Franco dalla Corte è deceduto in seguito le lesioni dovute alla vigliacca aggressione.
Franco Dalla Corte era una Guardia. Come me. Come tutti coloro che si rispecchiano in questa pagina. Chi non fosse convinto di questo, chi volesse fare una sorta di strana classifica di chi sia o meno degno di chiamarsi guardia, o peggio di sostenere che ci sia chi “è più guardia di altri”, o arrivi a fare differenze qualitative tra “guardie”,”poliziotti”- statali, penitenziari o locali che siano – “carabinieri” e “finanzieri” può andare ad impiegare il proprio tempo in altri luoghi. Franco Dalla Corte era da solo, a chiudere una stazione della metropolitana di Napoli, quando un pugno di ragazzini vigliacchi, infami ed assassini lo hanno attaccato alle spalle, bastonandolo a morte, nel tentativo di rubargli una pistola. “Per fare uno scherzo” dice qualcuno “per rivenderla” dice qualcun’altro.
A noi non interessa.
Non interessa se volessero la pistola, non interessa cosa volessero farci con la pistola. Interessa relativamente che i tre siano stati arrestati e non cerchiamo di illuderci in ergastoli ed altre pene che sappiamo benissimo – troppi i casi simili – essere difficile veder applicati a dei minorenni.

Il dito, noi, lo puntiamo oltre gli assassini. Lo puntiamo su chi dietro gli assassini si nasconde. Lo puntiamo su chi indica come colpevoli i soli delinquenti, su chi si scarica responsabilità e coscienza balbettando parole di conforto e promesse di giustizia. Lo puntiamo su chi permette che nel 2018 un operatore di sicurezza – pubblico o privato che sia – giri da solo, all’aperto o al chiuso, di giorno come di notte. Lo puntiamo su chi nega agli operatori di sicurezza – pubblici o privati che siano – il diritto di avere i giusti strumenti di protezione, i giusti dispositivi di dissuasione, i giusti indennizzi per le famiglie in caso di invalidità o morte per servizio, i giusti contratti ed i giusti stipendi in relazione il lavoro a rischio, i giusti basamenti giudiziari per potersi difendere senza timore di passare da vittima ad indagato.
E’ un ben strano paese, quello in cui se una guardia viene aggredita durante il servizio gli avvocati obiettano che se si fosse fatta gli affari suoi i criminali non l’avrebbero aggredita. Un ben strano paese quello in cui dopo un arresto sarà l’operato della guardia a venire sondato lettera per lettera e virgola per virgola alla ricerca di un suo errore per porla sul banco degli accusati, per rimbrottarle se il suo operato fosse “proporzionato” al crimine commesso dal delinquente. Un ben strano paese quello in cui, indipendente dalla convalida o meno degli arresti su strada, ci si trova di fronte sempre gli stessi criminali, ogni volta più persuasi di poter fare quello che vogliono senza doverne temere le conseguenze.

La Morte di Franco Dalla Corte, in un fatto così tragicamente simile a quello del dobbiamo dire più fortunato Luigi Licari, non ricade solo sui criminali, e nemmeno sui buonisti, sui disarmisti, sugli opinionisti da scrivania e sui sindacalisti incompetenti, no, ricade su un intero sistema che sempre di più vuole vedere le guardie come avversari, come “mali necessari”, come “quelli che ci vogliono privare della libertà”, come “esattori” o “picchiatori”, come diretti rappresentanti di quello Stato in cui la società non riesce a trovarsi e che vediamo sempre più lontano dalle esigenze concrete e reali della popolazione.

Anche in questo momento li vediamo giocare al Trono di Spade alla ricerca di accordi di governo nell’ingovernabilità che loro stessi hanno voluto, li vediamo parlare di alleanze e di proposte, per poi virare su nuove elezioni e poi di nuovo cercare consensi: vada come vada, mentre loro parlavano, Franco Dalla Corte moriva. Da solo.
Quello che occorre non è solo un governo, uno vero, non uno di parole e demagogia, di razzismo facile e soluzioni fantasiose, ma un governo che sappia la reale situazione e che ponga le giuste misure per dare agli operatori della sicurezza la possibilità di fare il loro lavoro senza che la loro sicurezza operativa si basi sulla speranza statistica di non venire mai aggrediti di spalle o di non essere mai costretti a tirare un colpo di pistola: già, si fa tanto parlare di un carabiniere che a Roma avrebbe sparato su un veicolo in fuga, ferendo due persone…colpa sua, criminale, assassino, pistolero, bercia qualcuno…nessuno, invece, che dica che se ci fossero le giuste conseguenze legali per chi tenta di investire una guardia non ci sarebbe nemmeno bisogno di sparare, perchè pochi sarebbero così impudenti da fuggire.

La vera riforma, in Italia, è la riforma della mentalità guardiofobica della maggior parte della società, e se mai qualcuno volesse legalmente mettere mano al problema, non dovrebbe occuparsi solo dei corpi statali – eliminandone qualcuno magari, come si

vocifera – o di quelli locali – parificandoli a quelli statali, come auspichiamo – ma dovrebbe prendere in un’ampia visione tutta la sfera contrattuale, operativa e legislativa alla base del lavoro di chiunque si occupa di “servire&proteggere” e dando a tutti, partendo proprio da chi chiude le metropolitane o blocca l’accesso alle strade, la giusta dignità professionale in cambio del rischio quotidiano della propria incolumità.

Fino ad allora, chiunque volesse firmare un ordine di servizio con una persona sola in giro con una divisa che ormai è un bersaglio mobile, sappia che avrà sulla coscienza non solo il suo diretto sottoposto mandato a lavorare in condizioni tanto infami, ma tutti gli altri operatori nella stessa situazione, perchè finché esisterà un solo dirigente/ufficiale/capoturno/imprenditore che vedrà una guardia lavorare sola, allora si sentirà libero di mandare a sua volta altre guardie sole.

Voi, che ci comandante, che disponete, che pianificate, fatevelo voi il primo esame di coscienza, voi che non avete la scusa di non conoscere la realtà del nostro lavoro.
Un pensiero riguardo “La morte di Franco Dalla Corte ricade su chi lascia le guardie da sole.”