Qualcosa si è spezzato nelle Guardie Cittadine. Siamo incazzate, stanche e deluse. Ci sentiamo tradite e derise non più solo da politica, società e media, ma anche tra di noi, più che mai. Con il Decreto Sicurezza, di cui a breve vedremo il testo definitivo, si è spenta la nostra voglia di Riforma, ma soprattutto la nostra fiducia in noi. Vogliamo fuggire. Vogliamo sparire. Si è tornato a parlare, nei gruppi di categoria, di abolizione. Si è tornato a parlare di “tornare ai vigili”. Si è tornato a parlare di “mobilità in altri settori”. Questo da parte anche di colleghi storici, di veri esempi o quantomeno nomi famosi per molti. Quel governo al quale ci siamo aggrappati si è dimostrato uguale se non peggiore a chi lo ha preceduto, ed il tragico risultato è la morte della categoria. Una morte che stiamo vivendo anche nei singoli comandi, ma che viene completata dal vilipendio del nostro corpo sui giornali, sulle televisioni, su tutti quei media che continuano ad allinearci alle “multe” e alla “cassa”, un corpo martoriato dai sindaci che anche dopo la morte continuano a farne quel che vogliono, oltraggiato da quel Ministro sul quale avevamo riposto ogni speranza che a Napoli sottolinea “l’assunzione di 100 vigili urbani precari”. Vigili, non poliziotti locali. Precari, perchè le Polizie, vere, non hanno precari.

A me le Guardie, dopotutto, non è mai stato un solo omaggio a Terry Pratchett e al suo omonimo libro. E’ stato, soprattutto da quando diventato A me le Guardie…Cittadine, un rifiutare determinate etichette date dalla società alla categoria. Rifiutare quella di “Vigili Urbani” e, attenzione, non perchè coloro che lo furono non siano degni di stima o non rappresentino una storia di cui essere orgogliosi, ma per l’accezione negativa, offensiva, denigratoria che quel termine ha assunto dopo la legge 65/86: un significato farsesco, di figure picaresche, frustrati in divisa, raccomandati ed incapaci, flebili multaroli comunali, del tutto inadatti a salvaguardare la sicurezza di chicchessia ed interessati solo alla gabella per il sindaco ed alla leggendaria percentuale sulle odiate multe. Ma è stato anche un rifiutare l’etichetta di “Agenti di Polizia Locale” pur di non dire “Poliziotti Locali” o di “locali” prima e “poliziotti” poi. Un’etichetta sicuramente importante, ma da molti, troppi, vista come sinonimo di “ripiego” per coloro che non hanno trovato uno sbocco nella “Polizia e basta…quella vera”, come tentativo di “imitazione” da parte dei comuni delle Forze di Polizia statali, come “scatto di orgoglio” di quelli che, comunque, rimangono “i vigili urbani”, con l’accezione negativa di cui sopra nascosta dietro il termine “polizia” visto quasi come scippato a chi polizia lo è di Stato.

Guardie Cittadine è soprattutto un voler dare da zero, dalle origini storiche della figura, un significato al nostro lavoro. Lo abbiamo fatto con tanti articoli di opinione e, soprattutto, con la rubrica Revolution, ed ora con la pagina facebook e le Storie di Guardie. Rifiutare ciò che sono stati fatti diventare i Vigili ed ammettere i fallimenti di comunicazione effettuati come Polizia Locale, rinascere Guardie, con questo nome antico, come contraddizione per evidenziare che siamo invece poliziotti moderni, chiamarci Guardie, per non rischiare di sentirci dire da qualcuno di non meritare nemmeno di essere definiti “sbirri”. Ed A me le Guardie non vuole arrendersi, non vuole morire, vuole risorgere e far risorgere chi si riconosce nel nostro pegaso e nel nostro lavoro, come fenici che rinascono dalle ceneri.

La prima opzione, che preferiamo, nel ragionare di un futuro per le Guardie Cittadine, è proprio nell’ottica di essere riforgiati, e ne abbiamo già parlato una volta, commentando un servizio sugli sgomberi. E’ una volontà che dipende quasi del tutto da noi appartenenti e dal coraggio dei nostri comandanti. Rivendicare quello che per legge ci viene demandato, dal degrado sociale alla sicurezza urbana passando per quella stradale, per i TSO e per il commercio. E’ la volontà di lavorare e ragionare nell’ottica di reparti come il GSSU di Roma o l’Autoreparto di Genova o l’Infortunistica di Bologna o gli altri protagonisti della rubrica. Voler eccellere nel nostro, voler essere noi. Smettere di dipendere da Questure e Carabinieri per arresti pericolosi o situazioni borderline, crearci i nostri reparti e la nostra formazione per quegli interventi che da sempre sono demandati a noi e che troppo spesso “quando il gioco si fa duro” portiamo a termine con supporto altrui. Dall’incidente mortale al documento falso, all’immigrato irregolare che vende borse contraffatte, passiamo per il piccolo spacciatore e finiamo col malato psichiatrico pericoloso, riconquistiamo queste competenze e teniamocele strette, rifiutando di condividerle o peggio di rimbalzarle a chicchessia. Torniamo Guardie Cittadine indipendenti e combattiamo per lavorare 24 ore, così da non dover dividere con nessuno ciò che è il nostro lavoro. Le tutele? Arriveranno quando le conquisteremo col nostro lavoro e la nostra costante presenza.
La seconda possibilità è la peggiore: completare la nostra resa. Restare quel che siamo. Dire a chi non ne può più di cambiare lavoro, tentare di convincere i colleghi giovani alle mobilità intercompartimentali, gli aspiranti a non partecipare ai nostri concorsi, i precari a trovare un lavoro diverso invece di correre da un contratto all’altro. Spegnere le nostre rivendicazioni e lottare, ognuno nel proprio comune, per rendere i frutti del proprio orticello quantomeno mangiabili. far diventare le già poche realtà d’elite delle vere e proprie mosche bianche. Un po’ una soluzione alla “Se questo è un Uomo”, combattere per sopravvivere in quello che siamo, senza migliorare, e condannare la Polizia Locale a diventare davvero un collegio di arrabbiati, frustrati e mai appagati dipendenti comunali in perenne contrasto col cittadino ed aggrappati ad ogni scusa per ottenere un permesso per malattia, un minimo aumento salariale al 27 del mese, un po’ di carico di lavoro in meno, quanto meno rogne possibili.

Possiamo, infine, lottare per essere aboliti. E’ una parola da poco tornata molto in auge. Molti colleghi ne parlano. Abolire la Polizia Locale. Mai più, Guardie Cittadine. Come Peter Parker che abbandona nei rifiuti il costume di Spiderman. Combattere per essere cancellati, riformare la lotta sindacale con questo obiettivo. In ufficio, dietro a varchi, a schermi e a scrivanie chi volesse restare dipendente comunale, ad affrontare prove di selezioni, di nuovo, quasi umiliato, pregando di venire accettato, chi volesse passare nelle Forze di Polizia vere. Quando un Cristiano si convertiva all’Islam e diventava un armigero turco, in Europa veniva chiamato Rinnegato. Noi si è così spezzati da voler chiedere di essere questo. Di riconsegnare le armi, magari tra una doppia fila di statali a controllarci, ai comuni, per la rivendita. Di macerare le divise e sciogliere i leasing delle autopattuglie. Test, visite mediche, magari psicologiche, per chiedere di essere ammessi a fare quello che già è il nostro lavoro. Molti colleghi chiedono questo. Lo chiedono proprio per distinguersi da quei colleghi che per primi sostengono di disprezzare, magari pensando così di farsi accettare più facilmente tra i poliziotti veri, statali, cercandone fin d’ora l’approvazione nel differenziarsi dalla massa dei “vigili urbani”. Sarebbe la vittoria della mortificazione del nostro essere. Sarebbe la morte, definitiva delle Guardie Cittadine. Il tutto illudendosi che ci darebbero l’opportunità di diventare altro, cosa che personalmente dubito molto.
Cerchiamo almeno, e lo chiedo con le lacrime agli occhi, di decidere quale di queste tre opzioni- altre non ne vedo – chiedere ad una voce tutti. Possiamo lottare, scioperare, paralizzare le città, bloccare gli introiti dei comuni con un semplice sciopero bianco, possiamo di tutto, uniti siamo una potenza, ed è per questo che da sempre tentano di tenerci divisi. Uniamoci almeno per sopravvivere in questo momento di distruzione della nostra figura. Come Will Smith, alla ricerca della felicità, decidiamo come trovarla. Decidiamo cosa essere, scegliamo di restare, per sempre, le GUARDIE CITTADINE.

Negli orecchi il frsstuono della battaglia appena terminata.
Il fumo si alza lento.
La storia viene scritta dai corragiosi che essendo tali sono in grado di compiere atti eroi.
Non hanno super poteri. Sono uomini normali che credono per cio che combattono.
Fino alla fine.
È il momento di tenere la posizione.
Valo, non è il momento di arretrare.
Di avere dubbi, di formulare quesiti o proposte. È il momento di continuare a picchiare duro sul nostro credo.
Oggi la Polizia Locale Italiana ha preso coscienza del suo ruolo, delle sue capacità, del valore dei suoi uomini.
Facciamo paura. Ma non alla gente.
Diamo fastidio ai politici locali che fanno fatica a controllarci.
Diamo fadtidio ai vertici dell arma dei Carabinieri costretti, mei piccoli centri, a scimmiottarci con le riunioni alle case di riposo e al bar sport per parlare di come difendersi dai furti.
Diamo fadtidio alla polizia di stato in quanto abbiamo surclassato la stradale e non solo.
Diamo fastidio ai vertici di queste istituzioni non ai ragazzi fuori ogni giorno di pattuglia.
Non abbiamo alcun potere politico e tutto quello che abbiamo ottenuto è stato grazie a noi. Uomini della locale che lottano per divincolarsi dalla morsa di chi vuole sottomessi e derisi.
È vero siamo divisi. E questo è un grosso handicap che bisogna annullare.
Ma vedo gia nelle nuove generazioni un modo di fare e di pensare diverso che fa ben sperare.
Teniamo la posizione.
Facciamo da esempio.
Cerchiamo l unità e i risultati arriveranno.
Le geandi imprese sono fatte da chi lotta per esse.
Nulla è regalato. Il disimpegno non paga.
L attesa che altri facciano è da codardi in divisa.
Gian Luca Cavallari
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sante parole di speranza, sono stanco e vorrei cambiare. Dietro il mio scudo, difendo il mio compagno alla mia sinistra, sono dentro la falange ho paura, inizio a cedere ………. quello che ci manca è l’unità questo è il vero disastro
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Una sferzata. Necessaria.
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