Sono diversi i colleghi che mi scrivono che i loro comandi, adducendo le scuse più campate per aria, dalla necessità di ricostruire un “rapporto coi cittadini” passando per “dare l’immagine di una amministrazione vicina alle persone” e chiudendo come “assicurando così un presidio più completo” stanno potenziando o reintroducendo il famigerato servizio appiedato solitario, ovvero la povera Guardia Cittadina che cammin camminando si fa in marcia quartieri e piazze della città o del paese. Un servizio del genere, che esiste essenzialmente da quando esistono le polizie, si può fare in due modi:

Il primo, utile ed intelligente, mettendo due agenti con veicolo in appoggio – diventa anche un comodo punto di riferimento dove tenere verbali e modulistica varia e dove portare le persone in caso serva un piano di scrittura per qualsiasi motivo – che, parcheggiato il mezzo, si facciano una o più “vasche” di una determinata zona. In certi centri storici di grandi città questo servizio viene svolto anche da pattuglie di due o tre agenti più cane, ed il veicolo diventa, oltre che un citato “punto base” dove lasciare parte dell’equipaggiamento e trovare eventualmente riparo da condizioni meteo avverse, uno strumento con cui eventualmente trasportare un fermato, raggiungere un intervento prioritario altrove che dovesse richiedere più personale del previsto eccetera. Insomma si ha una “pattuglia a piedi” che, in caso di necessità, diventa automontata, e che ha uno spazio sicuro – il veicolo – in modo da poter avere la completa indipendenza operativa. Qualche comando sostituisce il comando con una bicicletta: A me le Guardie ritene “i velocipedi” il peggior mezzo in assoluto utilizzabile da un operatore di polizia, e pensiamo che Nicolò Savarino ed Ahmed Merabet sarebbero d’accordo con noi.

Il secondo modo di gestire il servizio appiedato è invece il contrario totale non solo della sicurezza dell’operatore, ma anche della sua utilità effettiva sul territorio: un operatore da solo, senza veicolo, costretto magari a maratone di mezz’ora per giungere a piedi o con un bus sul quartiere assegnato, carico di equipaggiamento e di verbali – oppure con parte di essi – impossibilitato a muoversi con prontezza causa pistola, bastone distanziatore, spray, cartellina, magari borsello, avvolto, visto il clima, in un giubbotto e due maglioni che lo fanno sembrare l’omino della Michelin, con magari la pattuglia più vicina a diversi minuti in sirena di distanza. Un collega in queste condizioni, è, semplicemente, un bersaglio ambulante, un ridicolo palliativo a qualsiasi problema, e fa specie che tale aberrante servizio vada ancora tanto di moda a discapito di qualsiasi corso di formazione operativa, dove il punto dell’inutilità dell’agente da solo viene battuto allo sfinimento e si insegnano tecniche pensate per due operatori. Finché a chiederlo sono sindaci ed assessori, che del nostro lavoro capiscono quanto han visto sulla serie con Lino Banfi, passi, ma che i comandanti non abbiano il coraggio di rispondere alle richieste con un fermo rifiuto o correzione di servizio ci lascia basiti. Anche perché se capita qualcosa all’agente poi ci van di mezzo pure loro.

E a proposito di “quel che può capitare”, come dimenticare Nicolò Savarino, spesso citato in questo blog, ma anche Giovanni Sali, carabiniere di quartiere, da solo, ucciso in circostanze ancora non chiarite – dopo la sua morte non sono più esistiti carabinieri in servizio soli – ma come dimenticare anche le due colleghe belghe, uccise a sangue freddo e con le cui pistole l’assassino ha poi fatto una strage. Eh si, perché in un’epoca in cui il lupo solitario o il disperato sono purtroppo parte integrante della vita di tutti i giorni, un poliziotto solo – ma anche due, come successo in Belgio– è essenzialmente un’arma da fuoco in mano a quello che gli tirerà una coltellata alla schiena per prendersela. Anche questo andrebbe chiesto alla Guardia Giurata Franco Dalla Corte, ucciso a Napoli mentre in servizio da solo chiudeva le stazioni della metro, da una banda giovanile che voleva la sua pistola. Sempre solo era Luigi Licari, rimasto a lungo tra la vita e la morte dopo un’aggressione a Catania scaturita dall’aver osato impedire l’accesso ad un veicolo in una zona interdetta al traffico. Solo era Vincenzo Cinque, attinto dal fuoco di un pazzo a Napoli e soccorso poi dal collega fuori servizio – caduto anche lui – Francesco Bruner. A Londra, il poliziotto della MET Keith Palmer è stato ucciso a coltellate mentre da solo presidiava la piazza di Westmister.
In galleria vedete i volti di Guardie Cittadine, Guardie Giurate e Carabinieri deceduti o feriti in servizio da soli, chi per arma da fuoco, chi per incidente a seguito del quale non ha potuto contare sul soccorso – sicuramente più qualificato di quello dei passanti – di un collega.
A me le Guardie invita tutti i colleghi comandati a servizi da soli o privi si strumenti o mezzi di supporto a diffidare, anche per scritto, i propri comandi dal proseguire con l’organizzazione di servizi tanto inutili per la cittadinanza, pericolosi per gli operatori e dannosi per l’immagine di una nazione moderna e consapevole dell’attuale situazione sociale.
Non si scherza con la vita di nessuno, ed un agente da solo è uno scherzo che può costare la vita a lui quanto a coloro che dovrebbe proteggere.
A Parigi non era mai successo nulla.
A Nizza non era mai successo nulla.
A Strasburgo non era mai successo nulla.
A Barcellona non era mai successo nulla.
A Monaco non era mai successo nulla.
Maria Ilardo, Nicolò Savarino, Giovanni Sali, Franco Dalla Corte, Ahmed Merabet, Keith Palmer, Salvatore Chianese, Vincenzo Cinque, Lucile Garcia, Luigi Ancora, e, salvo per miracolo, Luigi Licari.
CHI SARA’ IL PROSSIMO? DI CHI SARA’ LA RESPONSABILITÀ’?