Polizia Locale · riflessioni

Il nostro dovere, anzi, il nostro privilegio.

Don Chisciotte mi è sempre piaciuto: è l’eroe per antonomasia, quello che “sputa il cuore in faccia all’ingiustizia giorno e notte” per dirlo alla Guccini, quello che va avanti nel suo cammino, nella sua impresa, anche quando sa che non vi è speranza, o meglio, va avanti credendo nella speranza anche quando tutti gli altri l’hanno abbandonata, nella ricerca continua della sua introvabile stella e il compimento del sogno impossibile. Sono temi che A me le Guardie tocca spesso perchè la ricerca della stella, è, per me, per noi, la missione di ogni vero cavaliere, il suo dovere, anzi, il suo privilegio.

In questo periodo festivo voglio riprendere e dedicare un intero articolo all’introvabile stella, perchè non nascondo che negli ultimi mesi stavo rinunciando alla ricerca, mi sentivo sfiduciato, stanco, pensavo che non  ci fosse più niente da trovare, peggio, che l’obiettivo fosse una sorta di pentola d’oro ai piedi di un arcobaleno se non addirittura un miraggio. Il famoso mulino scambiato per un terribile gigante proprio da Don Chisciotte, e mi sentivo ancora più ingenuo di lui, come se caricassi lo stesso pur sapendo che stavo attaccando un mulino, quando lui, almeno, aveva la scusa di vederlo appunto per un mostro.

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Don Chisciotte

Non mi davo pace in questo calo di fiducia, tanto da rivoltare di nuovo la vita, ovviamente peggiorando le cose, ed allo stesso tempo vedendo sempre più attorno a me una società che non solo non merita di essere “salvata”, ma che nemmeno vuole esserlo, una società dove ormai tutto è codificato, tutto è dettato e la sola idea che qualcosa vada contro il normale diventa pericolo, nemico, censura. Mi rendo conto che in poche righe passo da Don Chisciotte al Joker, e non nego che in più momenti ho pensato di distruggere questo mondo di ipocrisia, di mandare tutto all’aria, di “farmi umile ed accettare perchè questa è la realtà”, per citare nuovamente Guccini. E’ stato un momento orribile. Tutt’ora è un periodo orribile. 

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Gli alienati del pittore Gericault (1822/1823).

Poi è successa una cosa insulsa ed inutile: mi trovavo a passeggiare per la via principale di un paese dell’hinterland milanese, e in una piazzetta defilata vedo, tra delle squallide panchine in cemento, un gruppetto di 7/8 ragazzini e ragazzine tra i 15 ed i 18 anni, in un bel tripudio di colori, gonne a scacchi e magliette vivaci, che, piazzato un paio di casse collegate ad uno smartphone, ballavano tra impiegati che si ingozzavano in pausa pranzo, agenti commerciali che camminavano isterici col telefono in mano, automobilisti che suonavano il clacson ai semafori rossi e altre immagini dell’alienante società che ci siamo voluti costruire. In tutto questo, il ballo dei ragazzini – musica pessima peraltro – era allo stesso tempo una scintilla di vita ed un elemento estraneo, tanto che non pochi rivolgevano loro sguardi di disapprovazione e non mi stupirei se qualcuno avesse chiamato le Guardie Cittadine per far cessare questa orrida ostentazione di libertà e spensieratezza. 

Ed invece eccolo il mio tesoro sotto l’arcobaleno, ecco la mia stella. La motivazione per continuare a portare la divisa e fare il mio lavoro. In quei ragazzini c’era tutto ciò che voglio preservare, coltivare, portare avanti. La missione è importante, è grandiosa, ed è quella giusta: sopportare, continuare, andare avanti in un mondo che odio nel tentativo, estremo, di correggerlo il minimo necessario perchè, quando e se mai saranno degli impiegati che si abbuffano, dei mezze maniche alienati, lo saranno col sorriso e forse in modo meno butto, ipocrita e distruttivo di quelli attuali. Saremo capaci, in questa società, di farci volontariamente male per dare qualcosa di meglio a chi oggi si affaccia? I nostri nonni hanno sconfitto i totalitarismi politici, saremo in grado, noi, di sconfiggere quelli della società, più sottili, forse più crudeli, dove il nemico porta una giacca ed una cravatta invece di un fucile, dove non ha una divisa diversa, ma, peggio, comanda e gestisce proprio noi che le divise le portiamo? Potrà l’umanità fare questo passo avanti? Potrà il sistema volersi evolvere fino al punto di  permettere ad ogni persona di vivere serenamente senza alienarsi dagli altri rincorrendo un’infima forma di possesso e di dipendenza dal pensiero della massa? Si, lo confesso: l’ultima riga è l’utopia di Marx, lo Stato che si evolve fino al momento in cui diventa superfluo. 

giuramento

Indipendentemente dalle utopie, mi piace pensare che quei ragazzi, come molti altri, possano continuare a ballare, a giocare ed a vivere perchè ci sono quelli come me, come noi, noi brutti e cattivi in blu, noi Guardie, cittadine e non, che impediamo che altre persone possano loro far del male, ed a volte impediamo che se lo facciano da soli. Mi piace credere che il nostro lavoro, il nostro tutelare, potrà un giorno permettere la crescita di quelle persone che cambieranno davvero le cose, traghettando la società ad un’evoluzione più felice, meno schiavista, meno nichilista ed allo stesso tempo societaria – in effetti sono proprio i social la vera contraddizione di questo nuovo millennio – dello sfascio che vedo attualmente.

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Una bella foto dei colleghi dell’unità cinofila della Polizia Locale di Venezia

Mi piace pensare che, tra un mulino ed un gregge di pecore, tra un controllo ed una sanzione, un intervento ed un caffè alla pausa, vedrò crescere qualcuno che renderà questa mia, questa nostra missione, importante, perchè tramite l’aver mantenuto la sicurezza e la vivibilità, faremo crescere i germogli di un mondo migliore. 

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Motociclisti della Polizia Locale di Milano, inverno 2009.

E questo, lasciatemelo dire, non è un solo dovere, va oltre stipendi e tutele, ed è proprio quel sogno impossibile che potremo dire di aver contribuito ad esaudire. 

Questo articolo è gli auguri di A me le Guardie a tutti noi che pattugliamo le città in un’auto blu, in un furgone bianco o in un’autopompa rossa, tutti noi che corriamo in sirena per andare in soccorso degli altri, tutti noi che lavoriamo ogni giorno ed ogni ora dell’anno, tutti noi che, nel 2018, potremo continuare a garantire che i ragazzini possano ballare sereni, e crescere sicuri che nessun figlio di buona donna potrà approfittare della loro ingenuità, debolezza e freschezza.

AUGURI A TUTTE LE GUARDIE D’ITALIA

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