Torno dopo mesi di assenza, almeno qui sul blog che dovrebbe essere lo spazio principale delle mie riflessioni. Speravo di tornare per belle notizie, ma figurarsi. Il periodo peggiore della mia vita professionale sta diventando sempre più la prassi, e sembra quasi che ciò che c’è stato prima sia un ricordo e questa porcheria il futuro.
Ma non è di questo che voglio parlare, stanotte.
Stanotte, in un intervento abbastanza breve visto che domani ho la mattina, voglio parlare delle grosse difficoltà nel lavorare non solo in un momento storico e soprattutto sociale estremamente difficile, culminato in queste ultime settimane con le sempre più diffuse risse che hanno visto i colleghi di tutta Italia intervenire in scenari che, seppur non inediti, non possiamo definire usuali e negli ultimi giorni con la protesta di alcuni esercenti contro le normative in essere, cui sono seguiti ovviamente i controlli e le relative sanzioni come imposto dalla norma.
I media, in quest’ultimo anno, hanno mantenuto una strategia invasiva, forse, anzi, sicuramente troppo, nel raccontare, aggiornare e ossessionare letteralmente la popolazione, cercando per mesi degli untori, dai runner agli studenti ai frequentatori della movida, per un periodo perfino gli stessi contagiati quando asintomatici. Poi sono passati ad attaccare le Guardie, tutte, perché applicavano le pesantissime restrizioni di marzo, aprile e maggio. Poi di nuovo la popolazione, le serate, le vacanze, i locali, poi le Guardie ancora, stavolta però dicendo che i controlli erano pochi: tutte schizofrenie giornalistiche e politiche già ampiamente discusse negli articoli precedenti.
Ora il gioco nuovo è attaccare ad ogni intervento una troupe televisiva. Siamo diventati uno show, uno spettacolo, la chiusura del locale che protesta, il controllo al gruppo di ragazzini che stazionano al parco, l’intervento sulla rissa, tutto è documentato. Non c’è soltanto, come analizzato anche nell’articolo sulle Body Cam, la presenza sicura di qualcuno con uno strumento idoneo a riprendere, ora siamo spesso oltre, alla presenza di personale civile, giornalista, che riprende interventi delicatissimi e che rischiano di sfociare in conseguenze gravissime anche a causa proprio della presenza di telecamere, spesso decisamente non gradite dalle persone con cui interagiamo.
La presenza di un estraneo all’intervento si dovrebbe evitare, sempre. Non per nulla quando si interviene si tende ad allontanare l’interessato da altri astanti, o magari disperdere gli astanti, o allontanarli, a volte anche per una giusta tutela della privacy di chi viene controllato, che magari non ci tiene che tutti sappiano i suoi affari, e mi è capitato non più di 15 giorni fa, per dire, di chiedere ad alcune persone di spostarsi poiché gli sviluppi avrebbero avuto un forte impatto personale che ho ritenuto corretto evitare fosse saputo da tutti i presenti.
Ora, riprendo quel concetto di autorevolezza e dignità delle Guardie che ho trattato di recente: perché dobbiamo abbassarci ad avere i giornalisti dietro? Perché siamo così privi di orgoglio e forza da non poter intimare ad un giornalista di allontanarsi dalla scena di un intervento quando è palese che la sua presenza potrebbe essere causa di una degenerazione? Siamo NOI a gestire la scena, NOI a decidere chi può essere presente o meno. Chiaramente i giornalisti devono fare il loro lavoro, ma questo non significa che debbano diventare presenza fisse che trasformano momenti invasivi come chiusure di locali o controlli allo spostamento delle persone in enormi show, in cui potrebbe capitare a qualcuno di finire davanti a tutta Italia a rispondere di una sua violazione. Ricordo a tutti che il pubblico ludibrio ancora non è contemplato come sanzione accessoria a nulla.
Ed allora iniziamo a pretendere che quando vi è una situazione a rischio come quelle che stiamo vivendo attualmente non si possa accettare la presenza di alcun esterno all’intervento. Servono immagini? Bene, ci sono le cam degli operatori, a garanzia dell’azione in corso, non serve certo l’approvazione di questo o quel redattore, a dare ufficialità a quello che facciamo, non serve che ci sia la presenza di questo o quel redattore a dimostrare che lo stiamo facendo: troppo spesso simili video diventano strumenti di propaganda per politici, amministratori o burocrati che nemmeno capiscono quello che vedono, in un’orgia schifosa ed invasiva che priva noi della nostra dignità professionale ed i trasgressori del sacro diritto di pretendere che i loro affari siano condivisi soltanto con il verbale siglato dall’operatore presente e non debbano per forza finire sotto la lente dell’intero paese.
Il risultato lo stiamo vedendo ogni giorno sui social: un popolo spaccato, diviso tra odio demente che filtra in qualsiasi corrente di pensiero, con le minacce e le aggressioni verbali in costante aumento, per tacere di quelle fisiche in strada.
Siamo diventati un pessimo film, un pessimo prodotto che diventa reale solo quando viene visto, quando invece, alla base del nostro lavoro, dovrebbe esserci il diritto a tutelare l’immagine nostra e quella di coloro verso i quali interveniamo.
Sogno un Corpo che abbia il coraggio di rispondere “NO” ad un giornale che chiede la presenza di un redattore ed un video che si chiuda con l’ordine della Guardia di allontanarsi, non col giornalista che fugge dopo aver reso incandescente lo scenario.