Prima di gettarmi nel vivo dell’articolo, che come potete vedere dal titolo cercherà di chiarire cosa può fare una vittima di persecuzioni da parte dell’ex, devo fare due doverose premesse, la prima è che mi dispiace proporre questo testo sull’onda dell’ultimo gravissimo delitto di Roma: è uno dei tanti approfondimenti giuridici che avrei voluto scrivere da mesi,ma ho sempre rimandato anche a causa delle continue innovazioni giurisprudenziali poste in essere dal Governo. La seconda è un doveroso riportare che il contenuto di questo blog (analisi, deduzioni, commenti e compagnia) NON ha valore legale, rispecchia solo l’opinione dell’autore e non ha alcuna validità giurisprudenziale.
Ciò predetto andiamo a cominciare delineando il quadro giuridico attorno tutti quegli atti che possono essere posti in essere da un ex, o da uno spasimante, o da una ex ed una spasimante, ma anche da un bullo, da un molestatore seriale, da un compagno/a geloso insomma, da chiunque intenda con il proprio comportamento limitare la libertà di un’altra persona con cui può essere od essere stato affettivamente legato.
Si tratta di una serie di comportamenti delineati e puniti da una molteplicità di fattispecie penali ed in particolari dagli articoli 572, 581, 582, 612 ed in ultimo 612 bis del codice penale, che andiamo sommariamente a vedere.
Andando in ordine l’articolo 572, recentemente modificato proprio a causa dell’alto numero di omicidi commessi all’interno dell’ambito famigliare, delinea appunto i casi di maltrattamenti contro famigliari o conviventi, ed è appunto questa la condizione imperante: la persona maltrattata deve convivere (attenzione, non essere legata da legami particolari, ma convivere, vale quindi per fidanzate, suocere, case in condivisione e badanti) col persecutore. Altro nodo importante è la procedibilità, di ufficio, e l’arresto obbligatorio in flagranza. Questo vuol dire, cari colleghi, che se andiamo su chiamata per lite domestica e troviamo la donna (o l’uomo il bambino) con evidenti tumefazioni derivate da botte (e presumo che tutti noi si sappia distinguere una caduta da una mazzata) si mettono le MANETTE e via, la vittima in ospedale il carnefice in caserma. Anche senza la denuncia, ripetiamo, si procede UFFICIO e l’arresto OBBLIGATORIO. Lo portiamo via. Subito. Il PM poi deciderà, ma noi LO ARRESTIAMO. Senza se e senza ma.

Questo va ad integrarsi con la fattispecie successiva, le percosse (art 581), ovvero quando qualcuno colpisce un altro senza però causargli malattia (non si intende che un untore picchia per passare la malaria, ma in senso medico,quindi referto con prognosi), che da sola era a querela ed attualmente perfino depenalizzata, ma rimane comunque un aspetto su cui appigliarsi operativamente per gettare le basi di un’attività investigativa successiva ed è sicuramente un avvisaglia importante che giustifica appieno sia l’identificazione dell’aggressore che un’annotazione da inviare alla procura indipendentemente dal fatto che la vittima denunci o meno il fatto. Se dalle percosse si arriva al referto si entra invece nell’articolo 582, lesioni personali, generalmente si procede solo con la denuncia da parte della vittima, salvo che la prognosi superi i 40 giorni dove l’intervento è di ufficio. E’ importante ricordare che l’arresto è in questo caso facoltativo, ovvero va valutato in base al comportamento ed ai precedenti dell’offensore. Anche in questo caso, indipendentemente dalla denuncia, è buona cosa identificare il soggetto e stillare l’annotazione di polizia così da avere già pronto il materiale in caso la vittima quereli (ha 90 giorni per farlo e da nessuno parte è scritto che senza querela non si proceda all’attività di indagine), ovviamente una persona violenta potrebbe fare resistenza anche alla semplice identificazione, e qui ogni collega di strada sa quali porte si aprono, indipendenti dalla volontà della vittima della violenza alla base dell’intervento.
Si entra più nel vivo della questione con gli ultimi due articoli, il 612 ed il 612 bis, rispettivamente minaccia ed atti persecutori. Sulla minaccia si può dire tutto ed il contrario di tutto, è un reato molto particolare perchè dipende anche dalla sensibilità della persona offesa: c’è chi si fa una risata anche vedendosi puntare un coltello e chi si sente minacciato anche da un “ti faccio nero” detto durante una discussione. In ogni caso è una fattispecie depenalizzata nel caso della minaccia semplice e recentemente è passato a querela nel caso della minaccia grave, salvo i casi in cui viene portata con armi o da più persone, che ancora prevedono si proceda di ufficio. Si ripete che indipendentemente dalla successiva querela è compito della Polizia Giudiziaria impedire che un reato si porti ad ulteriori conseguenze ed identificarne gli autori, ergo, per intanto, i soggetti attivi vanno fermati ed identificati e va prodotta annotazione dell’attività svolta che verrà poi mandata per conoscenza alla procura e potenzialmente, per motivi che vedremo poi, alla questura.
Sull’articolo 612 bis, atti persecutori, fattispecie di recente introduzione che nell’intenzione dovrebbe unire tutta la pappardella precedente in un unico caso, si sono scritti saggi e tesi, e lo spazio impedisce di analizzarlo come dovrebbe: basti sapere, soprattutto alle vittime, che è un reato, purtroppo, a querela, che si concretizza quando dalle attenzioni morbose e continue di qualcuno deriva un timore tale da cambiare le proprie abitudini di vita a causa di tali comportamenti: il mio ex mi segue fuori casa quindi resto chiusa? Bene, sono già una potenziale vittima di atti persecutori. E’ chiaro che questo sentimento di paura e questo cambiamento di vita può essere motivato da un qualsiasi comportamento descritto nei precedenti articoli: da percosse, da lesioni,ma anche da ingiurie, dalla diffamazione, perfino da un insistere nel contattare chiedendo un incontro.
Passata la fase teorica, nella pratica, cosa può fare una vittima? Intanto CHIAMATE, davvero, VENITE DA NOI, chiamateci!! Anche senza querela, anche per sfogo, anche per consiglio, venite in un ufficio di polizia e chiedete di parlare con qualcuno, un capoturno, un settore specifico (la municipale di Napoli ha un reparto tutela donne e minori che fa scuola) o anche solo una poliziotta che possa ascoltarvi e consigliarvi. Sarà poi nostra cura e nostra professionalità adottare preventivamente le misure più consone: vi assicuro che anche solo venire convocati in comando, essere messi seduti con due giannizzeri in piedi accanto ed un ufficiale che delinea le conseguenze delle vostre azioni è brutto per il 90% della popolazione e può spesso essere già bastante a far allontanare lo stalker.
Non dimentichiamo inoltre che esiste la recente misura dell’ammonimento da parte del Questore: significa che, anche senza querela, in caso di segnalazione di potenziali atti persecutori, è bastante che la vittima dimostri l’angoscia e la paura da essi derivati ed anche in assenza del formale avvio del procedimento penale il questore può emettere alcuni provvedimenti nei confronti dell’offensore, quali ad esempio il sequestro di eventuali armi detenute, l’obbligo di tenersi a distanza dalla vittima e di cessare i comportamenti importuni, e questi provvedimenti, se disattesi, rappresentano una specifica violazione di ordini di autorità punita in maniera indipendente dalla persecuzione nei confronti della persona e che può portare all’ARRESTO e al procedimento di ufficio per il reato al momento solo presunto. Sono atti di precisa competenza del Questore quindi, anche noi, cari colleghi, per una volta, andiamo oltre l’antagonismo settario tra forze di polizia e la famosa annotazione di PG mandata al magistrato inviamola, per conoscenza, anche alla Questura. Chi mi conosce sa cosa penso di “chiamare i carabinieri” o “mandare la polizia”, ma in questo caso, FACCIAMOLO! Stiamo salvando una vita: è più importante delle nostre frustrazioni e delle invidie ed inimicizie tra corpi. Va da sé che il presunto stalker, una volta che tali provvedimenti gli siano notificati, può opporre ricorso contro di essi con iter specifico e difendersi dalle accuse (perchè esistono anche le brave persone accusate ingiustamente, ricordiamolo) ma per intanto la misura è preventiva ed immediatamente esecutiva quindi durate le fasi ricorsive la persona dovrà rispettare quanto prescritto.
Chiudiamo con un comportamento pratico: ragazze, chiamate il 113. O il 112. O il numero comprensivo di prefisso della Polizia Locale (sigh). Se siete seguite, se vi sentite pedinate, chiamateci. Pensate a Sara, è morta ieri. L’assassino ha avuto tempo di seguirla, urtarle l’auto, mandarla fuori strada. Telefonate! Controllate la paura, componete quel numero
“SONO TALDETALI CHIAMO DA VIA XY SONO SEGUITA MANDATE QUALCUNO” ci basta sapere chi e dove siete, a questo punto la centrale sta già mandando l’intervento alla pattuglia più vicina. Poi vi terranno al telefono, vi chiederanno specifiche e dettagli magari,ma sappiate che nel momento in cui sappiamo il DOVE, stiamo già arrivando, ed è possibile che il molestatore, sentendo la comunicazione, si allontani, se succede, non fermatevi, ditelo all’operatore e fatevi dire dove vi raggiungerà la pattuglia che comunque arriverà. La centrale comunica con la pattuglia non solo via voce ma anche telematicamente e mentre parla con voi aggiorna l’equipaggio in corsa. Non abbiate paura di farci correre su un falso allarme, diffidate di chi dice che rischiate la denuncia, non è vero, il procurato allarme si concretizza quando vi è la volontà di far muovere la macchina dei soccorsi senza necessità, quindi quando si SA di non essere in pericolo. Avere paura non è un reato. Chiamare i numeri di emergenza non è vigliaccheria. E’ la vostra vita. E’ il nostro lavoro. Divento patetico,ma, davvero, AIUTATECI AD AIUTARVI.
Questo articolo è stato scritto con la collaborazione, la supervisione, lo scambio di opinioni e di esperienze di appartenenti a più forze di polizia. Si ringraziano in particolare i colleghi Marco Rosati, Diego Ferrara, Mario Serio e Roberto Mazzetti per il prezioso apporto.