riflessioni

Finché si continuerà a ragionare per “competenze” saremo “uomini e non Guardie”

So benissimo che in questo pezzo stravolgerò il senso del film da cui prendo il titolo: dove infatti i “caporali” erano il senso spregiativo e gli uomini le persone corrette, nel mio ragionamento i “caporali” o meglio, le “Guardie” saranno persone cui è richiesto qualcosa in più e che hanno scelto loro gli sia richiesto. 

Il ragionamento parte dalla notizia, bellissima, che dopo Abbiategrasso anche Peschiera Borromeo abbia istituito un nucleo Trasporto Organi, di simile organizzazione: agenti volontari che, oltre al normale servizio, offrono la disponibilità per effettuare turni in convenzione con AREU – il 118 per essere chiaro – per il trasporto urgente di organi da ospedale ad ospedale.  L’unica differenza tra i due comandi sta nel fatto che mentre l’Alfa Giulia di Abbiategrasso è stata acquistata allo scopo, Peschiera Borromeo può contare su una bellissima Mercedes Classe C donata da un per sua volontà rimasto anonimo benefattore, che curerà anche i costi di mantenimento.

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La Mercedes di Peschiera Borromeo 

Questa notizia ha portato una discussione all’interno della Pagina di A me le Guardie, probabilmente perché contemporanea ad una mia polemica molto forte verso una certa politica che, in quest’occasione più di altre, ha sfruttato un servizio delle Guardie Cittadine di un capoluogo per dare  sfogo al più classico dei discorsi propagandistici, portando, a mio parere, a giustificare quei sindacati delle Forze Statali che ci accusano ripetutamente di portare risultati solo quando è necessario dare una passerella a questo o quel politico: bella forza, è proprio per evitare questo che pretendiamo da anni una riforma, ma è chiaro che da questo orecchio i “cugini” statuali non vogliono assolutamente sentirci.

Comunque sia, la discussione, arrivata a toccare anche il classico discorso delle “competenze” e del “volontariato” visti in ottica dispregiativa o corporativista, mi permette di chiarire qual’è il mio pensiero verso il discorso “cosa mi compete” e soprattutto “perché fare qualcosa per cui non sono pagato”.

Semplicemente: perché è il nostro lavoro.  Una Guardia ha un solo scopo: proteggere, e proteggere è una cosa che si divide in due rami, la sicurezza ed il soccorso. Fine. E pagati lo siamo già. Il nostro non è un lavoro a cottimo che deve pretendere un gettone a prestazione o a competenza, ma anzi, è nostro dovere fare in modo di essere in grado di proteggere e soccorrere in modo sempre più completo e professionale: non possiamo lamentarci dei limiti territoriali e delle qualifiche se siamo i primi a voler un contraltare economico alle nostre attività. C’è già. Alto? Basso? Non spetta a me dirlo. Quello che mi spetta è sapere che Guardia lo sono sempre ed ovunque, altrimenti facevo altro, e che soccorrere e proteggere è mio dovere SEMPRE. 

Quando vendevo telefoni – ero molto giovane e stupido – avevo un fisso risibile e qualsiasi altra cosa era un gettone, dalla linea aziendale fino alla singola sim del pensionato, tutto aveva un valore, era quantificato e più o meno valorizzato. Questo per una Guardia non è possibile. Una Guardia è tale quando soccorre un infortunato, quando indaga su un crimine, quando dirige il traffico, quando interviene su un TSO, quando eleva un verbale, e, se necessario, quando trasporta organi e perfino quando si trova costretta ad usare la forza, fosse anche letale, su un criminale. Non è un lavoro a cottimo, è una missione per cui siamo pagati, senza orari e, salvo regole di ingaggio e normative, senza limiti. Altrimenti che facciamo? Un tariffario per quella Guardia che fuori servizio ferma un suicida? Un altro per quella che ferma un’aggressione? Valorizziamo più chi lavora in borghese rispetto chi sta su una Radiomobile – di qualsiasi corpo essa sia- ? Sottostimiamo chi si occupa di viabilità in confronto a chi pattuglia in auto civetta? Facciamo, insomma, quella classifica di compiti che è alla base della disuguaglianza sociale e culturale tra Guardie dello Stato e Cittadine? 

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Non ho bisogno di altro che del nostro dovere, non ho necessità di qualcuno che mi stilli un mansionario limitato – che attenzione, non significa non avere protocolli, significa rifiutare di essere un impiegato con un unico scopo ed un unico orario – e tantomeno di dare un valore economico a quello che riesco a fare o meno. E non me ne importa dei vari “e, ma i giudici”, “e, ma la legge”, “e, ma le leggende”, E, MA STICAZZI?!: come insegna Giallini, un “sticazzi” al momento giusto chiude le discussioni e ci rimette, in questo caso, di fronte il nostro vero “problema”. Che non è preoccuparci di quante ore facciamo in servizio o di quanti euro portiamo a casa o di cosa potrebbe capitarci mentre siamo per i fatti nostri. Altrimenti, scusatemi, sceglievamo un altro lavoro o accettavamo di essere quel “ne carne ne pesce” che ci da tanto fastidio, che sa di carne andata a male e pesce marcio allo stesso tempo e che ci condanna ad essere quello che siamo agli occhi della società e della cultura media di questo paese.

Poi sia chiaro, il cittadino non merita quello che facciamo per lui: ci odia, ci disprezza, ci insulta anche quando lavoriamo bene per il solo gusto di farlo, grazie anche un bombardamento mediatico e sociale sul dividere poliziotti e attività in serie calcistiche, in bravo e ordinario, in eroe e “vigile”.  In ogni caso è un lavoro che va fatto, perché dobbiamo, e perché, se lo abbiamo scelto,  è quello che ci piace fare. Altrimenti hanno ragione i politici a usarci a loro piacimento e i sindacati avversi a dipingerci come portatori insani di consenso elettorale e convenienza politica, sia essa tramite operazioni antidroga o servizi per fare cassa.

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Carson spiega le motivazioni per fare la Guardia, da Sei Divise nella Polvere, Tex nr 609. 

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