Da Guardia a Guardia · Polizia Locale · riflessioni

L’altra faccia della proposta: i dubbi sul testo di Riforma

Non ho mai nascosto la mia fiducia sul nuovo testo di riforma, che ho commentato e sviscerato nel precedente articolo, mi è piaciuto e per quel che mi riguarda ha al suo interno tutto quel che serve alla categoria: beh, diciamo quasi tutto, perché, e lo avevo detto, è ben lungi dall’essere perfetto, ma insisto sul fatto che rappresenta il necessario trait d’union tra le Guardie Cittadine di oggi e quelle di domani, o meglio, del domani in cui a venire rifatto non sarà la legge sulla Polizia Locale, ma quella sull’intero Comparto Sicurezza. La mia posizione rimane che senza il passaggio che – si spera- sarà rappresentato da questa legge, le Guardie Cittadine non potranno mai aspirare al riconoscimento futuro, troppo divisi, troppo disomogenei, troppo diversi un Corpo dall’altro, in un marasma che da vent’anni ci sta massacrando e sfiduciando.

Tuttavia, siccome non è mai tutto oro quel che luccica, ed avendo letto svariati commenti anche negativi al testo, ho chiesto ad un collega di grande esperienza, funzionario di un importante Corpo del nord, i cui commenti perplessi al nuovo testo ho visto fin dal primo momento e di cui alcuni punti dolenti avevo notato anche io fin dalla prima lettura, di trasformare questi suoi dubbi in un articolo che ripropongo così come mi è stato mandato, senza modifiche o commenti di sorta da parte mia: premetto fin da subito che, partendo da alcune perplessità che ho anche io – a partire dai fin troppi “regolamenti attuativi” da scrivere anche a legge approvata – in gran parte del testo vedo una visione esageratamente pessimistica del nostro futuro: sinceramente, penso che se davvero non si volesse ottenere nulla, non avrebbero manco perso il tempo che han perso dietro l’iter, e, per cortesia, non parlatemi di voti, perché sappiamo tutti che le Guardie Cittadine sono un bacino risibile, ed è uno dei motivi per cui ci son voluti 30 anni per arrivare a qualcosa.

Mi è capitato, in passato, di prendermi del pachiderma. Al di là dell’automatico calcio nel didietro al malcapitato, col tempo ho invece appreso che l’elefante, lungi dall’essere un animale pacifico, ha dalla sua di essere piuttosto diffidente. E, forse, che mi dava della Loxodonta africana intendeva questo, e non mi sfotteva per l’aspetto fisico, chissà, Nello scusarmi pubblicamente, quindi, per le pedate rifilate in giro in questi decenni a chi fosse stato in buona fede (gli altri possono, invece, mettersi in fila per un richiamino), ho affrontato con lo spirito del pachidermico mammifero proboscidato la lettura di questa proposta di legge, ricordando che, nel 1986, esistevano ancora la Lira e l’Unione sovietica. E che, al di là dell’essere conservatori, bisogna saper guardare in faccia la modernità, con tutto ciò che ne consegue.


Cosa c’è di buono nella proposta? L’aver messo nero su bianco, e in modo dettagliato, i rapporti tra polizie locali e polizie statali. Si parla di commissioni paritetiche (bello, eh?) addirittura a livello regionale (conferenza regionale di sicurezza urbana), che è qualcosa che, nel nostro sistema della sicurezza, non è mai esistito (e, infatti, bisognerà vedere se sopravviverà all’esame dell’aula): finora, la Regione aveva avuto un ruolo differente nella gestione delle polizie locali mentre, ora, entra in qualche modo nel coordinamento operativo. Che sia un bene o un male, andrà verificato: però è un passo avanti. Il superamento della barriera comunale è indispensabile per ragionare in un’ottica di economie di scala: se si sarà trattato di un passo troppo lungo, lo vedremo comunque nel corso del dibattito parlamentare.
Lo spirito della normativa, in ogni caso, è quello di favorire gli interscambi, facilitando gli accordi tra Enti: lo si vede qua, ma si era già osservato in altri articoli. Il Capo IV è addirittura intitolato “Promozione del coordinamento tra i servizi di Polizia locale”. Il rovescio della medaglia? Per molti, questo significherà, giocoforza, un’estensione degli orari di servizio. Consorzi, unioni e chi ne ha più ne metta significano, infatti, una diversa gestione delle risorse, accorpamento di uffici e servizi ausiliari e, conseguentemente, più gente in strada. Insomma, è giusto che si sappia che tanti, abituati a chiudere bottega alle 19.30, si vedranno invece chiamati spesso a farlo qualche ora più tardi, più o meno per lo stesso stipendio. E questo potrà non far piacere proprio a tutti.

Ma non solo: viene stabilito, per esempio, che le spese per l’attività delegata svolta furi comune siano in capo al Ministero di Grazia e Giustizia. Questa cosa, di fatto, recepisce una prassi già in uso (le indagini delegate), ma con diverse problematiche anche (e soprattutto) di tipo procedurale, che la norma in questione potrebbe superare (fermo restando che si adegui anche il cpp, ovviamente). Oltretutto, il rimborso delle spese sostenute toglierà ad alcuni Enti l’alibi dei costi.  Sempre in ambito di PG, epocale la modifica dell’art. 57 cpp, che porrà fine alla politica del doppio binario dell’AG, che applicava il comma 3 -” Sono altresì ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall’articolo 55″- per stabilire chi fosse UPG e chi no, e applicava invece il comma 2, dove si parla di “guardie delle provincie e dei comuni” per ciò che riguarda i limiti temporali. I C con qualifica di UPG? Ci può stare, ma regoliamo tutto contrattualmente, per favore. Perché qua si rischia di fare l’UPG con l’indennità di particolari responsabilità (un tozzo di pane che, nella mia realtà lavorativa, qualcuno già si vede tra l’altro riconsciuto, in virtù di compiti particolari). E, a risparmiare, sarebbe solo l’amministrazione, che avrebbe un C che fa molte cose del D, ma pagato meno. Anche no, quindi: sono contrario all’aumento di oneri senza retribuzione, anche se so che qualcuno la pensa diversamente. Sappia, però, questo qualcuno, di essere in minoranza. Ampia. 


Viene finalmente fatto ordine rispetto ad armamenti e strumenti di autotutela – che dovranno essere portati – facendo finalmente piazza pulita di circolari e pareri che hanno reso la vita difficile a tutti in questi anni. Al di là di come la si pensi sull’utilità o meno di queste dotazioni, una base giuridica chiara – a tutela soprattutto degli operatori-appariva ormai indispensabile e indifferibile. E il nuovo regolamento ministeriale farà finalmente chiarezza, oltre a dover per forza ammettere l’utilizzo di questa dotazione (la legge scrive “devono”). Attenzione, però: il Legislatore non ha abolito il micidiale comma 134 dell’art. 17 della legge 15/5/1997 n. 127. Ecco, sarebbe buona norma lo facesse, perché consentire ancora che sia il Consiglio comunale a decidere può essere pericoloso. E non si pensi che la nuova normativa possa aggirare l’ostacolo: ne nascerebbero conflitti di difficile soluzione, perché l’autonomia degli EELL è tutelata a livello costituzionale. E, se non viene diversamente deciso, c’è il rischio che ci siano ancora colleghi disarmati, e in modo legittimo.


Anche l’accesso alle banche dati fa segnare un grande salto di qualità, compreso il non dover finalmente più pagare per l’accesso ad archivi informatici indispensabili per l’attività di servizio. L’attività, del resto, è tracciata, e ogni abuso viene rintracciato e punito. Quindi, vengono a cadere tanti dubbi, perplessità e angosce. Anche l’articolo che riguarda i Comandanti va incontro alle aspettative della Categoria, se dall’esame dell’Aula resisterà quel “Cinque anni nell’area di Vigilanza” senza essere emendato da un “O un tempo equivalente in un Forza Armata o di Polizia dello Stato”.

Tutto bello, a parte questi distinguo? Ma neanche per idea: ve lo dice l’Elefante.


In molti, in questi anni, hanno accoppiato i concetti (molto statunitense il primo, ma tant’è) del “molto lavoro, molto compenso” a “facciamo i poliziotti, e ci pagheranno e manderanno in pensione come i poliziotti”. Fermo restando siamo in Italia e non negli USA, e che la pari dignità non deve mai essere messa in discussione -Carabinieri e Finanzieri fanno un lavoro diverso, così come i poliziotti penitenziari e gli appartenenti alla Polizia di Stato, o i Vigili del Fuoco, ma godono, appunto, di pari dignità, pur non essendo tutti militari, per dire – appare evidente che la problematica, qua, sia molto più sottile, e riguardi il datore di lavoro. Che, per gli operatori di polizia locale, è l’Ente locale e non lo Stato. Cosa vuol dire? Che, pur ammettendo ideologicamente un diritto generico a un trattamento equo e del tutto simile a chi, portando una divisa, ha sulla busta paga lo Stellone della Repubblica e non simbolini vari con coroncine e similia, non si è mai trovato l’accordo su chi debba pagare. Per lo Stato, il datore di lavoro; per quest’ultimo, lo Stato medesimo, perché il sistema previdenziale è in capo a quest’ultimo, così come la decisione di far rientrare gli appartenenti alla Polizia locale nella famiglia delle divise, dando a loro anche gli onori, oltre agli oneri. 


Il risultato è l’art. 21 il quale, pur avendo il meritorio scopo di tutelare i nostri caduti e le loro famiglie, non mette le necessarie risorse che possano garantire le medesime tutele per tutti a livello previdenziale. Sono stati però messi nero su bianco due capisaldi importanti: le cifre (120 mln di Euro: gente più brava di me a fare i conti ha calcolato che ne servirebbero almeno 500) e il fatto che questa cifra debba essere, per la maggior parte, finanziata dagli EELL (ecco chi paga…) attraverso l’8% dei proventi ex art. 208 CdS. La strada è quindi tracciata: ma, a questo punto, serve coraggio. Si dica che la previdenza privilegiata va finanziata attraverso l’art. 208 CdS, e si tolga il limite dell’8%. Diciamola tutta: gli EELL su questa cosa faranno una resistenza terribile. E, a oggi, al di là del fatto che tutto venga subordinato a regolamenti ministeriali (torneremo più avanti su questo), è oggettivo che, con queste risorse, si andrà in pensione con gli impiegati dell’Anagrafe e delle biblioteche. E questo è un problema non da poco, alla faccia degli americani e del “Molto lavoro, molto compenso”. Fa girare le scatole questo fatto? Sì. Esistono mezzi per porre rimedio? Anche. C’è la volonta di farlo? Vedremo.

L’età pensionistica è uno dei nodi rimasti da sciogliere: i Vigili del Fuoco ce l’hanno fatta, noi, vedremo.


La contrattazione, infine, è l’articolo in assoluto scritto peggio. Ho letto e riletto l’art. 20 per provare a capire, ma ho concluso che sia stato scritto da due persone: la prima, quella che avevo parlato coi sindacati autonomi di categoria; la seconda, dopo il colloquio con rappresentanti di altre lobby, ma senza leggere cosa c’era scritto in precedenza. Al comma 1 si cita l’art. 3 del dlgs 165/2001, che ha una rubricazione chiarissima e inequivocabile. Però, il comma medesimo parla di “autonome disposizioni ordinamentali”, senza specificare “di diritto pubblico” come avviene nel comma 2 dell’art. 3 del dlgs 165/2001, relativo ai VVF. Ridondante il comma 2 dei pompieri? Può darsi, ma qua conta la volontà del legislatore. La quale emerge nel comma 2 e seguenti (le citate dal comma 1 “autonome disposizioni ordinamentali”): nel 2 si entra infatti nello specifico, e si fa riferimento espresso all’articolo 40, dove viene stabilito che dovranno prevedersi delle apposite sezioni per la polizia locale, tra l’altro retribuite mediante fondi appositi e separati: buonissima notizia questa, ma nulla che abbia a che vedere con contratti di diritto pubblico, a mio sommesso parere. 


Leggendo, non sono così certo (come altri) sulla natura pubblicistica del contratto di lavoro per la PL (che comporterebbe, tra l’altro, la competenza del TAR sulle diatribe di lavoro, per dirne una, oltre all’abolizione della contrattazione decentrata: davvero sarebbe migliorativa questa cosa?). Mi sento di escluderla, però, perché non viene nominata espressamente, e dal rimando all’art. 40 dlg 165/2001 non si parla di contrattazione autonoma. Al comma 3, si cita espressamente la contrattazione decentrata (che non esiste in regime di contrattazione di diritto pubblico, come già specificato sopra). Vedremo la stesura definitiva, quindi: ma questa, così com’è, a mio sommesso avviso, non sta in piedi. La sensazione, a naso, è che essendo la rubricazione del già citato art. 3 inequivocabile, per questo motivo il comma 1 verrà stralciato per chiara incompatibilità col resto dell’art. 20. O magari salterà tutto il resto, chissà. 


Il discorso, ovviamente, riguarda anche la rappresentatività sindacale: se è vero che la normativa sembrerebbe aprire ai sindacati di categoria, è anche oggettivo che vada integrata, andando a risolvere le problematiche sopra indicate. Dire che i sindacati rappresentativi a livello nazionale faranno muro, è un’evidenza. Che in questo momento il Governo abbia la necessità di non aprire fronti di contrasto con questi ultimi, un’altra oggettività. Prendere atto che, sinora, ci sia il silenzio dei sindacati di categoria è un altro elemento inequivocabile (vengono però promesse richieste di emendamenti…). Vedremo nei prossimi giorni, ma la sensazione è che i miei dubbi siano gli stessi di gente molto più importante sindacalmente di chi vi scrive. Si parla di rappresentanza adeguata nelle RSU per la polizia locale, ma nulla si determina rispetto alle regole per la rappresentatività a livello nazionale: si calcoleranno i voti complessivi del comparto oppure, esclusivamente, quelli dei collegi elettorali per la PL (che dovranno essere indispensabili, per attuare questa parte della normativa)? Io, appartenente alla PL, dovrò votare solo appartenenti alla medesima quindi, e non potrò votare un amministrativo? Perché, a questo punto, serviranno contabilità dei voti, e urne separate, attribuendo alla PL un numero di seggi proporzionale al numero degli addetti sul totale dei dipendenti dell’Ente. E in quei comuni piccoli dove non si troverà nessun appartenente alla PL che voglia candidarsi? Chiaramente bisogna andare a toccare la normativa elettorale RSU, e la vedo complicata.

Per chiudere, il fil rouge dell’intera normativa (che mi rende scettico) è il continuo rimando a regolamenti ministeriali per tutte le questioni controverse, dall’armamento all’accesso alle banche dati, oltre che per la previdenza e la contrattazione. A pelle, si è voluto evitare di creare in Aula tensioni sui temi più divisi, delegando alla loro risoluzione gli apparati ministeriali. I quali, però, non sono super partes, tutt’altro. E che, quindi, non è detto che partoriscano provvedimenti a noi favorevoli. Ecco, se da una parte questo potrebbe davvero garantire alla legge in questione un passaggio rapido in Parlamento, dall’altra parte non sarà in grado, da sola, di garantire i risultati sperati. In definitiva, quindi, è presto per dare un giudizio definitivo. Certo, ci sono sicuramente delle cose migliorative, così come purtroppo, cifre alla mano, la parificazione previdenziale alle divise dipendenti dello Stato appare lontana e chimerica. Ma saranno i provvedimenti attuativi a rendere questa normativa buona o cattiva. Fermo restando che non sappiamo ancora cosa sopravvivrà nel passaggio parlamentare: ma, di sicuro, i poteri forti hanno parlato, e potranno ancora farlo. Resta da stabilire se anche i lavoratori del comparto lo siano, un potere forte. Io un’idea ce l’ho, ma non ve la dico.


L’Elefante

Un mio vecchio meme ironico

Sperando che sia rimasto qualche lettore che non abbia ceduto all’idea di fare harakiri leggendo un concentrato di pessimismo che un cantante death metal in confronto è un hippie vestito di arcobaleno, come in apertura va ammesso che i temi sollevati dal collega siano reali e, piacciano o no, rappresentano un pericolo concreto di naufragio o quantomeno di pesante ridimensionamento di quanto prospettato nel testo legislativo prossimo alla discussione.

E per impedire che questo succeda servirà che la categoria sia U-N-I-T-A o quantomeno sembri esserlo: per dire, in questi giorni abbiamo assistito all’alzata di bandiere e bandierine, siano esse sindacali o associative, a rivendicare ognuna per conto suo il successo delle trattative e la portata rivoluzionaria del testo dovuta alle “sue” proposte.

Ecco, cerchiamo di evitare: non è il momento per nessuno di dire “questo è mio”- “si deve a me”- “io rappresento tutti quanti”. E’ anzi il momento in cui tutti si facciano portavoce di una linea unica che porti ad approvare non soltanto il testo, ma i tanto temuti regolamenti che ne seguiranno, nel modo nemmeno più vantaggioso quanto semmai più giusto per l’intera categoria.

Ne saremo capaci?

In questo punto specifico, sinceramente, nemmeno io me la sento di dire quale sia la mia idea.

2 pensieri riguardo “L’altra faccia della proposta: i dubbi sul testo di Riforma

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