La crescita professionale non è fatta solo di cambi di nome, di divise, di ampliamento o meno delle possibilità operative, quanto dalla capacità di adattare il proprio servizio alle esigenze di una società in continuo mutamento. Al di là delle qualifiche e delle competenze, un organo di polizia degno di tal nome deve soprattutto godere della possibilità di essere indipendente nella sua attività quotidiana. Questo significa, ad esempio, in un contesto di veloce diffusione di sempre più numerose persone la cui identità non è immediatamente verificabile, essere dotati del sistema necessario a fotosegnalare un fermato e dei collegamenti con i database interforze per riuscire da foto ed impronte a dargli un nome e verificarne un eventuale passato delinquenziale od un qualche provvedimento in atto, non ultimo un ordine di cattura. Significa anche avere gli strumenti, le conoscenze e le informazioni giuste per riconoscere se una persona sta tentando di spacciarci per vero un documento falso o modificato e, non ultimo, essere in grado di muoversi all’interno di una scena del crimine senza inquinare l’ambiente e raccogliendo quante più fonti di prova possibili.

Le prime unità “scientifiche” delle Polizie Locali nascono, negli anni ’90, proprio per questo motivo: vista la mole di controlli, di fermati e di documenti che passavano per le mani e gli uffici dei comandi – ma anche dei comuni, si pensi agli uffici anagrafe che sulla base di documenti presentati ne rilasciano di originali e validi – era necessario che le Guardie Cittadine fossero in grado di procedere autonomamente a controlli approfonditi sul materiale, e da questa necessità sono nati i primi pionieri del controllo documentale, armati di lente d’ingrandimento e lampadine ad UV, in contatto telefonico con le autorità dei paesi di cui controllavano patenti e carte di identità. Da quelle origini sono nate le moderne sezioni dotate di strumentazioni digitali e collegamenti in tempo reale con reti di uomini di legge di tutta Europa ed oltre, spinti da una passione che ha portato le Guardie Cittadine di molte grandi città – Milano, Venezia, Bologna Verona per fare degli esempi – a dotarsi di uffici falsi documentali apprezzati e sfruttati anche dalle Forze di Polizia nazionali, con professionisti diventati punti di riferimento a livello internazionale, in grado di tenere conferenze, in veste di insegnanti, ad agenti italiani ed esteri.

Dalle poche ricerche che abbiamo potuto svolgere, uno dei primi comandi di Guardie Cittadine a dotarsi di un sistema di fotosegnalamento sembra essere stato Treviso: fin dal 1994, infatti, il capoluogo veneto è dotato dell’apparecchio atto non solo alla mera fotografia del soggetto, ma anche alla raccolta delle impronte digitali ed alla catalogazione di segni particolari e di riconoscimento che permettono di risalire all’identità della persona che se tra un controllo e l’altro dovesse modificare anche in modo significativo il suo aspetto. Negli anni 2000 si è assistito all’esplosione di questo servizio, diffusosi a Milano, a Venezia, a Bologna, a Torino, a Padova, Firenze, a Verona fino ai più recenti Monza, Pisa ed altri ancora. Dal “rullo” ad inchiostro e le impronte su carta si è passati a sistemi digitalizzati in costante contatto interforze con scambio immediato delle informazioni alle sezioni scientifiche della Questura, così da poter immediatamente ricollegare la persona fotosegnalata allo storico dei controlli su di essa e, non di rado, ad eventuali controlli in cui aveva dato un nome diverso, il comunemente detto “alias”. Una volta ricondotte le impronte alla persona è possibile sapere se su di essa pendono ordini di cattura, ricerche o provvedimenti particolari e quindi notificarli o metterli in pratica. Un utilizzo “diverso” del fotosegnalamento è quello di fare un primo “censimento” dei migranti al loro arrivo, spesso nei centri di prima accoglienza, ma non succede di rado che soprattutto giovani e giovanissimi, giunti via terra in Italia dopo estenuanti viaggi in camion, si trovino sperduti per le strade e, raggiunti dalle Guardie Cittadine – a Bologna per precise indicazioni i minori non accompagnati si portano alla Polizia Locale – ricevano un primo controllo proprio negli uffici di fotosegnalamento dei comandi per poi essere posti in strutture protette: si può dire che i dati declinati dalla persona e le sue caratteristiche risultate dall’operazione siano il loro battesimo in terra italiana.

Il problema dei furti in appartamento e non, infine, ha costretto le Guardie Cittadine a rilevare le impronte e le tracce non solo nella situazione relativamente tranquilla – dipende dallo stato del fermato – dell’ufficio fotosegnalamento, ma anche direttamente sulla scena del crimine. Difficilmente infatti le forze dello Stato hanno modo di inviare un’unità scientifica in caso di violazioni di domicilio con bottino scarso o assente, mentre le Polizie Locali, quando dotate della strumentazione, sono in grado di portare sul posto una pattuglia e tentare di ricavare tracce lasciate dai ladri. Il loro utilizzo, ovviamente relativo nel momento immediatamente successivo la fuga dei malfattori, diventa fondamentale quando, inserite le impronte digitali nel database interforze, esse potranno essere ricollegate e comparate con quelle di soggetti fermati su altri furti o altri reati, in modo che, in caso di riscontro positivo, si potrà dimostrare la presenza di quella persona sul luogo di quel furto o tentato tale, ed aggiungerlo alla lista dei reati ad essa contestati in occasione dell’arresto, anche avvenisse a distanza di anni o dall’altra parte del paese rispetto il luogo del rilievo. Impronte, capelli e tracce ematiche, inoltre, possono essere repertate sul luogo di incidenti stradali gravi o mortali ed essere utilizzate per ricostruire la dinamica dei fatti o la posizione di una persona su una superficie di qualsiasi genere, veicoli compresi.

Guardie Cittadine sempre più moderne e tecnologiche, capaci di ricostruire scenari partendo da pochissimi elementi o di gestirsi in proprio complesse attività di indagine, sfruttando appieno le piene qualifiche di polizia che l’ordinamento garantisce loro da oltre 30 anni. L’evoluzione di una figura professionale passata attraverso i millenni e che oggi cerca di ricevere il giusto riconoscimento e ritorno dalle capacità indiscusse messe in campo e dall’alto livello professionale quotidianamente mostrato dai suoi agenti. Guardie cittadine ovunque, dalle strisce pedonali fuori le scuole fino i magazzini occupati da spacciatori e sbandati, passando per gli scenari di incidenti mortali, per la tutela delle donne e dei minori, per la viabilità ordinaria, per la Sicurezza Urbana, per, come abbiamo visto in queste righe, i reparti di Polizia Scientifica.
Un pensiero riguardo “A me le Impronte: le sezioni scientifiche delle Guardie Cittadine”