Un paio di anni fa la categoria venne sconquassata da un grave fatto di cronaca: un collega, chiamato a dirimere una lite tra vicini, rimase ad assistere impotente quando la cosa degenerò in una rissa a coltellate che costò la vita ad una persona ed il ferimento di altre due. Anche dopo l’aggressione, la Guardia rimase passiva, e fu l’arrivo della Polizia di Stato ad assicurare alla giustizia il colpevole, nel frattempo rientrato in casa.
All’epoca si scatenò un vespaio tra i gruppi nostrani che commentai piuttosto duramente, anche difendendo il collega omissivo, perché, se da un lato la sua condotta non aveva scusanti di nessun genere, dall’altro rimarcai che nella condizione allucinante della Polizia locale italiana era TROPPO COMODO CHIAMARLO VIGLIACCO.
Sono passati circa tre anni da quel fatto ed è arrivata la sentenza di Cassazione relativa la condotta del collega, all’epoca portato davanti i giudici con la gravissima accusa di concorsi in omicidio in quanto, pur gravato dall’obbligo giuridico di impedire che il fatto si compisse, non si attivava per fermare l’assalitore ed evitare l’omicidio. L’articolo è il 40 del Codice Penale, che impone l’intervento a tutti coloro che sono dotati di qualifiche atte ad impedire determinati eventi – vale anche per i Vigili del Fuoco, non solo per i poliziotti- e punisce chi non si attiva come se fosse concorrente nel reato commesso, ed ha portato alla condanna per gli articoli 328 e 586 del Cp nei primi gradi di giudizio.
La difesa dell’agente verteva essenzialmente sulle tante problematiche giuridiche legate alla nostra figura, su una serie di preconcetti tutt’ora insiti in diversi livelli giuridici, su una buona dose di “saggezza popolare” e di “buon senso” legati ad immagini del nostro lavoro ormai passate e che francamente ritengo non siano mai state reali, andando a dire che, trattandosi di un problema privato, l’intervento non era obbligatorio in quanto il “vigile” non avrebbe pari obblighi degli altri tutori dell’ordine nel garantire la Sicurezza Pubblica.
Una leggenda che ricordo diffusa in parecchi colleghi anziani che più volte avevano la pessima abitudine di ripetermi come “noi” non avessimo potere di intervento in luoghi e questioni private.

“non avendo impedito l’evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire in ragione della posizione di garanzia a lui facente capo in qualità di agente di polizia giudiziaria in servizio e di agente di pubblica sicurezza permanente […] omettendo di arrestare l’autore del crimine o, quantomeno di porsi al suo inseguimento […] aveva rifiutato un atto del suo ufficio che doveva essere compiuto senza ritardo per ragioni di giustizia e sicurezza pubblica.(dalla sentenza).
La sentenza della Quinta Sezione Penale della Cassazione del 9 settembre scorso, numero 37312, ha decisamente disatteso quanto esposto dalla difesa, condannando il collega – a due anni con pena sospesa- ed andando a sottolineare un paio di punti fermi di sicura importanza sulle caratteristiche delle nostre qualifiche di polizia, da un lato evidenziando che la qualifica di Pubblica Sicurezza riveste carattere permanente e che quella di Polizia Giudiziaria sia a carattere generale, dall’altro però ha tenuto a precisare come “a differenza di altri Corpi […] la qualifica di agenti di polizia giudiziaria attribuita ai vigili urbani è limitata nel tempo – quando sono in servizio- e nello spazio – nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza -“ richiamando peraltro una precedente pronuncia del 1995, sentenza 8281 della Prima Sezione, ma sostenendo altresì che “tale limitazione alle ipotesi indicate non esclude e non ridimensiona la loro funzione, né è idonea a svilirne i compiti e gli obblighi”
Al di là del fastidio nell’essere chiamati “Vigili Urbani” in una sentenza di Cassazione del 2019, appare evidente come la giurisprudenza continui a seguire il filo del Codice di Procedura Penale, che all’articolo 57, denominandoci Guardie delle Province e dei Comuni, prevede perlappunto le citate limitazioni, quando una normativa precedente, la nostra legge quadro 65/1986 – il CPP è stato scritto come oggi appare nel 1988 – definendoci “operatori” di Polizia Municipale, all’articolo 4 NON menziona invece alcun tipo di limitazione: per chi scrive è un vero controsenso che si diano qualifiche e limitazioni sulla base di testi che contengono nomi diversi (dopotutto esistono diversi comuni che hanno Guardie Giurate come dipendenti e la dizione potrebbe benissimo legarsi a loro), ma d’altro canto la giurisprudenza è ormai consolidata.
Quindi ho perfettamente ragione a definirci Guardie Cittadine.

A parte i termini e le stringenti letture della Corte, la sentenza conferma in modo inequivocabile come le nostre funzioni operative non possano essere soggette a limitazioni e come non esistano reati che non ci compete trattare, ribadendo peraltro che la Qualifica di Pubblica Sicurezza riveste carattere permanente ed ha pertanto validità anche fuori servizio.
Si tratta a conti fatti di una pronuncia estremamente importante nel valutare l’impellente necessità di una rivisitazione normativa che ritratti l’assurdo limite, già evidentemente tale ritenuto nel 1986, dell’estensione temporale della qualifica di Polizia Giudiziaria e che allo stesso tempo adegui interamente la normativa contrattuale e previdenziale di operatori competenti a combattere qualsiasi crimine e tenuti a garantire la sicurezza pubblica.
L’Europa si è già più volte pronunciata in merito la discriminazione degli operatori di Polizia Locale, il Governo ha tutt’ora efficace una legge Delega che impone la nostra riforma, diversi sindacati hanno già avviato trattative con il nuovo esecutivo e quanto ci serve è stato detto chiaramente d apiù parti, non in ultima l’ASAPS, Associazione Polizia Stradale tenuta molto in considerazione dall’ambiente ministeriale, che ha già sostenuto la necessità di “In concreto norme per: la definizione chiara dei compiti delle Polizie Locali […]; la creazione di un contratto di lavoro […] assimilabile al comparto sicurezza […]; la possibilità per gli agenti di polizia locale di avere accesso alle banche dati […] e allo schedario Schengen; il superamento degli attuali limiti spazio-temporali della qualifica di polizia giudiziaria, formazione obbligatoria in ingresso e ricorrente nel corso di tutta l’attività lavorativa, con esercitazioni operative congiunte alle Forze di Polizia dello Stato e altri operatori pubblici della sicurezza; turnazione notturna nelle città più grandi, il riordino della dirigenza interna della polizia locale in base alla normativa in vigore per le Forze di polizia ad ordinamento civile[…] il porto dell’arma anche fuori dall’ambito territoriale dell’ente di appartenenza.” (ASAPS)
Aspetteremo, ma, ci piaccia o meno, questa sentenza è un passo avanti nella giusta direzione.
Come vedi chiunque abbia cercato di farci entrare nel comarto sicurezza ci ha danneggiato. Per fare un passo avanti bastava rientrare nel settore pubblico rcome i V.FF che ne erano usciti all’inizio e poi rientrati nel settore pubblico.cosi dopo essere rentrati nel settore pubblico con contratto pubblico ,avendo tutte le qualifiche potevamo parlare dui territorialità.Cosi qualche altra forza di polizia non si sentiva defraudata e non pensava che i fondi sarebbero diminuiti se la polizia locale enrava nel comparto sicurezza.
a presto
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