Giurisprudenza · Polizia Locale

LA PRESUNTA DIFESA PERSONALE E IL PORTO D’ARMI DELLE GUARDIE CITTADINE

Alzino la mano quanti di noi hanno sentito qualche anziano – e qualche formatore- asserire che la Polizia Locale non usa l’arma ai sensi dell’articolo 53 del codice penale quale pubblico ufficiale dotato di armi ma bensì per ‘difesa personale’ secondo alcuni con addirittura più limiti della ‘legittima difesa’ di cui all’articolo 52 cp in quanto nemmeno si potrebbe difendere ‘terzi’ ma solo noi stessi.

Bene, questa balla trae origine dalla dicitura del dm 145/87 che a proposito delle armi in dotazione alla polizia locale, all’articolo 1 dice:


L’armamento in dotazione agli addetti al servizio di polizia municipale in possesso della qualità di agente di pubblica sicurezza è adeguato e proporzionato alla esigenza di difesa personale, in relazione al tipo di
servizio prestato, individuato ai sensi dell’art. 2.

Quel “proporzionato alla esigenza di difesa personale” ha causato la leggenda di cui sopra. “Proporzionato all’esigenza di difesa personale” è molto diversa da “per difesa personale”: se si voleva utilizzassimo l’arma per legittima difesa tanto andava scritto e non “difesa personale” od altri termini inesistenti nel Codice Penale: è infatti assodato che l’arma è in capo all’operatore di Polizia Locale in virtù della qualifica di Pubblica Sicurezza – ed infatti viene portata senza licenza – qualifica tout court di Pubblico Ufficio e che l’arma è assegnata proprio per l’espletamento di esso, facendo rientrare l’agente di Pubblica Sicurezza (locale o statale che sia) senza alcun dubbio nella dicitura dell’articolo 53 Codice Penale, ricordiamo infatti l’articolo 5 della legge quadro 65/1986, quinto comma:

Gli addetti al servizio di Polizia Municipale ai quali è conferita la qualità di agente di
pubblica sicurezza portano, senza licenza, le armi
[omissis]

Il richiamo alla difesa personale, con la medesima formula, appare in un testo ben antecedente la legge 65/86 ed il dm 147, essa infatti deriva dal regolamento di esecuzione del tulps – rd 635/1940 – che all’articolo 73 recita:

[omissis] Gli agenti di P. S., contemplati dagli articoli 17 e 18 della legge 31 agosto 1907, n. 690, portano, senza licenza, le armi di cui sono muniti, a termini dei rispettivi regolamenti [omissis]

La facolta’ di portare le armi senza licenza e’ attribuita soltanto ai fini della difesa personale.

La legge 690/1907, tutt’ora in vigore, ai sopracitati articoli 17 e 18 rispettivamente dice Sono agenti di pubblica sicurezza in servizio permanente i carabinieri Reali e le guardie di citta’ e sono pure agenti di pubblica sicurezza le guardie di finanza e forestali, le guardie carcerarie, nonche’ le guardie campestri, daziarie, boschive ed altre dei Comuni, costituite in forza di regolamenti, deliberati ed approvati nelle forme di legge, e riconosciute dal prefetto.

Va fatto notare che successivamente al 1907 le Guardie di Città transitarono quasi interamente nel corpo statale di Pubblica Sicurezza, l’odierna Polizia di Stato, generando poi una discreta confusione nel considerare i successivi Agenti di Polizia Locale quali Agenti di Pubblica Sicurezza ai sensi dell’articolo 17 o del 43, che citava altro personale cui il Ministero poteva attribuire detta qualifica, citiamo guardie telegrafiche e di strade ferrate edai cantonieri, purche’ posseggano i requisiti determinati dal regolamento e prestino giuramento innanzi al pretore come pure ad altri agenti destinati dal Governo all’esecuzione ed all’osservanza di speciali leggi e regolamenti dello Stato.

Ricapitolando, il costrutto normativo che abbiamo ricostruito ci dice che la dicitura “esigenze di difesa personale” riguarda non solo la Polizia Locale, ma tutto il personale statale e non dotato della qualifica di Pubblica Sicurezza: asserire quindi che la sua lettura pratica sia quella della “legittima difesa” di cui all’articolo 52 Codice Penale andrebbe a togliere a tutti l’utilizzo dell’arma ai sensi dell’articolo 53 “uso legittimo delle armi” da parte dei pubblici ufficiali che ne siano dotati: a questo punto, chi resta, di pubblico ufficiale dotato di armi, che rientrerebbe nel dettato dell’uso legittimo?

Fugato una volta per tutte il dubbio sull’utilizzo dell’arma, voglio osare condividere un pensiero del collega Angelo di Perna che, unendo l’analisi del citato dettato normativo dell’articolo 43 dell’RD 635/40 a quella di un paio di sentenze relative il porto dell’arma fuori territorio da parte di poliziotti locali, è arrivato ad una lettura estensiva anche di quest’ultimo tema.

Una prima sentenza del Tribunale di Torre Annunziata del 31.03.1995 fa riferimento all’art. 18 del R.D. 31.08.1907 n. 690 in combinato disposto con l’art. 73 R.D. 06.05.1940 n. 640 così come rafforzato dalla nota ministeriale del 26.03.1992 che afferma che la qualifica di P.S. per gli agenti di Polizia locale, una volta acquisita, ai sensi art. 5 comma 2 legge n. 65/86 entra a far parte dello status giuridico permanente e può venir meno solo con la perdita dei requisiti soggettivi che ne condizionano il conferimento, consentendo il porto dell’arma in qualsiasi circostanza e senza limitazioni di sorta senza nessun obbligo di denuncia della stessa come previsto dall’art. 38 del T.U.L.P.S.

Sottolineo che la nota ministeriale citata è quella da richiamare quando, in occasione di un cambio di comando, la nuova prefettura tenta di ritardare l’assegnazione della qualifica di PS asserendo di dover rifare da zero i controlli: è una ennesima balla colossale cucita sulla nostra pelle da funzionari più o meno periferici che non sanno nemmeno quello che il loro stesso Ministero scrive.

La seconda sentenza analizzata arriva dal Tribunale di Arezzo del 2005 e muove invece da un presupposto giuridico diverso e in particolar modo prende le mosse dall’art. 6 del Decreto del Ministro degli Interni n. 145 del 04.03.1987, precisando che il porto dell’arma da parte del personale di P.M. è consentito anche fuori dal servizio nel territorio dell’ente di appartenenza e nei casi previsti dalla legge e dai regolamenti. L’ultima frase, pronunciata dai giudici aretini ci permette di collegare le due sentenze in unicum giuridico nel senso di creare un indirizzo giurisprudenziale consolidato in materia dovuto al fatto che il collegio toscano sembra richiamare le normative, anche se non lo fa esplicitamente, che vengono invece menzionate minuziosamente dal Tribunale napoletano nella prima sentenza. Un ulteriore conferma della tesi che si sta sostenendo può trovare humus giuridico se si va a guardare il tesserino di riconoscimento di qualsiasi operatore di Polizia Municipale dotato di qualifica di P.S. che dopo il numero personale del decreto prefettizio cita l’ormai “famoso” art. 18 R.D. 31.08.1907 n. 690.

Le sentenze, unitamente all’articolo completo del collega, si possono leggere al link: http://www.infocds.it/public/articoli/pdf/A_Di_Perna_Arma_fuori_territorio.pdf

Chi segue il blog sa che nelle settimane scorse A me le Guardie ha avuto la possibilità di avere un breve colloquio a Montecitorio con il Presidente della Commissione Affari Costituzionali e che da questo incontro sono emerse tutte le attuali difficoltà ad ottenere in tempi brevi una risposta politica alle mille necessità della Polizia Locale: in attesa della riforma che ormai ritengo perduta nel disinteresse della classe politica, auspico che al Viminale qualcuno valuti la possibilità di scrivere, magari in concerto col Ministero della Giustizia, una circolare che, applicando la lettura combinata degli articoli 73 del RG 635/40, 17 e 18 del RD 690/17, 5 della legge 65/1986, vista anche la giurisprudenza esistente, sdogani il porto nazionale dell’arma, in servizio e non, e smentisca definitivamente ogni lettura autolimitante che fa tanto comodo agli ancora troppi tra noi che hanno una visione del nostro mestiere che non ha mai rispecchiato la realtà né oggi che siamo Poliziotti Locali né ieri che eravamo Vigili Urbani.

Non si tratterebbe della riforma, certo, ma di un importante segnale a favore della nostra dignità ed ancor più della nostra libertà di non essere limitati nella nostra vita privata dai pregiudizi altrui.

 
  
  

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