Marzo 2021, Taranto: una ragazza discute col fidanzato, e, in preda ad un raptus, si lancia verso la ringhiera che li separa dallo strapiombo sul mare, con l’evidente intento di lasciarsi cadere nel vuoto. Una pattuglia della Polizia Locale, in transito, assiste alla scena e l’equipaggio, rendendosi immediatamente conto di quel che accade, si lancia dall’auto raggiungendo la giovane. Gli agenti e il compagno riescono a trattenerla a terra, emblematica dell’evento diventerà l’immagine del collega che abbraccia la ragazza tenendola ferma in attesa dei soccorsi sanitari.
Primi di ottobre, 2021, Abano Terme (Pd): durante un forte maltempo, una pattuglia viene inviata a presidiare i vari sottopassi del territorio per monitorare eventuali allagamenti. Arrivati nei pressi di uno dei punti più critici, gli agenti scoprono che non solo il passo è già sommerso dall’acqua, ma che proprio nel punto più profondo un uomo è bloccato nel veicolo ormai circondato dall’acqua. Un collega si lascia scivolare in acqua, raggiunge il mezzo e riesce a portare in salvo il conducente nonostante questi si agiti e si aggrappi rimarcando di non saper nuotare.
Fine ottobre 2021, Pinerolo (To): una violenta esplosione investe un appartamento di una palazzina densamente abitata, le fiamme si levano al cielo e la prima pattuglia sul posto è della Polizia Locale. La collega entra immediatamente nello stabile, raggiunge un interno dove vive un disabile impossibilitato a muoversi e se lo carica sulle spalle portandolo all’esterno dell’edificio mentre altre Guardie Cittadine evacuano le altre abitazioni.
Cos’hanno in comune questi tre interventi, a parte portare onore alla nostra divisa ed a noi l’orgoglio di poter chiamare “colleghi” persone come quelle protagoniste di simili salvataggi? Hanno in comune che le Guardie intervenute, in quel particolare momento, prima che operatori di Polizia, sono stati First Responders. Sono stati, cioè, in grado di valutare la situazione, andare oltre l’intervento preventivato o il momento in sé, capire cosa fare per mettere al sicuro i coinvolti, anche rischiando la loro incolumità, certo, attivare i rinforzi necessari a ridurre al minimo le conseguenze successive il loro arrivo sulla scena, attuare manovre di primo soccorso indipendentemente dalla loro specializzazione professionale.
Quella dei First Responders è una mentalità piuttosto radicata nel mondo anglosassone che da noi ha difficoltà a prendere piede per le note pretese settarie di praticamente tutti gli attori del settore Sicurezza&Soccorso: prima ancora che un Poliziotto, un Vigile del Fuoco o un Operatore Sanitario, il First Responder è il primo che si trova nello scenario di un intervento, indipendentemente che si tratti di un tentativo di suicidio, di una persona in pericolo, di un incendio, un’aggressione, un malore o quel che è. E sarà come il First Responder reagirà a questo evento, ed in particolare come saprà chiamare i rinforzi più adeguati e come potrà limitare i danni fino al loro arrivo che le conseguenze del fatto potranno essere più o meno gravi per chi vi è coinvolto.
First Responder significa andare oltre quel mansionario non scritto ma spesso evocato o nascosto dietro la parola “competenza” – non di rado per scansare determinate attività piuttosto che per reali complicazioni operative giuridiche od operative per espletarle – e raggiungere un maggior livello di preparazione, comprensione delle proprie possibilità, affiatamento con gli altri operatori del settore Sicurezza&Soccorso. Un buon first responder è, imprescindibilmente, in grado di effettuare le più elementari manovre del primo soccorso, capace di descrivere una situazione in modo che la Centrale di riferimento sappia che risorse spostare, pronto a delimitare l’area di intervento tenendo conto dello spazio di manovra necessario ai mezzi in arrivo. Il passo in più, quello di contenere l’eventuale aggressore, rimane strettamente un ruolo del responder di polizia, ma nulla impedisce ad altri organi di essere in grado di delimitare l’area, ad esempio allontanando gli astanti e sgomberando il campo d’azione fino l’arrivo della cavalleria. Non di rado, la prima pattuglia intervenuta non sarà comunque quella che materialmente agirà sull’eventuale facinoroso, ma si occuperà di allontanarlo da obiettivi sensibili o civili, aspettando l’arrivo di ulteriori unità magari equipaggiate con scudi, sistemi di protezione o di ritenzione particolari.
Questa descrizione ci fa capire che quella del First Responder, oltre che una forma mentis, è anche una figura che richiede formazione e collaborazione interforze, con operatori capaci di dare una prima risposta, appunto, quanto di lasciare spazio agli specialisti, e qui sì che la parola “competenze” torna ad essere importante, ma non intesa come competenza ad affrontare l’intervento in sé, ma quella parte del medesimo in cui serve quella specifica risorsa, nell’ottica di un’attività collegiale. Questo vuol dire che nel citato esempio di un incendio dobbiamo smettere di parlare di “un intervento della polizia”, “uno dell’ambulanza”, “uno dei Vigili del Fuoco” – avete presente la classica nota “altri intervenuti” sulle annotazioni? – ma iniziare a ragionare con l’ottica “un intervento” che ha visto collaborare ed agire assieme Polizia, Soccorritori e Vigili del Fuoco”. Sembra uno scherzo, ma, ad oggi, si ragiona ancora come fossero tre attività distinte.
Nel nostro paese, purtroppo, la formazione comune latita, e, quando la si vede, non di rado è per un evento particolare e magari destinato a diventare spot di un singolo politico o associazione: solo di recente si vedono sviluppare intese e sinergie tra appartenenti, spesso grazie alla sensibilità dei singoli piuttosto che su spinta delle amministrazioni: nella gestione della sicurezza e del soccorso, purtroppo, siamo ancora un paese vecchio. Vecchio di protocolli, vecchio di mezzi, vecchio soprattutto di personale e, come dovremmo sapere tutti, non c’è frase peggiore di “si è sempre fatto così”. Solo con l’emergenza Covid 19 si è visto, in particolare nei primi tempi, parlare delle tre facce della Sicurezza e del Soccorso come qualcosa di unico, ma la comunicazione è stata sempre improntata alla propaganda più che ad una attività pratica.
Nella speranza di vedere un giorno riorganizzato un settore fermo, ad essere ottimisti, al 1981, e alla sua unificazione con quello ben più variegato del Soccorso Sanitario, magari in un “testo unico” che metta alla pari chi si occupa del lato sicurezza e chi di quello medico, come operatori possiamo spronare a migliorare la comunicazione tra centrali operative ed incentivare alla formazione ed alle simulazioni interforze.
Ma soprattutto, dobbiamo crescere personalmente e professionalmente oltre il riconoscersi Guardie, che sia Cittadine, dello Stato o Private, Soccorritori, dipendenti o volontari che sia, Vigili del Fuoco, professionisti o discontinui, Operatori di Centrale laici o interni, e iniziare a ragionare di una colleganza intrinseca nei nostri ruoli nel tentativo di costruire un ruolo unico, in cui riconoscerci assieme, tutti, appunto, First Responders.