Sta facendo discutere – in realtà semplicemente insultare a casaccio senza sapere di cosa si parla-. la notizia che le Guardie Cittadine di Cittadella, comune della provincia di Padova, sono state dotate di due B&T Apc 9 per l’espletamento di servizi ad alto rischio quali i pattugliamenti a contrasto del fenomeno delle rapine notturne durante le feste. Chi segue A me le Guardie sa bene che questo tipo di equipaggiamenti non sono proprio una novità, pur non rappresentando ancora la normalità: in veneto già Venezia e Valdagno sono dotati di Scorpion o di kit RONI, in Lombardia Senago e Viggiù, due comuni delle provincie di Milano e Varese, hanno adottato gli stessi strumenti. La domanda che tanti scrivono è “Ma i “vigili” possono avere le mitragliette?” la risposta è NO, e, pertanto, è ovvio che non si parla di “mitra”.

Il Decreto Ministeriale 145 del 1987, concernente l’armamento delle Polizie Locali, all’articolo 4 scrive che le Guardie Cittadine possono essere dotate di “pistola semiautomatica o a rotazione”, di sciabola per i soli servizi d’onore, e, infine, di arma lunga comune da sparo per i servizi di polizia rurale e zoofila eventualmente esplicati.
Non sono pochissimi, infatti, i corpi dotati di armi lunghe, a canna liscia o rigata, proprio per i servizi venatori o di vigilanza appunto ambientale e rurale. Le Polizie provinciali sono praticamente tutte armate anche di fucile oltre che pistola.

Va fatto notare però che le armi preferite dai comandi sono quelle che potete vedere nella prima immagine: pistole (armi comuni da sparo), così sono catalogate, a caricatore di 15 colpi e calibro 9×21. Le abbiamo viste alla Mostra del Cinema di Venezia e sulla Storia di Guardie della Polizia del Monte Orsa. Essendo così catalogate queste non vanno utilizzate nei soli servizi ambientali, ma allo stesso tempo, dicendo la legge che i poliziotti locali possono portare UNA pistola, va da sé che quando gli agenti vengono dotati di tali strumenti gli deve essere temporaneamente tolto l’affidamento della loro pistola normalmente assegnata in via continuativa. Il Comando di Venezia ha dichiarato infatti di utilizzare questo sistema e quando è previsto un servizio con Scorpion viene con un unico atto ritirata temporaneamente l’arma “primaria” ed assegnata per un periodo prestabilito quella “di reparto”, catalogata presumiamo come di riserva nel regolamento delle armi del corpo.
Per ovviare questa procedura c’è chi, come la Polizia Locale di Valle Agno, ha preferito alle Scorpion ed alle B&T i kit RONI. Cosa sono i Kit RONI? Essenzialmente trattasi di esoscheletri progettati per Glock, Beretta ed altre marche, sui quali “incastrare” la pistola ed ottenere così un “oggetto” con calcio, canna più “lunga” e possibilità di inserire organi di mira elettronici, senza che questi sia un’arma a se stante: in questo modo si evita la necessità di togliere temporaneamente l’arma affidata, semplicemente dando in dotazione il kit cui infilarla.

L’utilità di questi strumenti è ovviamente quella di dare una maggiore precisione e stabilità all’arma, permettendo l’ingaggio a grandi distanze e di bersagli in movimento in modo molto più agevole che con una pistola che, ricordiamo, viene da diversi istruttori indicata come l’arma più difficile da padroneggiare, soprattutto per conflitti al di sopra dei dieci metri. Sottolineiamo che la formazione degli agenti abilitati all’uso di questi oggetti, peraltro spesso scelti tra chi ha avuto solide esperienze militari nel proprio trascorso professionale, va ovviamente oltre quella dell’operatore medio ed è specifica per l’utilizzo di qualcosa che è diventato diverso da una normale pistola. Stessa cosa che peraltro si può dire degli agenti dotati di arma lunga.

I detrattori di queste dotazioni, oltre ad andare su sterili polemiche riguardanti le tutele piuttosto che le competenze piuttosto che gli epiteti negativi e i luoghi comuni, tutti argomenti che francamente non riteniamo degni di discussione in questo spazio, vanno soprattutto ad analizzare se Scorpion, RONI ecc diano qualcosa di più della pistola “nuda e cruda”, rimarcando che le volte che chi è autorizzato all’utilizzo di armi automatiche – le Forze di Polizia dello Stato – ne abbia fatto effettivamente uso si contano sulle dita di due mani da quando è nata la Repubblica e chiedendosi se la loro dotazione sia più legata ad una voglia di “imitare” le citate forze statali piuttosto che da una loro reale utilità.
A tutti ci sentiamo di ricordare però che non è che un comandante si svegli una mattina e decida di acquistare su MEPA un paio di giocattoli nuovi: la dotazione di questi strumenti passa per forza per un’attenta valutazione degli organi politici – Regione e Comune – votati ad inserire la possibilità di utilizzo nei regolamenti, di quelli economici – revisori dei conti – per lo stanziamento dei fondi per acquisto e formazione, di quelli di Pubblica Sicurezza – Prefettura in primis – senza il cui nulla osta non si possono rendere esecutivi i citati regolamenti stillati dagli organi politici. Dietro quelle armi, in sostanza, ci sono le valutazioni ed i pareri di diverse commissioni che evidentemente hanno ritenuto se non necessario quantomeno non inutile o pericoloso il loro uso ed acquisto. E se qualcuno pensa davvero che ci sia una “lobby delle armi” dietro la fornitura di una decina di pezzi tra tre ditte diverse, non sappiamo se provare più pena per questo improvvisato complottista o per una lobby così sfigata da vivere su commesse tanto risibili.
Cosa ne pensa A me le Guardie? Diciamo che riteniamo che se un comando già fornito di strumenti minimi – arma, spray, bastone, giubbini antiproiettile, antitaglio, scudi e caschi per TSO – decide di dotarsi di ulteriori attrezzature non vi sia nulla di male. Va da sè che mandare qualcuno con un RONI piuttosto che una CX senza che questi abbia uno spray o una divisa idonea significa non avere proprio una vera idea delle priorità. Riteniamo anche abbastanza infondate le critiche basate sulle volte in cui un’arma lunga sia stata effettivamente usata: indipendente da ciòm infatti, gran parte delle pattuglie delle Forze Statali sono dotate di mitragliatrice e per procedura la sfoggiano nei posti di controllo: ora, siccome proprio il posto di controllo, così come il pattugliamento antirapina, è attività portata avanti anche dalle Guardie Cittadine, ci sfugge dove sia lo scandalo se si cerca di adeguarci anche sugli strumenti oltre che sui doveri.

Non possiamo invece non concordare con chi ritiene che sfruttando le competenze ambientali e venatorie ci si possa dotare di armamento lungo in calibro 12, anche semiautomatico, in grado di dare fortissimi vantaggi tattici in termini di munizionamento utilizzabile, da non letale fino a capace di fermare veicoli in corsa. Uno studio di questo genere, se non sostitutivo quantomeno da affiancare a quello relativo le “pistole più grandi”, permetterebbe intanto di evitare la tristissima necessità di togliere l’assegnazione delle armi corte o di infilare le stesse in supporti di vario genere pur di dare l’idea di girare con arma lunga – che invece in base al dm 145 si può dare come equipaggiamento di reparto ed affiancare quindi a quella corta – e probabilmente sarebbe molto più rivoluzionaria rispetto la soluzione attuale visto che, pur avendo già le forze statali riconosciuto l’importanza del fucile a pompa come arma di pattuglia, sono ancora pochissimi ed il personale forniti e/o formati di queste armi.
In tutto questo, le Guardie Cittadine attendono ancora un pronunciamento legislativo che sistemi la loro assurda situazione contrattuale e professionale, con da un lato comandi dotati di kit RONI, Scorpion ed armi lunghe impegnati in servizi antirapina, e dall’altro comandanti che sostengono l’inutilità di Taser e arma in quanto “non abbiamo i compiti della polizia”: al di la dell’ignoranza dietro una simile eretica affermazione, è sempre più evidente che un immediato e definitivo chiarimento sulla nostra figura sia ormai non solo necessario ma addirittura urgente. Fino ad allora, ben vengano comandi illuminati che investono nella formazione e negli strumenti del loro personale.
