Dopo il nostro articolo sulle “scientifiche” delle Polizie Locali il collega Domenico, di Milano, ha voluto raccontarci questa storia classica, dal sapore di quello che è ormai il secolo scorso, di Guardie Cittadine, quando erano ancora “vigili”, che forse non si chiamavano ancora “polizia”, ma avevano il loro lavoro a cuore, e, forse, il lavoro aveva a cuore loro, cosa che oggi purtroppo non si può più dire.
Uno dei protagonisti di questa “storia” è il collega Antonino “Antonello” di Mauro, pioniere del falso documentale, appassionato maestro e mentore di molti degli attuali esperti. Antonello non potrà leggere questo pezzo: purtroppo è venuto a mancare, nel 2012, a causa di un male improvviso. Oggi però, tornerà al nostro fianco, nella Milano di fine ‘900, accanto a Domenico, per raccontarci com’è nato il lavoro sul falso documentale e per rammentarci che bisogna essere fieri di essere Guardie Cittadine, nonostante tutto.

“Diversi anni fà, la pattuglia era formata da che scrive e dal mitico Antonello Di Mauro, eravamo una delle frecce della Polizia Municipale di Milano. I nostri compiti, sulla carta, erano il controllo e la repressione del commercio ambulante, i parcheggiatori e i questuanti ma il nostro impegno quotidiano era la polizia giudiziaria. Spaziavamo dai motorini rubati ai borseggiatori, ed eravamo proprio bravi, ci si intendeva con uno sguardo, una bella coppia. All’epoca gli unici documenti falsi che conoscevamo erano i certificati dei ciclomotori, il nostro interlocutore all’ufficio verbali era il mitico PAM, che, guardando velocemente il certificato, sentenziava “E’ BUONO/E’ FALSO” e non si lasciava scappare null’altro. In quel periodo iniziavano gli arrivi di cittadini Albanesi e marocchini, ogni controllo era un documento diverso, non riuscivamo a capire chi erano i buoni e chi no. Questa cosa ci dava molto fastidio e quindi iniziammo a prendere contatti con i vari Consolati per avere informazioni precise sui documenti in uso nei rispettivi paesi. Le finanze erano scarse, di stampanti a colori in comando non se ne parlava, fare fotocopie a colori costava troppo e quindi iniziammo a realizzare dei fascicoli in bianco e nero con tutte le notizie che riuscivamo a raccogliere. Nel frattempo, indagando sulla strada,trovammo anche alcune “tipografie” casalinghe e clandestine di patenti marocchine. Con l’andar del tempo avevamo accumulato una bella esperienza è un buon numero di quelle che chiamavamo “schede tecniche”, eravamo un buon punto di riferimento per i colleghi di Milano.

Venimmo a sapere che a Roma si sarebbe tenuto un corso per addetti ai falsi documentali della Polizia di Stato. Avuto il consenso del nostro comando facemmo domanda per poter partecipare al corso, in modo da poter aumentare la nostra conoscenza sui falsi. Dopo poco tempo da Roma ci fecero sapere di non poter accogliere la nostra domanda in quanto il corso era riservato agli appartenenti alla Polizia di Stato. Poco male, proseguimmo imperterriti nel nostro impegno quotidiano. Trascorsi alcuni mesi ricevemmo una telefonata da un Ufficio della Polizia di Frontiera che ci chiedeva informazioni su in particolare documento straniero di cui aveva una nostra “scheda tecnica” ( le famose fotocopie in bianco e nero contenenti le informazioni per leggere il documento), esauditi i dubbi della Guardia dello Stato gli chiedemmo come mai era in possesso delle nostre schede tecniche e lui per tutta risposta ci disse che alcuni mesi prima aveva partecipato ad un corso di specializzazione a Roma e le nostre schede erano state usate come “libro di testo”. Questa cosa ci riempì di immenso orgoglio, proseguimmo con maggior impegno nel nostro cammino, venne costituito l’Ufficio Falsi Documentali e io, diventato nel frattempo ufficiale, ne divenni il responsabile. Sono passati tanti anni, Antonello non c’è più ma quel piccolo seme che abbiamo gettato assieme è diventato una foresta. Ciao Antonello.

Ringraziamo il collega per aver voluto condividere con noi questo pezzo di storia delle Guardie Cittadine milanesi. Ricordiamo a tutti i lettori che a “storie di guardie” potete inviare qualunque tipo di aneddoto, ricordo, racconto, decidere voi se venire citati per nome o per comando, o restare anonimi, in “Storie di Guardie” i protagonisti siamo tutti noi, in qualsiasi veste si voglia apparire.
Che dire, oltre una lacrima, BRAVI. Quanto mi sarei arrabbiato, rifiutato ad un corso di P.S e poi scoprire che ero io il Professore ….la dice lunga sugli squali che dobbiamo affrontare per il nostro affrancamento ….più facile fare la rivoluzione Francese assieme a quella Americana che la nostra riforma.
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