Il 2018 è terminato all’insegna della lotta delle Guardie Cittadine per il riconoscimento del loro posto e del loro concorrere nella Sicurezza Pubblica – chiamiamola pure urbana se si vuole per forza tenere qualche linea di confine – ed in particolare con la vera e propria guerra che i colleghi di Milano stanno facendo ad una giunta il cui astio verso la nostra divisa ha ormai raggiunto livelli quasi incredibili. Non bastante il sindaco che abbandona l’aula a trattative in corso dopo aver a stento soffocato imprecazioni contro i presenti, a spargere benzina sul fuoco ci si mette la sua vice e assessore alla sicurezza urbana, la quale, in un’intervista a Rai Tre se ne è uscita sostenendo che “da troppo tempo la Polizia Locale viene utilizzata per competenze non sue” tra l’altro venendo immediatamente sbugiardata dal questore di Milano che, in un messaggio alla cittadinanza, consiglia di “lasciare a casa gli spray (da autodifesa ndr) ed affidarsi per la propria sicurezza alle Forze dell’Ordine: Polizia, Carabinieri e Polizia Locale”. Non da meno la risposta del Diccap-SulPl e della UIL Polizia Locale, che, in due distinti comunicati, esortano la vide sindaco ad elencare le “competenze non loro” esercitate dalle Guardie Cittadine ed accusano la giunta a voler riportare il Corpo di Polizia di Milano allo status di 30 anni fa. Almeno non avevano il badge, mi viene da dire.
La prima risposta di A me le Guardie va ovviamente alla giunta – ma anche a tutti coloro che continuano a ragliare contro la categoria – e va al di là delle mere qualifiche di polizia, esattamente le stesse degli appartenenti alle forze statuali, cui ognuno di noi è investito. Al di là delle opinioni della Giunta, infatti, è il Ministero dell’Interno che decide cosa fare degli Agenti di Pubblica Sicurezza, perfino di quelli alle dipendenze del Comune – sul cui operato sempre lo stesso ministero vigila e coordina, ricordiamo – e la linea tracciata dalle circolari degli ultimi 5 anni è chiarissima. Dapprima è stato chiesto il potenziamento dei servizi notturni per garantire la copertura nelle 24 ore della sicurezza stradale – non delle soste o di parte del servizio di polizia stradale, di tutta la sicurezza stradale – poi è stata inserita la Polizia Locale quale protagonista dei piani di sicurezza agli eventi, infine è stato sottolineato più volte che alle Guardie Cittadine spettano in via prioritaria le competenze in materia di contrasto all’abusivismo commerciale – non

significa fare annonaria prendendo i soldini dai mercatari o andando a vedere i cartellini dei prezzi nei negozi – della citata sicurezza stradale – tutta ripetiamo – e di sicurezza urbana, con particolare riferimento allo spaccio di stupefacenti (non mero supporto ma attivo contrasto dice l’ultima circolare). A questo aggiungiamo i vari tavoli tecnici alle singole prefetture con le Guardie Cittadine impegnate nei servizi di contrasto l’emergenza furti o locali realtà ove siamo proprio noi ad avere competenza riconosciuta nella lotta ai reati predatori.
Se non si arriva da soli a capire che garantire la sicurezza stradale significa poter incontrare chiunque – in auto ci vanno tutti – che l’abusivismo commerciale porta evidentemente ad occuparsi di immigrazione, che la lotta allo spaccio significa anche rischiare rappresaglie e che tutelare donne e minori possa significare di doversi impegnare in indagini complesse, è inutile tentare di lavare la testa agli asini. Se si sostiene che chi ha determinate competenze e priorità stabilite con decreto statale sia da meno di qualsiasi altra Forza di Polizia si è semplicemente in malafede.
Se invece quello di cui parlano giunta e detrattori vari sono “o viggili” in casco e palandrana che sanzionano le soste, le cacche di cane, dirigono il traffico, fanno attraversare i bambini e vengono perculate da chiunque in ogni momento, è ahimè dovere di A me le Guardie informarli che tali macchiette esistono soltanto nella loro mente contorta e che le loro opinioni su di noi hanno la valenza concreta di quella che le barzellette hanno sui carabinieri: zero.

Il “viggile” è stato una macchietta per una manciata di anni – recenti- della nostra storia e lo è stato per una evidente volontà politica di suddividere le competenze di polizia in serie A e B, arrivando a sostenere, e qualcuno ripetere ancor oggi evidentemente, che “ci sono attività di polizia per cui non serve essere polizia”. Un discorso allucinante che non fa che ingannare il cittadino sul fatto che ogni legge come tale va rispettata e convincerlo che chi fa rispettare “determinate leggi” è meno “sbirro di altri”. Così come allucinante è pensare ad una figura di polizia che si limiti a trattare determinate violazioni – minori e quindi antipatiche alla popolazione – e che in caso si trovi ad affrontare una problematica od anche solo una reazione debba “in quanto minore” chiamare altri in suo aiuto.
Se qualcuno crede davvero che sia dignitoso per chicchessia avere il solo dovere di sanzionare l’auto in sosta, sfrattare la donna col bambino, sequestrare le rose al venditore, caricare in ambulanza la vecchietta con l’alzheimer e fare la multa al padrone del cane ignorando però il ceffo senza patente, lo stabile occupato dal gruppo di sbandati, il suck illegale di griffe contraffatte, i bagarini, gli spacciatori, il malato psichiatrico pericoloso e il soggetto alterato da alcool o droghe, questo qualcuno deve non solo rivedere la propria idea professionale ma capire che una figura di questo genere non ha proprio alcun motivo di esistere. E chi pensa di potersi occupare di tutto questo senza avere una formazione professionale completa, un’equipaggiamento all’altezza ed il riconoscimento di pari trattamento e dignità delle altre Forze di Polizia dimostra un’innata propensione al masochismo e al “si è sempre fatto così” che tanti lutti ha portato.
Chiudiamo invece con una piccola nota al SulPL, che tra l’altro a gennaio sarà ascoltato a Bruxelles – come già fatto dal CSA – e in particolare sull’affermazione di “tornare indietro di 30 anni”: il problema, a mio vedere, non è quello di pretendere o voler lasciare per strada determinate attività operative, ma ammettere che qualsiasi attività di controllo, dalla citata sosta fino agli sgomberi, agli accertamenti di residenza, alla polizia stradale e tutto ciò che è la nostra attività prioritaria o quella di altre forze o reparti, è semplicemente ATTIVITA’ DI POLIZIA e che non esistono ambiti o interventi più o meno importanti o più o meno di polizia. Le “polizie” possono essere tante ed ognuna avere la propria specialità ed il proprio nome, ma LA POLIZIA è una sola. Anzi, è giudiziaria, di sicurezza o stradale. Ed è compito di tutti, indistintamente. Questo è il concetto che dobbiamo fare entrare nella cultura degli italiani, dei giornalisti e dei politici.
A proposito, occhio allo slogan che “Chi ha nel nome polizia non può avere un contratto privato”, che qui fan prima a cambiarci il nome che darci un riconoscimento. Io cambierei in “Chi svolge attività di polizia non può avere un contratto privato”. Buona fortuna a tutti noi.