riflessioni

Quando sono sulle Guardie, i pregiudizi vanno benissimo, o no?

Non è la prima volta che scrivo un articolo su come le Guardie, cittadine e non, vengono trattate nei fumetti, e mi spiace che a trattarci in un certo modo siano sempre gli stessi autori e le stesse testate, con cui pure condivido gran parte delle posizioni espresse nei testi, tranne, una, la solita: gli stereotipi con cui sono rappresentati, le macchiette in cui sono trasformati i personaggi di polizia. Non mi vergogno a dire che qualsiasi altra categoria che venisse rappresentata con la medesima accozzaglia di luoghi comuni darebbe origini a vere e proprie rivolte mediatiche al grido di razzismo, pregiudizio ed altre parole che si sposano con qualsiasi reale o presunta minoranza e che invece diventano verità quando si parla di poliziotti.

Razza Ribelle è il titolo dell’albo di Julia in edicola questo mese: è una bella storia, coi giusti ritmi, le giuste riflessioni, è tutto quello che un albo di Julia deve essere, e anche quello che non deve essere.

Se fossi una collega, nera, omosessuale e con un passato difficile, sarei offesa. Sapete perchè? Perchè la “poliziotta buona” di Julia è questo. Nera, omosessuale, vittima di violenze da giovane, addirittura entrata in polizia sebbene volesse fare la maestra. E sarebbe questa “patina di santità” creata con la caratterizzazione e non con le azioni ad offendermi, se fossi una poliziotta nera, omosessuale e magari in servizio al settore servizi sociali come appunto la Raja Nillstrom di Julia. Perchè sarebbero le mie caratteristiche etniche e sociali a fare di me la poliziotta buona, non il mio essere appunto, una brava poliziotta. Ed allora rifiuterei questa “patente di santità” dovuta alla mia storia personale, questo “dover essere del reparto servizi sociali”, quando tante colleghe sono orgogliosamente alla stradale o alla investigativa, poco importa di quale Corpo o quale Stato, senza dover per forza fare della loro storia o della loro origine un riferimento professionale.

L’allucinante didascalia che in poche righe dispiega più luoghi comuni di un qualsiasi politico di mezza tacca in cerca di mezzo minuto di gloria sul web.

E se da poliziotta mi offenderei per questo patentarmi di santità per delle caratteristiche che nulla hanno a che fare con il mio mestiere, da poliziotto bianco, etero e senza particolari storie di violenza alle spalle mi sento invece particolarmente offeso da come viene rappresentata la mia casistica etnico sociale dal tenente Webb, il comprimario della Squadra Omicidi. Fin dai primi numeri era il classico reazionario, sbirro vecchio stile, stereotipato, certo, ma allo stesso tempo intelligente, tenace, a volte capace di sorprendere. Nulla a che vedere con la macchietta razzista, stupida, meschina, semplicemente, l’idiota che viene rappresentato negli ultimi anni: estremista, piatto, caricatura di leghista. Ovviamente bianco. Perchè se sei un poliziotto stronzo devi essere bianco: altra scuola l’ispettore Carpenter di Dylan Dog, antipatico come il male, perfino presuntuoso e classista nel suo essere orgogliosamente uno sbirro di colore. Ed altra scuola la sceneggiatura di Dylan Dog, che in un cattivo prende in giro “l’orrido politicamente corretto di avere un capo della polizia nero ed un vicecapo donna, islamica e perfettamente integrata.” Sapersi prendere in giro ed allo stesso rappresentare quello che si vuole è sintomo di sceneggiatura matura e consapevole, trasformare una figura in una maschera macchiettistica è invece indice di pregiudizio, così come crearne una perfetta.

Patente di santità che viene data tra l’altro anche al fidanzato italiano di Julia: Ettore, commissario di Polizia di Stato (ovviamente), sensibile, colto, meridionale in trasferta al nord, un Montalbano ancora più perfetto, spesso messo in contrapposizione con ufficiali, magari dei Carabinieri, imbecilli e presuntuosi che scambiano Quantico, cittadina in Abruzzo, con l’omonima accademia dell’FBI, dove ovviamente Ettore ha insegnato (manco c’è andato come allievo). Velo pietoso sui “Vigili Urbani” che quando appaiono è per dare multe, fosse pure negli Stati Uniti, dove manco esistono.

Così, de botto, senza senso, da un numero qualsiasi.

Eppure quello che voglio dire è che sono stufo. Che ci sono poliziotti bravi che sono perfino bianchi, qualcuno di sinistra, qualcuno di destra, e che tante colleghe, indipendentemente dall’etnia, sono eccezionali poliziotte anche senza essere costrette nel ruolo di mamme chioccia in determinati settori. Quello che voglio dire è che se domani dovessi scrivere e pubblicare una storia con lo stesso indice di stereotipi, ma al contrario, verrei tacciato di razzismo, qualunquismo ed ovviamente fascismo, io, che sono “comunista così”, per citare un fascistissimo Mario Brega che in “Un sacco Bello” recitava il padre rosso vermiglio contrapposto al figlio neo hippie.

Quando invece si rappresentano in modo stereotipato e denigrante i poliziotti – e ripeto, fa più male quando ci date patenti di santità basate su aspetti entici e sociali che condanne di malvagità legate all’attività professionale – va tutto bene, e perfino si parla di “denuncia sociale”.

Per fortuna, di poliziotti, ne ho conosciuto di ottimi, di qualsiasi origine, estrazione sociale e storia personale, così come ne ho conosciuti di pessimi. Uno dei migliori, pensate, è di origine straniera. Quando è stato assunto, i giornali lo vedevano come “esempio di integrazione” e auspicavano “lavorasse nell’inclusione”. Ovviamente è uno sbirraccio di strada: lo ammiro molto per questo suo spezzare ogni presunzione ed ogni personaggio che gli avrebbero voluto appiccicare, come se fosse un copione scritto invece di una persona, ma lo ammirerei molto anche se fosse quello che volevano dipingere, perchè lo avrebbe voluto lui, lui come persona, non come poliziotto di origine straniera.

In ogni caso, rimpiango tantissimo quando gli autori di sinistra rappresentavano la polizia come il burbero, inglesissimo, ironico e soprattutto umano nel suo avere debolezze Ispettore Bloch, di Scorland Yard.

L’ispettore Bloch di Dylan Dog

Aspettando il giorno in cui smetteremo di essere macchiette razziste ed ottuse, salvo essere donne ed appartenenti a minoranze.

2 pensieri riguardo “Quando sono sulle Guardie, i pregiudizi vanno benissimo, o no?

  1. Sarebbe interessante conoscere un’opinione “interna” riguardo ai fatti venuti alla luce di recente, e cosa ne pensa del comportamento dei colleghi immortalati nel video del carcere di s.m capua vetere. io ho sempre avuto rispetto per le istituzioni, sto cercando di lavorare nel pubblico per servire lo stato, ma queste cose mi fanno perdere tanta tanta fiducia. Il carcere di menfi, prima ancora torino… Sembra un sistema consolidato di violenza fine a se stessa

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