Fare la Guardia – di qualsiasi ordine, grado, corpo, dipendenza amministrativa – è un mestiere pericoloso. La vox populi, in particolare per i più blasonati dei Corpi, è quella del “rischiano ogni giorno la vita per noi”, “fanno un mestiere ingrato”, “sempre in mezzo ai delinquenti”, la domanda classica è “hai mai sparato a qualcuno?” come se le Forze di Polizia italiane avessero numeri da stati e contesti americani. E’ difficilissimo trovare numeri reali ed effettivi su quanti appartenenti alle Forze di Polizia sono morti, in qualsiasi modo, durante il loro servizio, ed è peraltro una ricerca abbastanza penosa perchè si scorrono nomi, date e volti – spesso giovani- di persone con cui è facile rivedere se stessi. Ancora peggio se si vuole sapere quante sono le aggressioni, gli attacchi, i ferimenti, gli incidenti, i suicidi, vista la mancanza di banche dati nazionali e l’obbligo per associazioni e sindacati di affidarsi al passaparola o alla lettura continua delle cronache per avere notizie fresche.
La prima cosa da metterci in testa quando si parla di decessi e feriti è che in Italia la licenza di uccidere esiste e si chiama patente, e che l’arma più diffusa si chiama “autovettura”. Per dire, la somma degli omicidi commessi nel decennio 2007-2017, 5645, è praticamente pari ai morti per incidente del solo 2007 (5131). Le temute “armi legalmente detenute”, per dire, hanno causato, nello stesso periodo, 285 morti, cioè il 5% del totale, ovvero la causa di morte in assoluto più bassa. L’automobile è la prima causa di decesso nella fascia d’età tra i 15 ed i 45 anni e lo è anche nelle Forze di Polizia.
Si muore in corsa, come a Ravenna nel 2017, ma si muore anche investiti: la Polizia Stradale, in questo inizio 2019, ha già perso due agenti per investimento durante attività esterna, mentre nel 2018 l’appuntato Antonio Modica, dei Carabinieri di Rovigo, era deceduto investito da un camion. Per investimento sono morti, nel 2016 e nel 2015, il comandante Mauro Dodi, della Polizia Locale di Medesano, e l’agente Sara Gambaro della Polizia Locale di Novara. Per trovare un agente di Polizia ucciso a colpi di pistola, secondo il sito cadutipolizia.it, si deve andare a Verona, nel 2005. Per i Carabinieri ricordiamo il maresciallo Mirarchi, ucciso in Sicilia nel 2016, e Giovanni Sali, a Lodi, nel 2013. Le ultime Guardie Cittadine morte per colpi d’arma da fuoco sono Francesco Bruner e Vincenzo Cinque nel 2015, a Napoli, cui aggiungiamo Valerio Verri, guardia ambientale volontaria in servizio su un’auto della Polizia Provinciale con l’agente Marco Ravaglia, rimasto gravemente ferito nella stessa occasione, ucciso nel 2017 nelle campagne del ferrarese: numeri che ci fanno capire che, se da un lato quando si spara ad una divisa non si sta certo a guardare se sia quella statale o locale, dall’altro le volte in cui ad una divisa si spara sono tutt’ora abbastanza contenute.

Parlando di automobili usate come arma non possiamo dimenticare invece Nicolò Savarino, ma anche il recentissimo caso – ieri- del comandante della Polizia Locale di Montichiari, investito da una donna in fuga, e le decine di casi in cui dei pazzi irresponsabili o dei veri delinquenti si danno alla fuga “puntando” col veicolo l’operatore, confidando nel fatto che abbia la prontezza di scansarsi.
Non è da sottovalutare, infine, il rischio di morte per incidente diverso da stradale o per conseguenza di un reato di terzi: ci vengono in mente il collega Gino Zanardini, ucciso da un masso durante un controllo dovuto al maltempo, l’agente Francesco Pischedda della Polizia di Stato, precipitato da un dirupo assieme al delinquente con cui aveva una colluttazione, o il carabiniere Emanuele Reali, investito da un treno mentre inseguiva dei ladri. Non dimentichiamo inoltre la possibile morte per esposizione a vapori di rifiuti tossici, rappresentata da Roberto Mancino e Michele Liguori, i due eroi vittime della Terra dei Fuochi.
Attenzione però che le morti sono, fortunatamente, molto poche rispetto le aggressioni. Se infatti le prime cause di decesso sono incidenti stradali e suicidi – nota molto dolente – è sulle aggressioni che abbiamo lo spaccato non solo del rischio quotidiano cui gli operatori di Polizia – tutti – sono sottoposti, ma anche della loro capacità di risolvere situazioni potenzialmente tragiche senza dover arrivare alle estreme conseguenze. l’osservatorio Sbirri Pikkiati dell’Asaps riporta numeri abbastanza inquietanti poiché se, infatti, gli esiti letali calano, sono invece in aumento di anno in anno le aggressioni fisiche: nel solo primo trimestre del 2018 queste sono state quasi 1200, contro le 1130 del 2017. 192 di questi attacchi sono stati fatti con armi, cosa che ci ricorda che se una pistola non si trova facilmente, un coltello si compra invece con 12 euro dal tabaccaio, e la diffusione è in aumento. In media si parla di 6 operatori refertati in Pronto Soccorso al giorno.

Fa riflettere inoltre il fatto che la maggior parte dei decessi e delle aggressioni avviene in contesti di servizio routinari e relativamente semplici, dal rilievo dell’incidente, al posto di controllo, all’ubriaco molesto, al parcheggiatore abusivo: meno frequenti sono invece le resistenze o le aggressioni in retate o grandi operazioni – siano esse le irruzioni, sgomberi o altri eventi – questo anche perchè l’organizzazione a monte ed il numero degli operatori coinvolti scoraggiano ogni reazione.
L’ordine pubblico ,dal canto suo, porta a numerosi feriti dovuti al fitto lancio di sassaiole o peggio sugli operatori, spesso in inferiorità numerica e costretti al mero contenimento della falange facinorosa invece che ad una reazione che porterebbe a scenari da vera guerriglia urbana: gravi conseguenze agli operatori sono fortunatamente scongiurate dall’equipaggiamento antisommossa, anche se non mancano momenti di tensione che coinvolgono operatori territoriali o di polizia locale non adeguatamente protetti.
Va ricordato inoltre il particolare lavoro della Polizia Penitenziaria, esposta ad un altissimo rischio di contatto con i detenuti nelle carceri e spesso mortificata da opinione pubblica ed associazioni con insulti e preconcetti di stampo quasi ottocentesco: tutti ricordiamo la morte dell’agente Sissi Trovato a seguito un colpo di pistola all’ospedale dell’Angelo a Venezia, ma anche le continue aggressioni ai danni degli agenti all’interno degli istituti penitenziari, in continuo aumento ed arrivati agli oltre 2000 casi del 2017 contro i 530 del 2011 (fonte).
Non possiamo infine dimenticare la Vigilanza Privata, categoria snobbata da qualsiasi statistica ed elenco, ma impegnata in prima linea sulle trincee della sicurezza. Le Guardie Giurate, in azione tutt’ora da sole, spesso in contesti di controllo e repressione una volta appannaggio delle Forze di Polizia – si pensi ai controlli di treni, stazioni, areoporti, piazze – e ad oggi pressochè uniche ad occuparsi del trasporto di denaro contante, vivono la duplice minaccia di dover vivere da un lato la reazione ai loro legittimi atti professionali e dall’altro la possibilità di essere loro stesse vittime di un attacco: Franco Dalla Corte è uno tra le tante Guardie Giurate aggredite allo scopo di procurarsi una pistola da parte di qualche delinquente. Le scorte ai furgoni blindati, dal canto loro, vivono come bersagli ambulanti di bande che, proprio perchè consapevoli di avere di fronte delle persone armate, si organizzano in veri e propri assalti con armi pesanti, utilizzo di veicoli per bloccare la strada e non di rado esplosivi per sfondare i furgoni stessi.
Per concludere la risposta alla domanda se “la Guardia è un mestiere rischioso” è SI. Assolutamente. Un mestiere rischioso e bellissimo, di qualunque “guardia” si parli. Ma è anche un mestiere complesso dove le valutazioni dei rischi e delle loro conseguenze va affrontato in maniera più complessa di quello di tanti media e politicanti che legano spesso il fattore pericolo all’immagine del poliziotto coinvolto in conflitto a fuoco o impegnato al contrasto del terrorista armato di mitra. I fattori di rischio cambiano moltissimo dalle attività, dal luogo di svolgimento, dagli strumenti con cui gli agenti sono equipaggiati.
Non si può lavorare alla sicurezza di un paese senza occuparsi in primis di quella di coloro che hanno il dovere di garantirla, ed è per questo che va cambiata totalmente l’immagine sociale degli operatori di Polizia, a partire da giacche, cravatte e bandoliere, da operatori solitari, da valutazioni meramente ideologiche su taluni strumenti, dalla formazione non continuativa, dalle differenze tra Guardie dello Stato, Cittadine e Private.