E’ avvolto nel silenzio lo sciopero delle Guardie Cittadine. Se ne parla nei gruppi interno, o, ad essere franchi, pochi colleghi ne spammano la comunicazione in lungo ed in largo, ma si discute poco. Si sa che è per la riforma, quella che da mesi è bloccata in commissione affari costituzionali, si sa che è per il “contratto pubblico” e per essere riconosciuti “forze di polizia”, ma non si sa nulla dei termini, delle richieste, delle prospettive. Se ne parla poco nei comuni e per nulla nei giornali. Perfino le comunicazioni di precetto sono arrivate al limite dei 5 giorni di preavviso obbligatori, e tanti colleghi vedendole han detto “Perché? C’è uno sciopero?!”: faccio notare che per una protesta del pubblico impiego di qualche tempo fa ricordo una precettazione con circa due settimane di preavviso.
Ma è questo silenzio che rende importante farci sentire domani: anche se sappiamo che saremo pochi a manifestare per Roma, anche se sappiamo che saremo relegati in qualche angolo tra un cantiere ed un edificio dismesso, anche se sappiamo che verremo insultati in ogni articolo ed ogni pagina social, anche se sapremo che perderemo decine se non centinaia di euro di viaggio oltre che la retribuzione giornaliera, anche se sapremo che urleranno ai fannulloni ed al licenziarci.
Per tutti questi motivi domani dobbiamo scioperare. E dobbiamo esserci a Roma. E tutti quei sindacati che per mera ripicca alla sigla promotrice hanno taciuto se non direttamente boicottato questa giornata farebbero bene a cheidersi se è davvero valsa la pena di dividerci ulteriormente in un giorno in cui si sarebbe dovuti essere tutti uniti. Uniti contro quel silenzio, contro le aggressioni, contro gli insulti, contro il continuo stalking sociale e mobbing di stato cui siamo sottoposti.
Un collega è stato quasi ucciso poche sere fa a Foggia, investito da un motorino non fermatisi all’alt ed il cui conducente spera di sistemare tutto scrivendo ai giornali “sono solo un ragazzo con le sue paure: perdonami”: non mi stupirei se qualcuno si offendesse se il collega non dovesse rispondere che accetta le sue scuse.
A Milano, invece, una addetta alla centrale operativa non potrà rispondere mai più a nessuno. si è tolta vita un caldo pomeriggio di questo giugno 2019 con un colpo di pistola.
A Roma abbiamo visto in rapida successione sgominare una banda dedita allo sfruttamento della prostituzione, salvare una donna aggredita dal marito che si è poi scagliato sugli agenti e ne ha feriti 4 prima di essere arrestato, fino al nuovo video virale di metà settimana: 3 Guardie Cittadine– due neo assunte in pettorina – affrontate, dileggiate, insultate da un gruppo di venditori abusivi all’ombra del Colosseo; Sono arrivati i rinforzi e ne hanno identificati 20 ed arrestati 2, ma questo pochi giornali lo hanno detto, o lo hanno voluto far leggere, relegando questo dettaglio alle righe di chiusura, consci che la maggior parte delle persone ormai legge solo i titoli di apertura: “vigili sbeffeggiati da ambulanti”.

C’è qualcosa più di un contratto o di un riconoscimento professionale piuttosto che giuridico o pensionistico in ballo: c’è la nostra dignità. Perché non avere qualifiche che scompaiono come la carrozza di Cenerentola che torna una zucca è una questione di dignità. Perché non rischiare una denuncia se portiamo o meno l’arma addosso è una questione di dignità. Perché non sentirci rimbrottare che dopo le 8 di sera al nostro numero risponde la segreteria, è una questione di dignità. Perché non essere equipaggiati e formati in base al pensiero del politico di turno su di noi è una questione di dignità. Perché essere indipendenti dalle convinzioni, dalle paranoie, dalle manie dei sindaci è una questione di dignità.
Non è la professionalità che ci viene negata, quella ognuno se la crea, è proprio la dignità, e chi non ha la professionalità per garantire il servizio nelle 24 ore, portare un’arma, essere preparato agli interventi quotidiani non è uno che ha capito “come gira il mondo” e si limita a fare il “minimo sindacale”, no, è uno che ha sbagliato concorso, che ha sbagliato lavoro, lui, che lo rimbrotta a chi invece si fa il mazzo minandosi la propria vita privata per questo lavoro, è lui quello che ha sbagliato tutto e deve andarsene a fare “il proprio” , senza una divisa, senza le qualifiche che tanto gli pesano da essere felice di averle intermittenti, magari sempre in un comando, ma con ruoli amministrativi e di gestione per i quali è inutile essere Agenti di Polizia Giudiziaria e di Pubblica Sicurezza, ruoli ai quali magari attualmente è destinato personale che vorrebbe valorizzare le particolarità per cui ha fatto questo concorso invece di un altro ma si trova chiuso tra quattro muri a fare lo scrivano, plastificare autorizzazioni o rilasciare accessi atti.
La nostra situazione ci priva non solo della dignità di Guardie, ma anche della serenità necessaria per affrontare un lavoro come il nostro: il continuo senso di inadeguatezza, incapacità, impreparazione che ci viene instillato da giornali, politici e cittadini è un logorio continuo dei nostri nervi, i nostri stessi apici, che più vedono una persona entusiasta e disponibile più si sentono in dovere di svilirla, bloccarla, rinchiuderla, sono il vero motore dell’odio sociale verso di noi, più delle sanzioni amministrative, furbescamente demandateci da uno Stato che non vuole che la propria Polizia faccia ciò che la polizia la rende antipatica, perché è chiaro che è facile odiare chi oltre a svolgere un servizio visto come ostile al cittadino viene anche dipinto vestito e fermato per essere ridicolo nel mentre.

E per questo domani dobbiamo essere tanti, per urlare che la Polizia Locale non è una “Forse dell’Ordine” che si occupa di quello che alle “Forze dell’Ordine” non va di fare, non è una “scelta secondaria” cui vengono demandati gli interventi routinari o meno importanti, ma un Corpo di Polizia specialistico a competenza generale, come tutte le altre Forze di Polizia del paese, e che ha con loro pari dignità e diritto di formazione, strumenti, tutele e di una giusta età pensionabile.
Perché è facile essere ridicoli quando si è mandati soli e disarmati. E’ facile essere ridicoli quando a 63 anni si fanno ancora i turni serali. E’ facile essere ridicoli quando si è buttati in strada senza formazione. E’ facile essere ridicoli quando si viene dotati di mezzi inidonei alle necessità di servizio. E’ difficile non essere ridicoli quando un’intera società ti mette in condizioni di dover essere ridicolo per poter ridere di te.
Lo slogan non è “poliziotti o amministrativi”, ma bensì “poliziotti e basta”. Tanti compiti nostri possono essere svolti da amministrativi, destinati ai Corpi, ma il nostro lavoro è quello esterno. E’ la pattuglia, il Pronto Intervento, l’indagine, il controllo del territorio, e necessità di uniformi tecniche, strumenti adeguati, formazione costante, presenza 24 ore su 24 e 365 giorni l’anno. Per l’ufficio, la logistica, i controlli minori ci possono essere amministrativi, ma non siamo noi.
Noi siamo le Guardie Cittadine. Il nostro lavoro è all’aperto. Il nostro obiettivo non sono i numeri, ma la salvaguardia delle persone.

La riforma serve a ridarci questa dignità strappataci da 20 anni di privatizzazione della nostra essenza.
che dire, mi arrendo!
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