E’ difficile scrivere di quello che sta accadendo senza lasciarsi accecare da rabbia, frustrazione e delusione. Ed è davvero difficile cercare di scrivere senza risultare offensivo cosa penso di un Premier che, come un giudice dei classici film americani, tiene un intero paese alla sbarra in attesa del suo ingresso in Corte per degnare i cittadini di conoscere la loro condanna per una colpa – la riconquista di una vita sociale durante i mesi estivi – che francamente inizia a perdersi nelle evidenti malevole gestioni della sanità, dei trasporti e delle scuole, elementi fondamentali sui quali spendere evidentemente più tempo, risorse e probabilmente coraggio nella consapevolezza di dover affrontare un ritorno ad una vita se non normale quantomeno decente.
Il conformista
È uno che di solito sta sempre dalla parte giusta
Il conformista
Ha tutte le risposte belle chiare dentro la sua testa
È un concentrato di opinioni
Che tiene sotto il braccio due o tre quotidiani
L’ultimo DPCM, appena entrato in vigore, ha pensato bene di andare oltre, è arrivato già dalla sua presentazione alla massima ostentazione di plutocratica sicumera ostentata nel vergognoso rimandare di ora in ora la notizia se il giorno successivo si sarebbe potuti andare a lavorare, a trovare la fidanzata, ad accompagnare i genitori a fare la spesa, ad aprire il proprio negozio. Fino alle 21 non ci era dato saperlo, dopo esserci già svegliati una bella mattina “o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao” trovando un dpcm già bello e firmato nel quale ci veniva detto sostanzialmente “PENITENZIAGITE!”, tra l’altro dopo settimane di sproloqui quali controlli nelle case da parte delle Forze di Polizia dopo spiate di vicini in caso di feste o incontri all’interno di abitazioni private.
Sapevamo così di essere condannati a tre livelli di prigionia, ma nessuno sapeva a quale, nessuno sapeva in realtà davvero quali fossero le restrizioni, questo perché i giornalisti italiani, mai arrivati in basso come in questi mesi, hanno spalmato il web di qualsiasi indiscrezione. Alla fine le peggiori proiezioni si sono avverate per chi si è trovato in zona rossa, ritornando sostanzialmente ad un lockdown che di diverso da marzo ha che si può andare dal parrucchiere, ma non a passeggiare in un bosco col partner, mentre è andata meglio a chi si è trovato con un cartellino giallo di avviso, ma che sostanzialmente lascia le cose come stanno, con l’eccezione della chiusura dei musei, tanto perché di cultura ne era rimasta troppo dopo la cancellazione di teatri e cinema dalla nostra quotidianità.
La chiusura delle sale slot e della possibilità di giocarvi, anche se all’interno di normali bar, è l’unico aspetto positivo di quello che a conti fatti pare essere l’esasperazione definitiva di un nuovo proibizionismo, solo che invece dell’alcool stavolta viene vietata la socialità, con le Guardie trasformate in tanti conversi dell’inquisizione a ricercare eversori che invece che nascondere la fiaschetta nel taschino interno risollevano la mascherina o spingono via l’amico al primo avvistare una luce blu o un catarifrangente fluo.
Nel frattempo negli ospedali la situazione continua ad essere sempre più preoccupante, tanto che, alla fin fine, viene da dire che certe limitazioni possono essere accettabili, perché la salute è il bene più prezioso.
Ah si eh?
Quale salute?
La salute di una norma che sostanzialmente dice che si deve continuare a lavorare e produrre, a riempire i pochi mezzi, ad accalcarsi nelle fabbriche, per poi tornare a casa, evitare ogni contatto, e comprare quello che si è prodotto tramite una connessione in rete, così da garantire, anche nella chiusura, lo scorrere dell’economia?
Questa salute?
La salute di adolescenti e bambini con le interazioni sociali ridotte a schermi, le lezioni trasformate in connessioni video, i visi degli amici deformati dai pixel…tutto quello, mi pare, che fino nove mesi sembrava essere lo sfacelo dei millennial cresciuti a pappa e digitale, oggi diventa invece la pedagogia vincente tanto che qualcuno propone di continuare anche ad emergenza finita, se mai finirà.
Quale salute?
La salute dei tanti, troppi, lavoratori condannati al licenziamento ed al confinamento privo di sfoghi, sociali ed anche fisici, che permettano loro di affrontare la situazione di totale abbandono cui sono stati lasciati nella speranza che 600 euro potessero prendere il posto di un lavoro, una vita.
Quale salute?
Quella di congelarci in una bolla di tecnologia murandoci all’interno di noi stessi prima ancora che delle nostre case?
Tutto questo perché si è deciso di colpevolizzare il popolo per aver usufruito di ferie offerte dal governo, per essersi spostato con mezzi ecologici incentivati dal governo, per aver ripreso a vivere facendo impennare l’economia dopo il lockdown esattamente come sperava il governo?
“La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche il volo di un moscone
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione”
Ed in tutto questo, a farmi soffrire e a farmi ragionare su tutto il costrutto ideologico per cui ho scelto questa divisa è il fatto che si parla solo di salute ed economia. La libertà è un concetto perduto. C’è solo la salute, da anni confusa con l’ossessione di attaccare le persone alla vita con la colla, fosse anche perennemente attaccate ad un letto e nutrite con un sondino, e l’economia, sempre più pressante per chi è piccolo a favore di una grande distribuzione di un tutto che allo stesso tempo non ci da niente. La libertà, quella per cui i nostri nonni hanno dato la vita – dandoci peraltro un chiaro esempio di valore dominante – la libertà di crescere, la libertà di esprimersi, la libertà trasformata in un aperitivo, la libertà additata come se fosse racchiusa in una cena tra amici, la libertà trasformata in ribellione ad una nuova lettura inquisitoria delle nostre vite, all’asocialità elevata a massima qualità e al capitalismo compulsivo come nuovo sogno, americano o meno.
Vacche da allevamento blindate nelle proprie nicchie e costrette a produrre e consumare, senza distrazioni, come l’umanità ritratta nel film wall-e, inchiodata a vivere in poltrone mobili ove si era serviti e riveriti di cibo, immagini e d inutilità tanto da aver perso l’uso delle gambe ed essere diventati degli obesi inoperosi. Tutto questo quando fino l’altro ieri l’ossessione era la palestra ed infamia su chi non ne faceva!
Questo concetto di vita, ben più che le restrizioni, mi sta soffocando. Si pensava che la libertà fosse la prima cosa da garantire, ora è l’ultima a venire presa in considerazione. E noi dobbiamo andare a caccia di coppiette che scoprono illegale amarsi, di escursionisti costretti a controllare se i sentieri passano di regione in regione, di musicisti che devono suonare sperando di non avere pubblico, di esercenti che devono vendere allontanando i loro utenti.
Capisco bene chi mi dice che non è libertà lasciare ammalare la gente e far riempire terapie intensive prima e cimiteri dopo, ma non accetto che mi si venga a dire che la libertà è la colpa delle morti e delle terapie intensive, quando c’erano i mezzi, il tempo e le persone per limitare in modo molto più bilanciato gli uni e l’altra.
“La libertà è alla portata di tutti, come la chitarra: ognuno suona come vuole, e tutti suonano come vuole la libertà.”
E noi Guardie? Noi, proprio noi, che della libertà dovremmo essere i custodi, cosa dobbiamo fare? Come far abbracciare- almeno le idee possono – i valori della nostra società con le limitazioni imposte dal lockdown e le sanzioni che da esse scaturiscono, potenziali colpi di grazia a chi già è danneggiato dalla crisi? Come mostrare un nostro disagio nell’applicare certe leggi? Come sposare la necessità di informare e soccorrere, rimarcata anche dalle recenti circolari ministeriali, con il dovere di accertare e sanzionare?
In questa situazione abbiamo il dovere morale di non chiuderci a riccio a nostra volta ed essere più pronti, disponibili e presenti del solito, è un segno di rispetto che dobbiamo al Paese e soprattutto al popolo. Ma abbiamo anche il dovere di tenere unito un tessuto sociale sfilacciato dove il cittadino si vede sempre più oppresso da un lato ed abbandonato dall’altro, dove si rincorrono, minacciano ed a volte affrontano estremismi politici, sociali e perfino sanitari.
Forse, solo noi, ora, possiamo cercare di tenere i piedi per terra e capire come agire con chi ci troviamo davanti.
Stay safe e BUON 5 NOVEMBRE, GUARDIE!