
In questa pessima giornata di pensieri negativi, che forse saranno oggetto di un prossimo articolo, voglio invece condividere alcuni momenti molto belli successi negli ultimi giorni. L’altroieri mi trovavo in servizio in una piazza quando una scolaresca è apparsa da dietro un angolo e i bambini, ad occhio tra i 6 e gli 8 anni, si sono metti tutti eccitati a gesticolare ed indicare me e la collega urlando “guardate c’è la polizia”-“ciao polizia”. Un paio d’ore dopo, rientrando – a piedi – in comando, sono andato quasi a sbattere su un ragazzino delle medie, che dopo essersi scusato, ho sentito distintamente dire agli amici “il poliziotto mi ha messo soggezione, me lo son trovato davanti”. Stasera, a seguito una passeggiata, sono entrato nella solita gelateria e la ragazza dietro il bancone – 23/25 anni- mi fa “ma te sei un poliziotto vero? Ti ho visto ieri qui al mercato”. Quando ho precisato “si, della polizia locale” lei ha ribattuto “e quindi? Sempre polizia sei” pensando precisassi per via della rivalità tra forze e senza capire cosa vi fosse di così strano nel sentirmi definire quel che appunto è scritto sulle divise, sulle auto, sugli atti.

Già perchè mentre noi Guardie Cittadine litighiamo perfino sul definirci “polizia” o “vigili”, tra l’altro con la pessima tendenza di dividere le due parole in altrettante fazioni, ci stiamo dimenticando che esiste ormai una generazione e più per la quale noi siamo la Polizia. Perché “polizia” era scritto sulle schiene di quelli che gli fanno – o facevano – attraversare la strada. “Polizia” è scritto sulle auto di quelli che gli vanno a scuola a fare educazione stradale, così come sui cani che svolgono i controlli antidroga nei parchi e nelle aule, e sempre “polizia” sono intestati i primi verbali per delle bravate fatte in moto o altro. “Polizia” infine è ripetuto in ogni mezzo, biciclette comprese, che vedono girare per le città. E questi bambini e ragazzi sanno anche che questa “polizia”, per quanto “municipale” significa che da noi devono aspettarsi tutto – in positivo e non – ciò che aspettano anche da chi ha scritto “carabinieri” e “polizia e basta”, con la differenza che mentre noi ci siamo alle scuole ed a fare educazione stradale loro spesso ci sono solo per reprimere.

Alcuni di questi nati e vissuti senza la parola “Vigile Urbano” e con la consapevolezza che la “Polizia Municipale” ha tutti i poteri di chiunque porti tale scritta addosso, stanno ora facendo i nostri concorsi ed in diversi sono già colleghi. Hanno dai 20 ai 30 anni e scelgono la Polizia Locale anche potendo concorrere, senza dover più fare il servizio militare, nelle forze statali.

E noi, noi che ci siamo già, come gli accogliamo? Con post in cui ci massacriamo a vicenda? Con demotivazionale fatto di “hai concorso per fare il vigile, non hai le tutele” e altre amenità? Eppure si è visto di recente in almeno due casi come un’informata di “carne fresca” ha modificato radicalmente l’immagine e le attività della Polizia Locale anche gli occhi di chi ancora, sbagliando, ci chiama “Vigili Urbani”. Con buona pace di quelli che, all’interno, si sono attaccati a quel termine come cozze allo scoglio per usarlo come scusa per “non fare” determinate attività che fanno parte dei nostri doveri, peraltro insultando l’onore di quel nome lo ha portato con orgoglio e con fierezza per decenni e lamentando l’assenza di fantomatiche tutele che abbiamo davvero molti dubbi a pensare che, una volta ottenute, gli farebbero cambiare questo atteggiamento vergognoso.
E allora, care Guardie, rendetevi conto, che vi preferiate chiamare vigili o poliziotti, che saranno sempre meno a considerarvi i primi e sempre più a vedervi i secondi, in un normale ricambio generazionale basato non sui vostri piagnistei e nemmeno sull’odio dei social o le idiozie mediatiche, ma semplicemente su quello che vedono quotidianamente.

Quindi carissimi spetta solo ad ognuno di noi fare in modo che la polizia “locale” sia vista come qualcosa di positivo e non come una succursale della Banda Bassotti o una rievocazione degli sgherri dello sceriffo di Nottingham. Abbiamo una responsabilità non da poco non solo verso noi stessi, ma verso tutti i ragazzi che vediamo crescere e, non ultimi, quelli che scelgono di indossare la nostra divisa. Che non è quella degli ausiliari alle soste,ma quella della Polizia Locale, formata da operatori di polizia con piene qualifihe di polizia giudiziaria, pubblica sicurezza e polizia stradale, con tutti i doveri e le responsabilità – soprattutto morali – nonchè le pretese – tecniche, professionali e personali – che tali qualifiche si portano dietro.

Chi pensa gli pesino, indipendentemente dall’attività principale cui è dedito in servizio – abbiamo talmente tante specificità da poter davvero ognuno poter fare quello che vuole – dovrebbe valutare l’ipotesi di lasciare la divisa, in particolar modo se attualmente la porta ornata di stelle, greche, corone o torri magari ritenendole solo orpelli ridicoli o tesserine del domino.