci possiamo vedere un minimo di speranza. Al di là della 65/86, è innegabile che anche la 121/81, prima o poi, andrà riformata: dopo quasi 45 anni è decisamente DOVEROSO. Immaginando che venga riformata oggi, non possiamo negare che allo stato attuale sarebbe difficile pretendere di venirvi ricompresi. Avendo invece una nuova legge che già ci riconosce una evidente assimilazione alle Forze di Polizia nazionali, il nostro inserimento in una “nuova” 121 diventerebbe più naturale che ipotetico.

Questa è l’unico ragionamento che mi porta ad avere un minimo di speranza nel nostro futuro, ed, in fondo, ammettiamolo: scivolo pensionistico, contrattazione di categoria, accesso alle banche dati, anche solo alla parte importante dello SdI – carichi pendenti e precedenti – e strumentazione minima garantita per legge sono un deciso passo avanti rispetto l’insopportabile situazione attuale.

Chiudo con un ragionamento sull’articolo 20 dell’ultimo Decreto Sicurezza, la tanto discussa possibilità per gli Agenti di Pubblica Sicurezza di portare un’arma personale quando fuori servizio: chiariamo subito che, sebbene pure io all’inizio non lo pensassi, la legge, per come è scritta, ci ricomprende, citando peraltro i medesimi riferimenti normativi – di 115 anni fa, ma mai abrogati – che sono alla base della costante giurisprudenza assolutoria verso le Guardie Cittadine “colte” armate fuori territorio. In sostanza il solo fatto di avere la qualifica di Pubblica Sicurezza fa da titolo di porto – non di acquisto – di un’arma personale. Questo da un lato significa che chi volesse usufruire della possibilità dovrebbe farsi per conto proprio un porto d’armi anche solo sportivo per procedere all’acquisto di arma e munizioni – quindi un ulteriore controllo di stabilità del soggetto, che elimina le da alcuni temute derive da far west – e dall’altro vuole anche dire che tale facoltà è data indipendentemente dalle regole del Corpo di servizio: armato o meno, con arma di servizio assegnata in via piò o meno continuativa, il solo avere la qualifica da la possibilità di portare un’arma personale fuori servizio e, di fatto, riconosce la validità della qualifica e l’essenza di pubblico ufficiale senza limiti territoriali e di tempo. Ovviamente l’arma non sarebbe portabile in servizio: la norma, infatti, riguarda solo il “fuori servizio” e non va a modificare alcun regolamento. Questo significherebbe riconoscere qualcosa che come A me le Guardie propugno da tempo: la “limitazione” di cui alla 65/86 è alle funzioni di pubblica sicurezza e non alla qualifica in sé, intrinsecamente scevra da possibili limiti temporali o spaziali.

Ricapitolando, possiamo aspirare e puntare a tutele contrattuali e pensionistiche, banche dati, sdi, equipaggiamento minimo e arma personale senza limitazioni con implicito riconoscimento nazionale della qualifica di pubblica sicurezza: a questo punto, vi giuro, mi farei una ragione anche della qualifica di Polizia Giudiziaria limitata nello spazio, che, e sono pronto a scommetterci, è il vero punto focale su cui si gioca l’astio di certi salotti ministeriali nei nostri confronti.

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