Nel maggio del 1978, col decreto 180 c.d. Basaglia, venivano chiusi i manicomi e si stabiliva quindi che un malato psichiatrico non dovesse essere, per la sola malattia, recluso e spesso trattato alla stregua o peggio di un delinquente. La successiva legge 833 stabilì che solo nel caso il malato psichiatrico fosse un pericolo per sé od altri potesse essere adottata una misura coercitiva temporanea nei suoi confronti, con ordinanza del Sindaco – quale responsabile della sicurezza sanitaria locale – emessa dopo la richiesta di due medici di cui uno psichiatra: era nato il Trattamento Sanitario Obbligatorio, la cui esecuzione in sicurezza – per il malato, i sanitari e gli astanti – è ben presto diventata una competenza quasi esclusiva della Polizia Locale, oltre a rivelarsi uno degli interventi più complessi e difficili da gestire, proprio perchè operato non su un delinquente, ma su un malato, particolarmente tutelato e soprattutto incapace – al contrario di un criminale- di mettere un freno ad eventuali scatti di violenza o comportamenti auto od etero lesionisti.
A Genova esiste un particolare reparto di Guardie Cittadine altamente specializzato in questo ed altri interventi, ma che per complessità di casi trattati, continuatività e complessità della formazione nonché qualità degli strumenti è spesso salito agli altari della cronaca ed è protagonista di questo nuovo capitolo della (R)evolution: parliamo dell’Autoreparto di Genova.
Nato come reparto motociclistico con competenza prioritaria in sicurezza stradale e supporto ai colleghi dei nuclei territoriali quando in difficoltà, l’Autoreparto, 35 unità con in previsione l’aumento a 50, si è specializzato nella gestione dei circa 450 TSO annui del solo capoluogo ligure, per la maggior parte verso persone note afflitte da intossicazioni croniche da sostanze stupefacenti o da patologie mentali pregresse. La formazione, particolarmente importante in questo tipo di intervento dove ricordiamo si parla di contenere una persona che non ha commesso alcun reato e sulla quale si agisce per il suo bene, viene effettuata in concerto a psichiatri del reparto Salute Mentale ed a formatori di tecniche operative in modo da dare agli agenti abilità dialettiche e pratiche tali da ridurre al minimo gli interventi invasivi. Largo spazio viene data alla preparazione fisica, con continui re training seguiti da maestri di arti marziali.
Lo stemma del reparto.
“La procedura dei tso a Genova viene effettuata in accordo con La procura della Repubblica in modo da ottimizzare i tempi” ci spiega un veterano del reparto “per ottimizzate i tempi alla pattuglia chiamata ad intervenire, oltre alla proposta del tso fatta dal medico, viene fornito un modulo chiamato stato di necessità che permette di agire anticipando la procedura burocratica” applicando sostanzialmente la più snella normativa dell’ASO- Accertamento Sanitario Obbligatorio “dopodiché” continua il collega “una volta portato il paziente in ospedale un altro medico convalida il tso…tutto viene inviato agli uffici preposti per la firma del sindaco e il sucessivo invio al giudice tutelare che valutate le procedure conferma il trattamento”.
Abbiano il cuoio, recita il motto del reparto in riferimento gli stivali usati dagli appartenenti: un elemento estremamente importante per permettere la gestione di una persona capace di improvvisi attacchi di violenza e potenzialmente armata – quantomeno di armi da taglio – quali un soggetto psichiatrico è infatti l’equipaggiamento: il TSO non è intervento da
Un operatore del reparto indossa i DPI previsti per i TSO
farsi in divisa ordinaria o scarpe da ufficio, ma bensì un momento operativo particolarmente difficile. L’equipaggiamento degli uomini dell’Autoreparto inizia con gli stivali da motociclista, resistenti, affidabili ed in grado di proteggere la gamba fino al ginocchio da urti, abrasioni e liquidi, viene completato da caschi integrali, da guanti e giubbini imbottiti ed antitaglio. In dotazione vi è inoltre un particolare cuscino studiato anni fa e composto da kevlar e antiproiettile rigido, delle dimensioni di uno scudo, ma imbottito in modo da non fare del male e permettere di bloccare il soggetto e salvaguardare intanto l’operatore da pugni e colpi con oggetti contundenti o acuminati da parte del paziente. Completano la dotazione spray anti aggressione e manette.
Per garantire la sicurezza del medico e degli operatori sanitari, inoltre, un agente accompagna il paziente in ambulanza fino alla presa in carico dal personale del reparto di psichiatria, mentre il secondo segue il mezzo sanitario a sirene spiegate a bordo dell’auto di servizio, pronto a fermarsi e scendere per dare man forte al collega a bordo in caso di emergenza. Spesso è presente una seconda pattuglia che apre strada all’ambulanza in modo da ottimizzare i tempi di raggiungimento dell’ospedale.
Operatori dell’Autoreparto usano un’autoscala per raggiungere un soggetto barricato in casa.
“Sovente capita di intervenire si apre strada sia in abitazione ove soggetti armati o con intenzioni suicide rischiano di fare male a se stessi e agli altri” ci racconta un appartenente al nucleo “Ma grazie alla nostra preparazione riusciamo a risolvere anche oralmente la situazione..Alle volte però dobbiamo usare la forza e grazie alle attrezzature azzeriamo i danni anche nei confronti dei pazienti.” conclude.
L’equipaggiamento di eccezione fornito all’autoreparto fa sì che in particolare nei casi di soggetti potenzialmente pericolosi le altre Forze di Polizia chiedano l’intervento delle Guardie Cittadine in modo da poter avere del personale, oltre che specializzato, anche equipaggiato in maniera da ridurre il rischio di fare e farsi del male.
“Una sera interveniamo su richiesta in stabile ove ragazzo sui 30 anni si era barricato in casa armato con la polizia di stato ed i vigili del fuoco sul posto.” ci racconta un altro collega “Al nostro arrivo sembrava di essere in un girone infernale: gente in panico, strada chiusa polizia ovunque e cuscino gonfiabile sotto finestre…parliamo con medico e familiari oltre al responsabile della p.s. decidendo per l’azione coercitiva: ci si veste, ci si prepara e si va.Si prova a trattare col soggetto e ad aprire la porta ma ha il chiavistello e su riesce solo a parlare al soggetto che più volte col coltello prova a farci del male. Si usa spray urticante per allontanarlo dall’uscio e si butta giù la porta ..il soggetto al buio ci aggredisce lo si disarma e lo si blocca a terra...” sembra tutto finito quando, continua il racconto “due pitbul escono dalla Camera e vengono da noi…per fortuna arriva un familiare che acchiappa i cani e ce li porta via….la persona bloccata in ogni modo viene portata via da noi e la gente, che prima ci decideva ed ironizzava ci applaude e quando il tipo incomincia di nuovo a scalciare ed a urlare riusciamo a metterlo in ambulanza e a portarlo al pronto soccorso ove viene ricoverato in tso ma prima si accerta che era sotto stupefacenti e alcol...l’operazione non ha fatto feriti ne tra noi ne al paziente e la soddisfazione e stata vedere la polizia di stato attonita per la nostra professionalità.”
Il contenimento di un soggetto psichiatrico: da notare la barella pronta per caricarlo.
Con questo racconto termina il nostro viaggio alla scoperta di una delle attività più pericolose e professionalizzanti in assoluto tra le varie competenze delle Guardie Cittadine. L’approccio al problema mostrato dai colleghi dell’Autoreparto di Genova deve essere uno sprone per tutti quei comandi che affrontano tali interventi con approssimazione ed improvvisazione, quasi stessero andando a notificare un atto ad una persona sana, nel pieno controllo di se e senza equipaggiarsi per eventuali scoppi di violenza o di rabbia. La gran parte dei TSO avviene su soggetti malati, in contesti operativi ostili quali appartamenti privati – dove è facile reperire oggetti con cui ostacolare gli agenti ed armi da taglio – e contro persone incapaci di capire quando cessare la resistenza. I tragici epiloghi di alcuni casi – ricordiamo Padova, dove un carabiniere è stato costretto a sparare su un paziente per salvare la vita al proprio collega, Torino, dove un paziente è deceduto in seguito l’arrivo in ospedale per complicanze respiratorie durante il trasporto in ambulanza o proprio Genova, dove un operatore della Polizia di Stato ha perso la vita, colpito da una coltellata dal soggetto – ci obbligano a capire che per gestire determinati interventi occorre un salto di qualità globale del concetto di Guardie Cittadine e la piena consapevolezza da parte di ogni operatore dei doveri, dei rischi e delle tecniche necessarie per agire su una persona che non è un criminale e sulla quale si interviene in primis per il suo bene e soggetto purtroppo ad evoluzioni, anche imprevedibili, che possono comprometterne la vita. Per questo, oltre alla preparazione degli operatori, è importante pretendere chiare linee guida per porre in essere questo tipo di interventi, in modo da tutelare gli agenti ed il personale sanitario non solo a livello fisico, ma anche giuridico e tecnico.
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