Polizia Locale · storia

A me le Guardie e il 25 aprile: l’omicidio di Aristide Rossi ad opera dei fascisti nel 1926

Il consueto appuntamento di A me le Guardie con la Resistenza, a celebrare quel 25 aprile che ci ha liberati dal giogo fascista e che dovremmo sempre usare come faro di libertà e giustizia quando ci approcciamo al nostro lavoro ed alle persone.

Dopo la descrizione della liberazione di Genova, quest’anno torniamo a Milano per descrivere un fatto finora appena accennato nel narrare la ben più nota storia del Vigile Vacchini, più volte menzionato proprio in questo spazio, morto in prigionia nel capo di Ebensee nel 1944: parlando di lui, spunta in ogni fonte il nome di Dante Aristide Rossi, la cui uccisione avrebbe colpito duramente il Vacchini, quando ancora la Resistenza e la Liberazione dovevano ancora essere pensate, ed anzi si era in piena esplosione del fascismo: oggi parliamo di Dante Aristide Rossi e del suo omicidio a mano di militanti fascisti nel maggio del 1926.

Il 1926 è l’anno in cui il fascismo termina di inglobare il paese: vengono emanate le leggi fascistissime, i sindaci vengono sostituiti dai podestà, vengono sciolti i partiti diversi da quello fascista e soppressi tutti i giornali non di regime, le forze di Polizia vengono sottomesse ad una Milizia di partito, molti corpi di Vigilanza Urbana vengono sciolti e le loro funzioni in fatto di ordine pubblico trasferite in favore di un più stretto controllo statale sotto la Pubblica Sicurezza.

In questo momento il Corpo di Milano resiste per la sua importanza nella gestione della città, per la sua competenza a tutto campo, per i suoi turni già a coprire 24 ore su 24, per i suoi agenti più formati e competenti della media: da un articolo dell’unità del settembre 1926, qualche giorno prima che il giornale venisse chiuso, così un collega di allora descriveva la situazione:

“Il servizio, è noto, è assai duro e ognuno di noi cerca di disimpegnarlo col senso di responsabilità necessario. Purtroppo ci sono ancora nel Corpo centinaia di vigili i quali hanno già decine di anni di servizio, sono già anziani e avrebbero bisogno di una buona pensione e del meritato riposo. Sono stati fatti, è vero, nuovi concorsi, si sono chiesti titoli inferiori di studio e si è passato sopra alla richiesta conoscenza del francese, ma con gli stipendi che corrono i concorrenti si sono spaventati ed hanno disertato i concorsi.

Prima per concorrere occorreva la licenza di VI elementare, adesso si contentano della III e per poco non ci prenderebbero analfabeti pur di pagarci di meno.

Le divise degli anni ’20 e ’30 a Milano.

In questo contesto, Dante Aristide Rossi è un Vigile di 45 anni di cui 19 di servizio, un “anziano” con anche compiti di coordinamento sui più giovani, ed è proprio per soccorrere due colleghi in prova che la notte del 14 maggio 1926 accorrerà dalla sua postazione in Piazza Duomo verso via Orefici, dove i Vigili Astolfi ed Oldani avevano fermato un veicolo con a bordo sei uomini tra cui Carlo Guffanti, conducente del mezzo, e Luigi Gallarini, vice segretario della Corporazione Edile Fascista, tutti noti squadristi e manganellatori del regime.

Rossi, vedendo gli animi scaldarsi, ordina ai colleghi di allontanarsi e decide di affrontare da solo gli insulti ed i tentativi di allontanarsi del conducente, che a quanto pare andava a bordo di un’automobile modificata senza autorizzazione, l’equivalente, per capirci, dei ragazzini che aprono lo scarico dei motorini.

Come finì la discussione lo leggiamo nell’articolo del Corriere della Sera del 15 maggio 1926, da cui si estrapola:

Si udirono delle grida, si videro dei bastoni alzati e poi diversi giovani in fuga; a terra rimase il Rossi, privo di sensi.

I due vigili di prima, che intanto si erano allontanati in altra direzione, attratti dal clamore ritornarono sui loro passi e raccolsero il loro povero collega. Cercarono anche di individuare e inseguire gli aggressori, comprendendo che era impossibile raggiungerli provvidero al trasporto del ferito alla Guardia Medica di via Agnello. Il dottor Segre riscontro al Rossi una spaccatura al labbro sinistro e gravi contusioni al capo, tanto che si teme lo sviluppo della commozione cerebrale. In queste condizioni il Rossi fu recato poi all’Ospedale maggiore e preso subito in cura dai dottori Negroni e Moncaldi. Egli giace nella sala deposito, letto 22, dove sono stati compiuti inutili tentativi di interrogarlo, dato che versa in istato di incoscienza.

Morirà il 27 maggio 1926 senza aver mai ripreso conoscenza, i funerali solenni si svolgeranno il giorno successivo.

Le indagini della Polizia e dei Vigili, intanto, avevano portato all’arresto di 4 persone ed al mandato di cattura per altre 2, che resteranno latitanti per tutto il processo, per l’aggressione e la morte di Rossi: nonostante le prove e le testimonianze, il 18 dicembre dello stesso anno gli assassini saranno assolti dal Tribunale di Milano che indicherà come colpevoli “altri soggetti rimasti ignoti”.

E’ stata quindi ordinata la scarcerazione dei detenuti, e in tal modo l’assassinio del vigile Rossi ripiomba nel mistero.” concluderà il Corriere della Sera commentando la sentenza.

Voglio concludere questo articolo citando e ringraziando un gruppo di quattro colleghi della Polizia Locale di Milano, che proprio in questi mesi stanno terminando un libro, Ghisa Resistente, nel quale saranno raccontate le storie di Vacchini, Rossi e tutti i colleghi che hanno contribuito alla liberazione del nostro paese dal giogo fascista. Chiudo con le loro parole:

non conosciamo le idee politiche del vigile Rossi, ci sono note invece quelle delle persone che l’hanno aggredito.

Aprile 1945: i Vigili Partigiani posano con la notizia della fucilazione del Duce: Rossi, Vacchini e tutti gli altri non sono morti invano.

Onori ai Partigiani.

Onori ad Aristide Rossi

Viva il 25 aprile.

Viva la Libertà

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