Codice Penale · Tecniche Operative

Custodia armi e Polizia Locale: cosa succede se rubano le pistole dal comando?

Voglio prendere spunto da questo recente fatto di cronaca per riportare in auge la trascurata sezione di tecniche operative: mettiamoci il cuore in pace che ormai la figura di merda di farci rubare le pistole – per tacere dei tesserini e delle carte di identità in bianco – è stata fatta, cosa davvero rischiano i colleghi o il comune in conseguenza di questo fatto, e cosa si poteva fare per evitarlo, e, in generale, come va custodita un’arma della quale si è direttamente responsabili?

L’art. 20 della legge n. 110 del 1975 dispone che la custodia delle armi deve essere assicurata “con ogni diligenza nell’interesse della sicurezza pubblica”, il che vuol dire tutto ed allo stesso tempo non vuole dire nulla. Tale nozione giuridica così fumosa ha dato origine nel tempo a leggende metropolitane nelle quali si narra che l’arma vada custodita in una cassaforte chiusa in un’altra cassaforte – tipo matriosca –  che va ancorata al muro, o addirittura che vada smontata e i pezzi messi dentro altrettante casseforti o che servono sistemi di telecamere esterne e magari porte blindate ed a combinazione.

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Una cassaforte da mobile a combinazione.

Nulla di più falso: la legge impone, in realtà, semplicemente che l’arma debba essere fuori dalla portata di persone inabili od incapaci all’uso, quali possono essere minori ed eventuali conviventi disabili o non titolati ad usarla. In media basta tenerla chiusa in un vano separato dal resto del mondo da una serratura. Quindi un cassetto va bene. Così come va bene una cassaforte semplice ancorata ad un mobile, o anche non ancorata se la porta della stanza è chiusa a chiave. Alcune questure rilasciano circolari più restrittive, ma solitamente riguardano chi di armi ne custodisce diverse – Bologna ad esempio impone che sopra le 15 armi queste vadano custodite in armadi blindati – e non certo chi deve garantire la sola pistola di ordinanza.

Falsa anche la storia che debba essere scarica: considerato che la legge -art 52 cp- prevede la possibilità di usare qualsiasi arma legalmente detenuta per difendersi, mi piacerebbe capire chi pretenderebbe che un tizio che si trovi i ladri in casa stesse li a rimontare – magari direttamente dalla citata matriosca di casseforti – e ricaricare l’arma. Vero che la “diligenza” prevista dal citato art. 20 cambia se una persona viva da sola, con una compagna, con un coinquilino, con dei figli, rendendo necessarie tutele più stringenti affinché nessuno dei presenti possa mettere la mano sulla pistola: se vivendo solo posso andare sotto la doccia in relativa sicurezza anche se l’arma è nel cassetto del comodino – tanto la porta di ingresso in casa è chiusa – ben diverso è se ho in casa un coinquilino di cui conosco forse il nome o magari due bimbi piccoli che giocano ai cow boys.

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A conferma di quanto detto ecco la recente sentenza Corte di Cassazione, sez. I Penale, 20 marzo 2017, n. 13570 – analisi da parte del dottor Edoardo Mori – che ha visto assolvere dalla denuncia di omessa custodia di armi un signore che, vivendo solo, teneva la pistola sotto il materasso, le cartucce in un cassetto e il caricatore in uno scanso: va da se quindi che la custodia è considerata “diligente” quando idonea ad evitare situazioni di pericolo “normali” e non certo deve essere vista come una sorta di “caccia al tesoro” nell’eventualità che un criminale entri in casa, né tanto meno si deve predisporre sistemi di sicurezza come se si fosse minacciati da Diabolik in persona.

E se le armi vengono rubate in comando? Premesso che se le pistole erano in ufficio e non a casa significa che il regolamento non prevede l’assegnazione in via continuativa – male, molto male – ed impone pertanto ai colleghi di girare disarmati fuori servizio – ancora più male – analizzando il dm 145 del 1987 scopriamo che innanzitutto le armerie con porte blindate, serrande ed altri sistemi di sicurezza (art 13) sono obbligatorie solo quando le armi da  custodire sono più di 15 (art 12), altrimenti bastano dei semplici armadi metallici corazzati (art 14) e da nessuna parte è disposta l’obbligatorietà di un presidio h24 degli edifici ove sono custoditi delle armi: insomma, con buona pace di molti magistrati da tastiera, la custodia delle armi da parte del comune di San Francesco seguiva i crismi della legge, e, con altrettanta buona pace di chi sognava di vedere i colleghi inquisiti per omessa custodia, voglio proprio vedere quale genio della lampada andrà a sostenere che un’arma chiusa nella cassaforte di un ufficio fosse a portata di mano di eventuali ospiti, coinquilini o figli dei consegnatari!

Moncalieri fucili
Nei commenti alla notizia in apertura non sono mancate le solite ironie sulla necessità per la Polizia Locale di portare armi: A me le Guardie risponde con questa immagine riguardante un sequestro proprio di armi in Piemonte.

Quanto successo tuttavia apre al solito discorso sulla assoluta vergogna della condizione della Polizia Locale: gli agenti di San Francesco, da quasi 8 giorni, fanno per caso i medesimi servizi di prima, ma disarmati? Se si, è gravissimo. Ha senso che per un guizzo del comune, i colleghi non potessero portarsi l’arma a casa ma dovessero lasciarla in un comando comunque non sorvegliato in modo continuativo? Ricordiamo che se invece avessero dovuto portarla a casa, i limiti ridicoli alle nostre facoltà di trasporto avrebbero avuto probabilmente un impatto devastante sulla loro vita privata?

Posto che il posto più sicuro per un’arma è addosso a chi ne è responsabile – se portata, anche occulta, con tutti i crismi per i quali si dovrebbe essere addestrati – cosa aspetta lo Stato per riscrivere la ridicola normativa sulla Polizia Locale ed i suoi sistemi di armamento, dipendenti più dalla volontà politica ed economica del sindaco che dalla necessità di sicurezza per le armi e gli addetti? Vogliamo ricordare che un agente con arma assegnata in via continuativa, magari in servizio presso un comando che rifiuta di custodirla – ne esistono – si trova per via della normativa lacunosa a rischiare una denuncia sia che se la porti in ferie per poterla avere sott’occhio – per porto abusivo – sia che la lasci in casa e gli venisse rubata – per omessa custodia-? Tutto questo nonostante in ambo i casi ci sia una consolidata giurisprudenza di assoluzione in ambo i casi, ma, anche grazie alle leggende citate in apertura articolo, qualche solerte operatore avanza sempre di provare a portarci davanti un altrettanto solerte magistrato! Magari per poter così aggiungere l’uno un punto alla lista delle denunce fatte e l’altro a quelle evase, meglio ancora se contro un odiato “vigile urbano” e addirittura riguardo un argomento delicato e socialmente rifiutato come quello delle armi.

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Altre armi – questa volta rinvenute – in custodia alla Polizia Locale.

Un invito a nozze, in cui, come al solito, la Polizia Locale fa la parte delle portate da divorare senza ritegno, piuttosto che quella di un commensale.

 

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