Essere poliziotti è un po’ come fare il macellaio: tutti vogliono la bistecca succulenta e fresca nel piatto, ma nessuno vuole veder ammazzare e squartare l’animale. Tutti ringraziano il cameriere e fanno i complimenti al cuoco, ma il macellaio fa ribrezzo per via della puzza di sangue e l’idea che abbia messo le mani nelle interiora della bestia. I macellai, come i poliziotti, sono vittime dell’ipocrisia di una società che sguazza nel luridume, ma non vuole vederlo, e schifa chi fa in modo non lo veda.
La scorsa settimana è stata abbastanza tragica e movimentata per le guardie: Una Guardia Giurata si è uccisa, sparandosi due colpi di pistola, un’altra è deceduta dopo essere stata investita assieme ai due carabinieri con cui stava effettuando un sopralluogo su furto, e con lei sono purtroppo caduti anche i due carabinieri, una guardia cittadina è deceduta in comando per un malore e, dulcis in fundo, una pattuglia delle volanti, intervenuta su rapina in atto, ha dovuto difendersi dal fuoco dei rapinatori ed in seguito la sparatoria uno dei criminali è rimasto a terra.
Se purtroppo per i morti non c’è nulla da fare se non onorarne la memoria, è sui vivi, anzi, su chi è rimasto vivo, che possiamo agire. L’autovettura con evidenti segni di proiettili ed una ruota squarciata dai chiodi lanciati per coprirsi la fuga non sono bastati ad evitare agli agenti una delle cose più odiose e temute dagli operatori: l’indagine per omicidio colposo, in quanto “atto dovuto” e, udite udite, anche a loro tutela.
La volante coinvolta.
Ma cos’è davvero questo “atto dovuto”? Sostanzialmente trattasi di un’attività di indagine che va obbligatoriamente espletata in quanto, alla presenza di un morto (di qualsiasi genere) occorre sia aperto un fascicolo per ricostruire quanto successo, ed, essendo in questo caso ben noto per cosa e chi sia avvenuto il decesso, il “chi” viene automaticamente indagato. Sarebbe una mera formalità burocratica se non fosse che l’agente, già abbastanza provato dalla tragica esperienza vissuta, non si vedesse sequestrare l’arma, sentire ad interrogatorio, nominare un avvocato ed eleggere domicilio. Stessa identica procedura che si usa per un delinquente, o quantomeno per un sospettato. Ed in questa stortura il concetto di “presunzione di non colpevolezza” cardine del sistema giuridico italiano diventa, soprattutto a livello morale, un dito puntato in presunzione di colpevolezza per il poliziotto che non ha fatto altro che difendere la propria vita, che ricordiamo spesa al servizio delle istituzioni. Aggiungiamo che la “tutela” garantita dall’iscrizione al registro indagati sarebbe permettere all’agente di nominare periti di parte: in sostanza non solo lo si fa sentire moralmente accusato, ma gli si chiede perfino di nominare qualcuno che dimostri anche tecnicamente la sua innocenza.
Ad aggravare la situazione viene il non indifferente lato economico: avvocato ed eventuali periti, infatti, sono totalmente in carico all’agente, che verrà risarcito dall’amministrazione solo in caso di assoluzione. Ripetiamo ASSOLUZIONE. Questo vuol dire che se, per esempio, la situazione fosse così chiara – come nel caso in specie – da poter indurre il PM stesso a chiedere l’archiviazione per insussistenza del fatto reato, o perché il fatto non costituisce reato, ed il giudice la accettasse, ecco che il poliziotto, per vedersi risarcire la parcella dell’avvocato – magari per il solo invio della richiesta di archiviazione – dovrebbe invece chiedere di venire mandato a giudizio! E attenzione che per il solo essere chiamato in causa l’avvocato si prende dai 500 ai 3mila euro in base gli atti che poi si trova a dover redigere a tutela del cliente.
Un vero cul de sac per il povero operatore che, non pago di dover passare il problema morale di aver ucciso una persona, non già provato dall’essere trattato alla pari di un comune sospettato di reato, non fa nemmeno tempo a rallegrarsi dell’archiviazione per scoprire che, proprio perché archiviato e non assolto dopo rinvio a giudizio, non ha diritto ad essere risarcito. Se i lettori ricordano la gag del lasciapassare A38 del cartone animato Asterix e le 12 fatiche, direi che siamo di fronte ad un capolavoro di complicazione affari semplici,ad un inutile dispendio economico dell’operatore, alla totale negazione della sua dignità di poliziotto.
Asterix e Obelix di fronte la burocrazia di una prefettura italiana.
Perché il problema non è che si debba far chiaro sulla situazione che ha portato alla morte di qualcuno, per quanto delinquente. E’ che lo si debba fare puntando il dito sui poliziotti. E’ che lo si debba fare senza dare alcuna tutela, economica e psicologica, a chi era lì per difendere la società. Se per assurdo un domani un cittadino si vestisse da batman ed intervenisse di sua iniziativa andando ad ammazzare un delinquente, subirebbe lo stesso iter del poliziotto che lo fa per mestiere, magari venendo pure allo stesso modo assolto. E allora, visto che tanto si parla di “chi controlla i controllori”, vogliamo per una volta pensare a “tutelare chi tutela”? E’ davvero così impensabile cambiare la normativa dei rimborsi e statuire che questi vadano di diritto in qualsiasi caso di archiviazione, assoluzione o condanna colposa (visto che, ricordiamo, l’eventuale eccesso sarebbe comunque originato da una preventiva aggressione)? E’ così impossibile evitare di prendere il poliziotto e trattarlo da sospetto, levandogli l’arma e sbattendolo magari in qualche ufficio a fare fotocopie, se non direttamente sospendendolo dal servizio? Il tutto magari con l’ipocrisia di andare raccontando che lo si fa per la sua salute. Come dire che dopo che uno sportivo si infortuna, una volta riabilitato, gli impediamo di riprendere la sua disciplina, perché potrebbe soffrirne.
Per questo A me le Guardie si infuria quando legge che qualcuno vorrebbe avere “la difesa sempre proporzionata all’offesa”, di diritto, senza indagini, per un cittadino che dovesse sparare ad un ladro entratogli in casa: fateci capire, al cittadino pistolero che magari tira dal primo piano ad uno che sta entrando nel garage gli si vuole per legge dare una presunzione di proporzionalità mentre il poliziotto che risponde al fuoco va indagato per “atto dovuto”? Ma ci rendiamo conto della stortura, tanto della legge attuale quanto di quella che si va a proporre? Ma vogliamo, una volta tanto, senza ideologie, senza emozioni di pancia, senza cercare like, mettere un po’ di gente competente davanti ad un tavolo a riscrivere tutte queste norme assurde, ferruginose e del tutto irrispettose delle persone che vanno a colpire?
Vogliamo fare qualcosa di utile invece di qualcosa di comodo?