A me le Guardie ha finalmente avuto modo di veder provare il BolaWrap, dopo essere stati tra i primi a parlarne, oggi possiamo finalmente darne un parere diretto dopo averlo visto in azione alla presentazione presso la Polizia Locale di Bolzano, che ringraziamo per l’ospitalità, direttamente dai rappresentanti della ditta importatrice, che ringraziamo invece per l’invito. Del BolaWrap ho parlato più volte negli ultimi mesi, chi segue il blog sa che ho citato i tre comandi che attualmente lo stanno testando o utilizzando sul campo – Genova, Brembate e Viggiù – e sa che “aveva la mia curiosità”, per citare Leonardo di Caprio nel mitico Django Unchained, fin dai primi video pubblicitari quando era ancora un’esclusiva americana.
Il BolaWrap, il “lancia corda” o la “bolas avvinghiante” potremo tradurlo in italiano, è uno strumento nato infatti negli Stati Uniti negli ultimi anni ed in particolare durante la discussione sulla violenza dei metodi utilizzati dalla polizia ed il tentativo di trovare nuovi sistemi non letali per assicurare il fermo in sicurezza dei sospetti. Lo strumento è stato concepito da Thomas Smith, che col fratello Patrick è stato anche amministratore della Axon Enterprise, la ditta cui si deve la diffusione del più famoso Taser, ed è forse per questo che nascono le continue confusioni tra l’uno e l’altro: strumenti diversissimi, strumenti concepiti per usi e momenti diversi nel confronto tra agente e sospetto, spesso erroneamente presentati come uno alternativa, o peggio, evoluzione non violenta, dell’altro.
Il BolaWrap, di cui stiamo parlando, è uno strumento che nella forma e nelle dimensioni (15x8x4 cm circa) ricorda un telecomando e che funziona eiettando tramite l’esplosione di una carica similare a quella di un proiettile 9mm una corda in kevlar che va ad attorcigliare gli arti dei sospetti ad una velocità di oltre 150 metri al secondo, bloccando o rallentando l’eventuale aggressione o la fuga e, non di rado, causando perdite di equilibrio e cadute che rendono quindi gioco facile agli agenti nell’ammanettare definitivamente il soggetto. Mentre, quindi, il Taser è uno strumento da utilizzare nelle ultime fasi del confronto, quando lo spazio delle parole è finito e la minaccia verso gli operatori è potenzialmente letale, il BolaWrap è pensato come un mezzo di ritenzione da attivare nel momento in cui, terminati i tentativi di de escalation mediante il dialogo, si troncano sul nascere una reazione violenta o una fuga.

Il BolaWrap, normalmente di colore giallo, tinta ormai diffusa per gli strumenti a bassa o nulla letalità, punta su tre fattori per disorientare e bloccare il sospetto: in primis quello psicologico, presentandosi simile ad un citato taser e addirittura simulando il suono di un arco elettrico quando puntato, con tanto di laser verde ad indicare dove il laccio arriverà a destinazione, segue il fattore uditivo, ovvero l’esplosione della carica che innesca l’eiezione del laccio, che disorienta e spaventa il soggetto, ed infine il fattore restrittivo nel momento in cui questi viene avvolto dal cavo in kevlar. A garantire l’avvolgimento sono due “uncini” che vanno ad ancorarsi agli abiti del sospetto, il secondo ovviamente dopo aver ruotato velocemente attorno il corpo – da qui il nome, che richiama le bolas dei mandriani argentini – chiudendo quindi il cavo. Uncini lesivi? La ditta garantisce di no, e vedendoli – come da foto – è difficile immaginare che l’eventuale scalfitura derivante dal millimetro previsto di affondo nella cute sia paragonabile a quella causata da quelli del taser, che si piantano nel corpo per quasi un cm, che poi sia piacevole, no, così come non lo è il momento in cui si viene colpiti o l’eventuale contatto col kevlar tantando la fuga, ma, siamo sinceri, non stiamo parlando di giocattoli ed è ovvio che uno strumento di ritenzione non sia un momento particolarmente felice per chi lo subisce, ma poteva pure pensarci prima di portarci a doverlo utilizzare.

La corda di cui parliamo si allarga di circa 3 metri al momento dello sparo, e richiede che il sospetto abbia all’incirca 90 cm di area circolare libera attorno a sé per non andare a incastrarsi su oggetti, muri o altro: questo, sicuramente, è il suo più grande limite, ma la formazione, di cui parleremo a breve, verte in maniera estremamente puntuale sulla fase precedente al lancio, in cui riuscire a condurre il sospetto in una zona consona all’uso. Il cavo è tarato per avere un restringimento massimo ovviamente inferiore a quello che metterebbe la persona a rischio di strangolamento e per lasciare comunque lo spazio necessario agli agenti per poter completare la chiusura del sospetto con le manette: a questo proposito, lo strumento si ricarica in pochi secondi e nessuno vieta un secondo lancio se necessario.
Subito dopo il tiro è previsto che gli agenti chiudano immediatamente la distanza con il soggetto bloccandolo definitivamente approfittando della sorpresa derivata dalla detonazione e dal trovarsi improvvisamente legato: e qui entra in gioco la vera chiave di volta del bolawrap, l’utilizzo integrato coi protocolli in essere – il caricamento ricorda il movimento con cui si scarrella l’arma – e con altre dotazioni tecniche o tecnologiche, quali le body cam, che di questo sistema, così come del taser, sono un naturale completamento. Impossibile improvvisarsi: la formazione per gli operatori è obbligatoria, fornita dalla ditta e comprende la triangolazione, il controllo incrociato, la chiusura, lo skip&run e tutti quei momenti operativi che dovrebbero essere nel bagaglio di ogni operatore e che proprio nel bola dovrebbero raggiungere lo stato dell’arte nella collaborazione tra due agenti affiatati ed abituati a lavorare assieme. Concepire di rilasciare il cavo e poi tornare a discutere, o peggio, pensare di liberare o non concludere il fermo del soggetto, è semplicemente ridicolo, così come sperare di poterlo usare quando ormai la situazione è degenerata ed un eventuale missfire metterebbe seriamente in pericolo l’utilizzatore e, anche qui, sarà l’esperienza della pattuglia a dover garantire che il gregario sia in copertura con lo strumento necessario per affrontare l’eventuale escalation -spray, bastone, taser o arma perfino se necessario- ed è per questo che il bola non potrà mai essere sostitutivo a nessun altro equipaggiamento già in dotazione o necessario per una pattuglia.

Parlando di dubbi giuridici, il bola viene classificato dal Ministero dell’Interno come commercializzabile ai sensi dell’articolo 28 tulps – quindi strumento di autodifesa – e non arma ai sensi del 30 – ed integrandolo a tutti gli effetti nell’articolo 53 del Codice Penale quando si parla di uso legittimo di armi o strumenti di coazione da parte dei pubblici ufficiali, e questo dovrebbe bastare a togliere ogni tipo di “eh ma se…” da parte degli operatori con un minimo di conoscenza della nostre possibilità tecnico operative. Trovo inoltre assolutamente poco convincente la classica obiezione del “soggetto che cade e si fa male quindi ci denuncia”: sarò sincero, tra il classico “placcaggio” ed il relativo rischio di cadere avvolto personalmente nel fuggitivo, capace magari di sopraffarmi e iniziare a massacrarmi con una pietra – c’è un noto intervento in provincia di Rovigo che ci ricorda questa possibilità – preferisco che cada per conto suo con una corda attorno le gambe per poi decidere come procedere senza trovarmi automaticamente in una colluttazione a terra e col vantaggio di avere di fronte un avversario sicuramente ostacolato dal cavo, fosse anche riuscita solo in parte la chiusura.
Passando invece al porto e alla predisposizione al lancio, la ditta produttrice fornisce anche una comoda fondina da portare accanto quella della pistola o un gancio da assicurare ad eventuali jacket o altri sistemi che permettono di portare strumenti sul busto oltre che alla cintola. Personalmente non ho l’immagine del bola come dotazione individuale di ogni operatore – magari appiedato e da solo come purtroppo ancora accade – o di ogni autovettura, compresa quella che va a verificare gli esposti sulle siepi e le buche, vedendolo piuttosto come dotazione per i reparti e le pattuglie radiomobili di Pronto Intervento o TSO, ancorato alla portiera e pronto ad essere preso e messo nel tascone del pantalone o addirittura nello stivale. Ricordo che parliamo di uno strumento che fa del suo utilizzo improvviso la sua forza e che non è previsto che venga esibito o puntato a lungo prima del rilascio della corda: se il soggetto non si ferma vedendoselo puntare contro, si tira, ed ecco perché lo vedo particolarmente adeguato all’uso da parte di una pattuglia pensata e concepita per andare in soccorso di colleghi in difficoltà, quando la situazione è già tesa, ma prima che diventi violenta (e qui sta ad ognuno sapere in che momento chiamare supporto) e i tentativi di conciliazione sono ormai ridotti al minimo; l’obiettivo è fermare l’escalation, non catechizzare un soggetto già andato oltre, ma questo non deve essere un concetto da affiancare al bola quanto all’intera mentalità di servizio, ed ecco perché vedo difficile trovarvi lo spazio nel cinturone di qualsiasi operatore.

In definitiva, parliamo di uno strumento che ritengo efficace, che vorrei avere come dotazione per servizi o interventi particolari, ma che non è quella panacea di tutti i mali, o peggio, il sostituto a qualsiasi altra dotazione in grado di legare magicamente i sospetti come le reti dell’uomo ragno come purtroppo viene presentato dalle varie dichiarazioni e relativi articoli di giornale che accompagnano la sua dotazione da parte di operatori di polizia italiani: non vorrei mai, per dire, che passasse il messaggio di criticare l’uso del bastone, dello spray o del taser con l’argomento “ma perché non hai usato invece il bola che è più soft?”. No. Quello che voglio è avere l’occasione di poter usare uno strumento, che, dandomi un evidente vantaggio sul facinoroso prima che questi tenti di aggredire me o qualcun altro, renda magari inutile ricorrere ad altro, ma questo si può fare solo con la formazione, con il collega giusto accanto, con una body cam che dimostri la bontà del mio operato. Il resto, le improvvisazioni western, i rimandi ai cow boys col lazo o ai supereroi marvel ,per cortesia, lasciamoli ai giornalisti, che sono professionisti di qualcosa di molto diverso dal poliziotti.
BolaWrap o Taser? Entrambi.
Semplicemente, ognuno per il suo posto nella gestione del conflitto ed il suo posto nel corpo o nel veicolo dell’operatore: momenti diversi, sottolineiamo, usi diversi, ripetiamo, strumenti diversi e non intercambiabili, ma parimenti, a mio parere, risolutivi e necessari, ognuno coi suoi limiti ed i suoi difetti.
So che anche nella mia città (Bolzano) sono interessati.
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il materiale per l’articolo l’abbiamo avuto presenziando alla presentazione a Bolzano.
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