Nonostante la situazione brutta del paese, oggi mi permetto di essere ottimista. E lo sono grazie a noi, alle Guardie Cittadine. Lo sono perché la pagina facebook, nonostante si sia pochi, ma buoni, è fervente di attività e di notizie. Notizie che arrivano da tutta Italia, nord,sud,est, ovest, notizie di interventi di ogni tipo, dall’anziano salvato in casa fino al bambino disperso, passando per le retate contro lo spaccio fino agli inseguimenti, le indagini su incidenti con fuga, la caccia ad assassini latitanti, gli arresti di ricercati trovati casualmente in controlli stradali. E poi droni per scoprire abusi edilizi e pedinare spacciatori, denunce su incendi dolosi, arresti in flagranza di attentatori solitari, soccorso a famiglie indigenti e loro trasferimento in strutture protette...per tacere delle rubriche, delle foto d’epoca, dei fregi ricolmi di simbolismi, della nostra storia lunghissima ed appassionante così diversa da comando a comando ed allo stesso tempo così simile.
A me le Guardie ha, per me, quell’incredibile pregio di mostrare protagonista quelli che invece sono spesso relegati alla cronachina locale, che sentono il bisogno di mettersi a posto da soli, che sono tutt’oggi oggetto di una sfiducia istituzionale e sociale che non ha motivo di essere di fronte gli eccezionali risultati raggiunti quotidianamente e l’enorme valore anche storico insito nella nostra figura e nella nostra funzione. Ma andando oltre il singolo sito, vogliamo parlare di quanti professionisti, quanti maestri, quanti insegnanti universitari gravitano nelle nostre fila? Quante divise blu affollano i corsi universitari? Quanto ognuno di noi, almeno dei “noi” giusti, mette in gioco quotidianamente per offrire un servizio decente a chiunque ce ne chieda? Con tutti i problemi, le carenze contrattuali, le difficoltà e anche le offese quotidiane, ma in quanti possono dire di tendere la mano al prossimo come facciamo noi per lavoro?
Questo non vuol dire che non si debba continuare il percorso di protesta verso un riconoscimento concreto da parte delle Istituzioni del nostro ruolo e della nostra dignità, sia chiaro, ma vuol dire che dobbiamo smettere di sentirci i Calimero della situazione perché non lo siamo e gli strumenti per non esserlo li abbiamo già in mano. Tutti quei colleghi che accampano scuse per non intervenire, per lasciare correre, per non vedere le cose, per abbattere il morale degli altri, quelli che accolgono il nuovo arrivato parlando male del nostro lavoro e del comando scelto o che pontificano sui social che dobbiamo “stare al nostro posto”…ecco, quelli sono gli errori, le eccezioni, i difetti in una realtà professionale che ha invece le carte in regola per essere unica e risolutiva, e le notizie quotidiane e diffuse a macchia d’olio ci dimostrano che non sono “altri” i pochi comandi che funzionano, ma che forse, se ci vediamo tanto diversi, dobbiamo iniziare a chiederci cosa cambiare nel nostro.
E di esempi grandiosi ne abbiamo tanti, dal piccolo al medio fino alla grande metropoli, non esiste dimensione che impedisca di lavorare, e, al limite, si deve avere la saggezza di organizzare il lavoro in base le dimensioni, ma nessuna dimensione è una scusa per non fare, perché le Guardie Cittadine avranno sempre qualcosa di cui occuparsi, qualcosa che va oltre la routine e che permette di avere immense soddisfazioni personali e professionali. E al diavolo gli haters, i media ed i politici. Siamo noi che dobbiamo per primi sapere quanto valiamo e cosa possiamo dare. Non ha senso avere una sorta di “telecomando” col quale resettarci da “poliziotti locali” a “vigili urbani” a convenienza o con la presunzione di credere che ciò possa dare effettivamente fastidio o piacere a qualcuno: siamo orgogliosi e impegniamoci al massimo nell’essere Guardie Cittadine ed “ai corvi” tutte le definizioni più o meno umilianti o di comodo che chiunque tende a darci per il proprio tornaconto. Siamo noi e basta. Quelli che tendono la mano. Che portano risultati. Che inseguono i cattivi. Che riportano a casa i figli. Che controllano la vivibilità delle città e dei paesi.
E se anche i risultati del mio esperimento social sono stati poco incoraggianti, smettiamola per un attimo di fare le cose pensando di poter soddisfare tutti o augurandoci che facendo i servi sciocchi del politico possa cambiare qualcosa: agiamo per giustizia, correttezza e facciamo quel che dobbiamo “perché ci piace farlo”. E’ il migliore dei motivi. Nessuna forzatura, nessun servilismo, semplicemente il piacere di fare il nostro lavoro, la consapevolezza di essere nel giusto, a tutela e non a oppressione, al servizio e non schiavi, a proteggere chi merita di essere protetto ed a caccia di chi deve essere preso.