riflessioni

Una primavera che sa di inverno

Non è solo un fattore climatico a farmi dare questo titolo ad un articolo che viene dopo un lungo silenzio in questo blog. Certo, quotidianamente scrivo nella pagina facebook, ma A me le Guardie – il Blog, l’origine di tutto – non è mai stato così vuoto. Da tanto aspetto materiale per ben due interviste Da Guardia a Guardia: se non si mandano le risposte, tanto vale dire di no all’intervista. Da altrettanto attendo materiale per un paio di (R)Evolution: anche qui, se poi non si invia nulla, tanto vale dire subito che non interessa l’articolo. Attendo anche varie Storie di Guardie, che vorrei evitare di inventare.

D’altro canto, se a livello di notizie appare ormai evidente il sempre crescente confronto delle Guardie Cittadine con la sfera dello spaccio e della microcriminalità – quei fattori chiamati “sicurezza urbana”, inventando nuovi termini pur di non dirci che ci occupiamo di pubblica sicurezza – con frequenti punte nel contrasto alle mafie ambientali e del lavoro, a livello politico la riforma ristagna mentre dal fronte mediatico vedo un attacco come raramente ne ricordo.

La pagina facebook A me le Guardie, che devo ammettere sta funzionando, prende però vita solo quando si ha motivo di fare polemica, ed è davvero deprimente vedere post con vittorie sulle mafie avere meno letture e commenti di uno ironico su una foto pubblicata su wikipedia dove invece si arriva ad insultarsi a vicenda e dividersi tra chi si piange addosso, chi sputa su chi piange e chi sputa su tutti noi.

Fortuna che le rubriche fotografiche A me le Guardie Vintage, Fregi di Guardie e Quelli di…A me le Guardie continuano invece ad avere seguito.

La categoria, disunita come sempre, porta come vittorie i decentrati, che sono il simbolo della nostra dipendenza alla politica locale, e che invece di venire combattuti e schifati si raschiano fino in fondo nel tentativo di portare a casa quanti più soldi possibili nella famosa indennità esterna da 1 a 10 euro, che ha ottenuto solo di differenziare ulteriormente lavoro e stipendio non solo tra diversi comuni, ma perfino tra diversi uffici del medesimo comando, con guerre intestine per far intendere la propria attività come “esterna” così da non essere esclusi da questo patetico “bottino”. Il tutto mentre viene ribadito che i proventi delle sanzioni non possono essere usati per finanziare gli straordinari: vorrei ben vedere, a pagarsi con la percentuale sulle tasse riscosse erano gli scagnozzi dello sceriffo di Nottingham, e voglio ben sperare che noi si voglia essere qualcosa di meglio.

Ci hanno portato a vendere la nostra dignità di Guardie e di uomini per i pochi spiccioli di indennità e di premio incentivante, dignità che affossiamo completamente quando ci confrontiamo nelle pagine delle Forze Statali, dove appariamo sempre sulla difensiva, chiusi, come se da un lato cercassimo la tanto ambita parificazione e dall’altro fossimo i primi a temerla o a rinnegarla. Sembriamo quasi schiavi della nostra condizione di rifiuto della società e questo ci porta a sospettare di ogni contatto e di ogni scambio, a chiuderci, come in un ghetto professionale od un apartheid sociale, da cui non riusciamo più a staccarci e del quale comunque non siamo i soli colpevoli. Per citare un personaggio di Tex Willer: “quando tutti ti trattano da verme, viene spontaneo comportarsi da serpente”.

Personalmente sto affrontando il pericolo professionalmente, umanamente, sentimentalmente ed economicamente peggiore della mia vita. Una sequenza di casini e fallimenti sul servizio e fuori che mi hanno portato a mandare per la prima volta un curricolo per un lavoro diverso da questo.

Quando vengono questi momenti o si cancella tutto o si fa il grande passo: il mio passo potrebbe chiamarsi “Podcast di A me le Guardie”: una sorta di radio online settimanale nella quale commentare e discutere di notizie e novità riguardo la categoria, sperando che le cose prima o poi migliorino. Forse lo farò e sarà sempre meglio che assistere a questa desertificazione. Che poi possa servire, ho i miei dubbi.

E a proposito di prime volte, questa è la prima in cui non so come chiudere un articolo.

Un pensiero riguardo “Una primavera che sa di inverno

  1. La colpa di chi? A chi giova? Le risposte sono semplici la colpa di una categoria di coglioni come noi, vigliacchi, senza coglioni e paurosi tremanti. A chi giova, semplice alla politica a cui lecchiamo il culo e dipendiamo, ossia la classe più inquisita di Italia i Sindaci

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