Prima di entrare nel vivo di questo lungo articolo ritengo doveroso fare una precisazione di carattere strettamente personale: il green pass mi fa schifo, trovo tutta la normativa che lo sorregge e lo crea pericolosamente borderline, i controlli stessi per il possesso della certificazione sono quanto di più vergognoso, brutto e demotivante possa capitare di dover fare ad una Guardia che si possa chiamare tale in un ordinamento democratico e ritengo che al termine di tutto questo teatrino sarà necessario un profondo dialogo per stabilire dei limiti a cosa un governo possa chiedere ai suoi cittadini e soprattutto ai suoi poliziotti e le prime cose che escluderei nel modo più assoluto per il futuro sono lockdown, autocertificazioni e green pass indipendentemente dalle situazioni che dovessero presentarsi.
Tanto premesso però mi trovo a respingere con la stessa veemenza chi si permette di asserire che siamo in una dittatura: no, finché esistono strutture giurisdizionali di ricorso, finché non mi viene chiesto di mettere fisicamente le mani addosso o sottrarre beni a qualcuno non accetto il marchio della dittatura e se certe porcherie fossero permesse probabilmente ora non sarei qui a scrivere, o forse lo sarei da una cella alla Silvio Pellico. Sono invece convinto che il forte dibattito anche giuridico su quanto sta avvenendo ci darà delle sorprese positive e alla fine si avrà il coraggio di ammettere che ci si è spinti troppo oltre pur senza mai scivolare in appunto un vero e proprio stato di polizia (anche se non dubito che qualcuno sarebbe piaciuto).

In ogni caso negli ultimi mesi vedo sempre più video in cui cittadini e spesso esercenti protestano contro i controlli per il famigerato green pass citando norme assurde, violazioni inesistenti, rivendicazioni dovute ad elementari letture delle norme costituzionali e non, ed, infine, un voluto boicottaggio dei controlli ed un rifiuto dell’autorità delle Guardie che purtroppo non possiamo tollerare.
Non possiamo tollerare, dicevo, ma, allo stesso tempo, dobbiamo capire che non abbiamo di fronte criminali o delinquenti, ma, anzi, cittadini spesso convinti in buona fede della correttezza della loro posizione sia riguardo la vaccinazione – aspetto che qui ovviamente manco prendo in considerazione, è un blog di Guardie – sia riguardo la normativa – e qui si, che dobbiamo parlarne – ed è pertanto nostro dovere cercare di spiegare loro dove sbagliano, come possono correggersi e soprattutto non prendere l’eventuale necessità di sanzioni o denunce come un “te la sei cercata” allo stesso tempo però non accettando alcun tipo di ostruzionismo al nostro ruolo e arrivando, quando necessario, alla denuncia e alla sanzione.
Si tratta purtroppo di situazioni sgradevoli dovute a normative spiacevoli, spesso confusionarie, non di rado contradditorie delle quali né il cittadino né noi Guardie siamo colpevoli.

La prima cosa che queste persone richiedono è una fantomatica autorizzazione del ministero della Salute all’esibizione del green pass: si tratta di una sorta di estremizzazione di una clausola del DPCM 17/6/2021 che cita all’art 1 appunto che chi controlla i green pass deve essere autorizzato dal Ministero, letta come se servisse una sorta di nomina ad personam per ogni titolare del controllo. Ovviamente non è così ed è l’articolo 13 dello stesso decreto a dire che le Forze di Polizia Statali e Locali sono titolari dei controlli, solo che per dirlo da, al comma 6, un ulteriore rimando addirittura ai primissimi decreti emergenziali, in particolare “dai soggetti di cui all’art. 4, comma 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35.” ovvero appunto gli operatori delle Forze di Polizia dello Stato e delle Polizie Locali in possesso di qualifica di agenti di Pubblica Sicurezza. Ad ogni buon conto si può far notare che anche l’essere comandati a questi specifici controlli con ordine di servizio costituisce implicitamente un’autorizzazione a porli in essere.
Un appunto possiamo farlo a riguardo dei colleghi della Vigilanza Privata comandati a controllare il green pass in ospedali o altri luoghi ad alta affluenza: onde evitare qualche polemica di troppo, ma con discrete sponde di successo o quantomeno di imbarazzo, accertatevi che il committente del servizio abbia scritto a chiare lettere in qualche regolamento interno – e non solo nel contratto con l’istituto – che siete voi i titolari dei controlli.
L’argomentazione riguardo i dati personali cui si accederebbe consultando il green pass, invece, rappresenta un vero e proprio controsenso che, a parere di chi scrive, è anche la vera vergogna del green pass: il certificato, infatti, non ci dice se la persona sia vaccinata, come, quando, o dove, ci dice semplicemente se titolare del pass stesso, e la legge non impone di essere vaccinati, guariti o altro, ma appunto “semplicemente” titolari del pass. La protezione è tale che senza un documento accanto è peraltro impossibile identificare in maniera compiuta il titolare. Questa cosa peraltro rappresenta la totale stortura di come ad essere importante non sia tanto lo stato “sanitario” della persona quanto l’avere il green pass, ma nello stesso tempo implica che avere il green pass non significa manifestare ad altri il proprio status sanitario.
Spesso dopo l’esternazione di queste contraddizioni nella legge attuale passano a declinare la Costituzione, in particolare letture approssimative e incomplete degli articoli 13, 16 e 32 rispettivamente sulla libertà personale, la libertà di circolazione e soggiorno, l’impossibilità di imporre trattamenti sanitari. Si tratta di obiezioni abbastanza campate per aria alle quali basta sottolineare come la Costituzione, sicuramente legge fondamentale della Repubblica, non per questo ne è l’unica legge ed anzi è lei stessa a demandare alle leggi ordinarie le eccezioni a quei diritti che vengono rivendicati. Tra l’altro le motivazioni sanitarie sono espressamente richiamate tra le eccezioni (poi concordo che con questo capoverso si è giustificato un po’ troppo di quanto prodotto giuridicamente negli ultimi due anni).
Una delle più assurde esternazioni che vedo usare spesso parte dal riconoscimento degli operatori “potreste essere degli impostori travestiti e comunque non potete portare armi dentro gli esercizi commerciali”: si tratta chiaramente di obiezioni volte ad ostacolare e impedire il controllo che veri timori, al cui primo punto comunque si può tranquillamente replicare che possono chiamare in centrale e chiedere conferma dell’esistenza della pattuglia X, degli operatori Y e Z e del servizio cui sono comandati, sulle armi inutile ricordare che il Regolamento di Esecuzione del Tulps stabilisce che gli agenti di Pubblica Sicurezza le portano su tutto il territorio, senza licenza né limitazioni salvo quelle stabilite ovvero carceri, assemblee di organi politici ed istituzionali o seggi (salvo richiesta dei vari responsabili per interventi all’interno).

Proprio verso quest’ultimo atteggiamento si può iniziare purtroppo a vedere il momento in cui il dialogo diventa difficile e col protrarsi delle proteste più o meno aggressive si inizia, a mio parere, a configurarsi il reato che, pur non avendo ancora avuto modo di ipotizzare – son sempre riuscito a far ragionare prima – immagino quanto più adatto alla situazione: non tanto il 651 – rifiuto di declinare le generalità, spesso le declinano, al massimo rifiutando di dare i documenti – quanto il 340 CP – interruzione di pubblico servizio – che punisce “Chiunque,[…] , cagiona una interruzione o turba la regolarità(2) di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità,[…]” e considerando che la Suprema Corte ha fatto rientrare nella fattispecie anche un divieto di sosta che impedisce il transito di un’ambulanza (cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 34733 del 26 settembre 2011) e sottolineato che la condotta ricorre con qualsiasi comportamento che provochi l’interruzione o turbi il regolare svolgimento di un servizio pubblico; né rileva che l’interruzione sia definitiva o il turbamento totale, essendo sufficiente, a tal fine, anche un’interruzione momentanea, purché di durata non irrilevante, o un turbamento relativo, purché non insignificante (cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 15388 del 3 aprile 2014). Ecco quindi che vedo sicuramente molto rappresentativo della fattispecie indicata il comportamento di chi volontariamente ritarda ed ostacola un controllo da parte della Forza Pubblica in ottemperanza a precisa disposizioni di legge e di servizio.
Veniamo ora a due situazioni uguali e contrarie che possono succedere nel corso del servizio: il rifiuto di esibire il green pass e la dimenticanza dello stesso. Nelle varie e molteplici violazioni, non esiste un effettivo “rifiuto” di esibire il green pass, quindi nel caso personalmente propenderei per prendere la persona a SIT e, con la responsabilità di quanto sostiene scritta e firmata, una semplice “A domanda risponde – lei è titolare di Green Pass?” porta spesso ad ottenere la “confessione” del mancato possesso della tessera e della relativa violazione (è una di quelle cose che davvero mi mettono in crisi, ma è l’unica soluzione diversa da una denuncia penale che ho trovato).
Di rimando la norma impone di “essere titolari” di green pass e pertanto sanzionare chi lo ha semplicemente dimenticato a casa appare una vergognosa lettura punitiva del precetto, stante che è possibile controllarlo a posteriori – la stessa 689 parla chiaramente degli atti di accertamento e delle ispezioni- e perfino verificarne, tramite la visione dell’attestato vaccinale che accompagna il qr code, il tipo, quando necessario, es, esercente che scorda il green pass a casa e che il giorno dopo può dimostrare di essere titolare di un pass da vaccinazione con tanto di data delle dosi, così da dimostrare che non si era dimenticato di farsi il tampone e stava cercando di prenderci in giro all’atto del controllo (ci ho fatto una piccola guerra personale per questa conclusione invece di accettare il dogma di arrivare, guardare e sanzionare).
Lo ripeto e lo dirò sempre: il green pass non è piacevole, non è accettabile, è francamente la peggior deriva che potesse esserci della situazione pandemica e della situazione politica. Proprio per questo, nel controllarlo e soprattutto nell’approcciarsi ai tanti che legittimamente ne combattono il principio e l’utilizzo, è necessario essere umani prima che Guardie, ma, siccome siamo Guardie, ricordarci che, anche quando le leggi fanno schifo, è nostro dovere applicarle, certo, senza mai dimenticarsi di essere, prima di tutto, GIUSTI.

Ed essere GIUSTI è una cosa che ognuno di noi coltiva nel suo modo, secondo la sua coscienza e la sua moralità.