Storie di Guardie

Storie di Guardie: il 23 maggio 1992 raccontato da una Guardia Cittadina

“O si è contro la mafia, o si è complici” ha detto ieri il Presidente Sergio Mattarella nel ricordare i 29 anni dalla strage di Capaci, dove persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicilio e Antonio Montinaro.

Ad “A me le Guardie” è arrivata la testimonianza diretta di una Guardia Cittadina che quel giorno c’era, che fu comandata a correre all’ospedale per trattenere la massa di giornalisti e cittadini che stava accorrendo per avere notizie sulle condizioni dei numerosi feriti – se ne contarono 23 – colpiti dall’esplosione del tratto autostradale su cui viaggiavano le auto del Magistrato e della scorta.

E’ una testimonianza che ritengo importante, sensazionale, reale, quel tipo di testimonianze che questa pagina vuole dare quando parla di storia, di noi Guardie Cittadine nella storia, e che mostra l’umanità di un operatore di polizia di fronte un attacco vergognoso e che non deve essere dimenticato.

Di seguito, il racconto dell’Ispettore Capo Gaetano Gioè, della Polizia Locale di Palermo

Ogni anno il 23 maggio appena mi sveglio penso alla strage di Capaci e piango. Ormai, e sottolineo purtroppo, questa data è entrata a gamba tesa nella mia vita.
È impossibile toglierla dalla mia mente come tutte le date che ti ricordano nel bene e nel male un evento straordinario. Ognuno di noi ne ha una o più di una. Un evento che la mia mente conserva nitida e senza particolari sforzi di memoria.
Quella minckia di sabato del 1992 il mio turno di Infortunistica Stradale era 18.00-24.00.


Al mio arrivo al Comando la solita routine e la solita telefonata alla centrale radio per farmi passare la prima nota di incidente.


Dall’altro lato del filo però mi fu subito detto che non avremmo rilevato nessun incidente e anzi senza perdere tempo avrei dovuto recarmi al pronto soccorso dell’ospedale Civico perché c’era appena stato un attentato al giudice Falcone e stavano portando li i feriti.


Rimasi con lo sguardo nel vuoto per qualche secondo ma ovviamente non potevo comprenderne la gravità.
Durante il tragitto sia io che il mio compagno di pattuglia non parlammo. Alla radio ascoltavamo il primo resoconto di un nostro Colonnello che era andato a Capaci e tentava di spiegare, non senza difficoltà, quello che stava vedendo.
Giunti all’ospedale Civico ricordo che eravamo circa una ventina tra polizia e carabinieri e con tanta fatica formammo una sorta di muro umano tra l’ingresso del P.S. e le decine di giornalisti e cameramen che spuntavano da tutti i lati.
Ricordo che chiesi al poliziotto accanto a me se c’erano feriti e lui mi rispose che addirittura c’erano stati morti e un mare di feriti e Falcone e la moglie erano in gravi condizioni.
Ricordo inoltre la ressa quando uscirono per la prima volta un paio di medici per il primo bollettino spiegando che erano morti alcuni agenti di scorta e Falcone e la moglie erano in condizioni disperate.


Ricordo il silenzio di tutti quando gli stessi medici uscirono dopo un’altra mezz’ora per la seconda volta per comunicare che purtroppo il giudice Falcone era deceduto.
Il caos si placò e ci fu un silenzio davvero assordante.
Gruppetti di gente, in divisa e non, si abbracciavano e piangevano a dirotto.
Rimanemmo in silenzio non so per quanto tempo
.


Io ero triste e molto confuso ma non piansi. Ricordo solo che dopo un po’ mi sedetti sugli scalini a fumare e accanto a me c’era un poliziotto con la divisa impolverata che piangeva a dirotto. Lo abbracciai ma lui non smetteva di piangere.
Ricordo soltanto che per altre lunghe ore si arricampo’ un sacco di gente comune che stazionava li senza un perché quasi a volere abbracciare tutti quelli che erano morti Falcone in primis.
Cominciai a rendermi conto seriamente della gravità dell’evento quando entrai all’interno del pronto soccorso e dentro una saletta vidi su un piccolo televisore le prime immagini dell’attentato.


Ebbi il tempo di uscire nuovamente quando dovetti assistere all’ennesimo bollettino dei medici che comunicarono che anche la moglie di Falcone era deceduta dopo un lungo intervento.
Fu proprio allora che crollai, mi allontanai parecchio dal gruppo, mi sedetti in disparte e scoppiai a piangere.
Ricordo l’abbraccio quasi soffocante di un paio di infermiere che piansero assieme a me.


Penso sempre a questa brutta esperienza e sinceramente me la sarei voluta risparmiare. Ma anche senza volerlo l’ho vissuta ed è per questo che ogni 23 maggio piango
.

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