Un recente intervento delle guardie cittadine di Monza, che ha visto l’arresto di un uomo di 25 anni per spaccio con il sequestro di circa 80 grammi di sostanza, ci permette di fare una piccola riflessione sugli interventi antidroga tipici delle Polizie locali e sulla loro efficacia nel contrasto al fenomeno dello spaccio.
Qualche tempo fa discutevo con una Guardia della finanza sul fatto che le nostre piccole operazioni non sono in grado di dare un danno effettivo all’organizzazione criminale e che forse addirittura vanno inficiare le loro grandi attività di indagine colpendo un piccolo spacciatore che magari loro stavano già seguendo e da cui sarebbero arrivati ad un livello superiore dell’organizzazione.

Ora questo è anche vero – e per evitarlo basterebbe che ci tenessero informati dell’attività che svolgono sul territorio – ma è vero pure che c’è un approccio completamente diverso nell’attività antidroga delle forze statali – in particolare di certi reparti – e delle Guardie Cittadine: infatti le forze statali, andando a cercare le grandi piazze di spaccio, portano avanti lunghe indagini durante le quali l’attività di spaccio continua e continua anche tutto il microcosmo criminale che ci gira attorno, dalla vittima per overdose, al tossico che commette la rapina per permettersi la dose eccetera.
Effetti collaterali che dal punto di vista di una grande indagine possono anche avere dei risvolti importanti permettendo di aggiungere la morte come conseguenza di del reato di spaccio alle accuse e quindi alle condanne che il grossista riceverà nel momento in cui verrà arrestato, ma che per chi come noi vive sul territorio invece sono un grossissimo problema a cui dobbiamo dare una risposta ed a cui il cittadino chiede risposta.
Perché noi il tossicodipendente che farà la rapina o che morirà per strada o che in astinenza aggredirà qualcuno lo viviamo quotidianamente, lo conosciamo, conosciamo la sua famiglia e le difficoltà che ha nel cercare di tirarlo fuori dalla sua condizione, conosciamo le sue vittime, conosciamo i genitori dei giovani che si drogano fuori dalle scuole – e magari gli facciamo la sostina – ed abbiamo una visione molto più vicina a quello che il cittadino soffre dalla situazione di spaccio e che nel contesto delle grandi indagini viene persa di vista a favore del risultato finale con l’arresto degli organizzatori ed il sequestro di interi carichi.

Pensiamo però ai chili di sostanza nascosti sul territorio che vengono sequestrati ogni anno grazie all’azione dei nostri cani antidroga e a quante vite abbiamo salvato con quei sequestri togliendo dal mercato quella merce.
Ecco che quindi l’attività antidroga delle Guardie Cittadine non solo non si può chiamare superflua o addirittura invasione di campo, ma acquisisce un suo spazio ed un’enorme importanza nel garantire la vivibilità della città e, attenzione, questo non vuol dire che debba essere messa al di sopra delle grandi indagini delle forze statali, ma che deve esserne alla pari e, diversamente da ora, sicuramente va integrata nel sistema in modo tale che non si rischi più di sovrapporsi non tanto nel tipo di attività – che è diversa – quanto nelle persone che andiamo a colpire con piccoli provvedimenti di poco conto quando invece un lavoro coordinato con altri permetterebbe di dare un forte messaggio sia nel micro del controllo del territorio che nel macro dei grandi affari dei gruppi criminali.
Come al solito il problema non sono le attività piuttosto che il numero delle forze in campo quanto il fatto che queste forze non parlano tra di loro: un efficace controllo del territorio deve integrarsi con le grandi attività di indagini dei reparti nazionali ed anche con le piccole e medie attività portate avanti dagli organi territoriali delle forze di polizia statali e da quelle locali: consideriamo infatti che anche i commissariati, le stazioni, le tenenze e le squadre mobili delle varie realtà portano avanti indagini sul territorio e non per forza sul macro delle grandi organizzazioni, anche loro senza parlarsi e scambiare le informazioni se non quando lo scenario assume contorni importanti.
Magistratura e forze di polizia dovrebbero infatti discutere meglio e di più su come gestirsi l’attività investigativa lasciando da parte una volta di più quei sindaci che in essa vedono solo un tornaconto elettorale o di immagine e su questo i nostri detrattori non hanno tutti i torti: fuori i sindaci e gli assessori dalle attività di Polizia Giudiziaria e più spazio al confronto tra comandanti delle varie forze in campo e la Magistratura che tiene i fili delle loro attività.

Discorso questo che ci mostra una volta di più quanto è necessaria non soltanto una riforma definitiva dell’ordinamento e della situazione di noi guardie cittadine, quanto una riorganizzazione di tutto il comparto sicurezza ed anche soccorso, una “nuova” 121 che comprenda Guardie Cittadine, Statali e Private, Soccorritori e Vigili del Fuoco, perché la missione è la stessa, e le stesse sono le strade in cui tutti noi First Responders operiamo.