Articolo inviato ad A me le Guardie da un collega con il quale ci ritroviamo quasi completamente. La speranza è che la nuova legislatura- sulla carta basata su due correnti politiche che hanno inserito la riforma della Polizia Locale tra i loro obiettivi – possa non osiamo pensare “prendere esempio” da questo scritto, ma quantomeno rispettare le promesse fatte e darci la nostra giusta dignità: di Guardie Cittadine, ovviamente, non di succursali o peggio sottoinsiemi delle forze di polizia statali.
“Il cambiamento è letteralmente l’unica costante di tutta la scienza. L’energia e la materia cambiano continuamente, si trasformano, si fondono, crescono, muoiono.
E’ il fatto che le persone cerchino di non cambiare ad essere innaturale: il modo in cui ci aggrappiamo alle cose come erano invece di lasciarle essere ciò che sono, il modo in cui ci aggrappiamo ai vecchi ricordi invece di farcene dei nuovi, il modo in cui insistiamo nel credere, malgrado tutte le indicazioni scientifiche, che nella vita tutto sia per sempre.
Il cambiamento è costante.
Come viviamo il cambiamento, questo dipende da noi”.
Vorrei dedicare questa citazione, tratta da una famosa serie televisiva, alla Polizia Locale italiana, perché a mio avviso rappresenta la perfetta sintesi dell’attuale situazione degli oltre 60 mila operatori che ne fanno parte.
Un corpo, la Polizia Locale, che più di ogni altro ha fatto passi da gigante negli ultimi 30 anni, che hanno visto dapprima un cambio di denominazione (da vigili urbani a Polizia Municipale, fino alla moderna Polizia Locale) poi la nascita di nuclei specialistici per il contrasto alla criminalità, infine la creazione di sezioni di Polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica sparse sul territorio nazionale, e addirittura dei primi piccoli gabinetti di polizia scientifica per la realizzazione di delicate analisi scientifiche e rilievi tecnici.
Una storia di cui andare fieri, che dovrebbe rappresentare – oggi più che mai – uno stimolo verso il cambiamento, quel cambiamento di cui si parlava in apertura di articolo, che nessuno può arrestare perché è illusorio pensare che nella vita “tutto sia per sempre”, compresa la figura del “vigile urbano”, tanto cara ad alcuni amministratori pubblici particolarmente restii ad un doveroso processo di modernizzazione.
Ma (come in ogni bella storia, purtroppo, c’è un “ma”) le moderne conquiste non sono bastate ad elevare i diligenti e volenterosi uomini della Locale al rango di “veri” poliziotti, agli occhi delle istituzioni e dell’opinione pubblica, non certo per incapacità degli operatori né per l’assenza delle qualifiche giuridiche che a tutti gli effetti equiparano la Polizia Locale a quelle statali, bensì per l’ignavia della politica nostrana nell’accogliere il cambiamento e nel guidarlo nella direzione opportuna, facendosi portavoce della naturale evoluzione della categoria.
Alcuni politici nostrani – arroccati in antistoriche posizioni di esclusività della competenza statale in materia di pubblica sicurezza, derivanti da una parziale lettura dell’art. 117 Cost. e contraddette nei fatti da una crescente carenza di uomini e mezzi – sembrano comportarsi come quelle signore, non più giovanissime, che si imbellettano, si truccano, si fanno lifting di ogni genere perché non si riconoscono più allo specchio, troppo preoccupate di voler assomigliare alle figlie adolescenti per rendersi conto che il tempo non si ferma con una spolverata di makeup.
Ma – viene da chiedersi – perché, per una volta, non ci si può sforzare di guardare al di là del proprio campo visuale, e non ci si decide ad anticipare i tempi (o meglio ad adeguarsi ad essi), guidando un percorso di cambiamento di cui i primi beneficiari sarebbero proprio i cittadini e le istituzioni democratiche di cui ci si proclama tutti strenui difensori?

Non dispongo delle conoscenze necessarie per dare risposta a tale quesito, né pretendo di arrogarmi il monopolio di decidere cosa sia giusto o meno fare, ma ritengo che un’efficace riforma della Polizia Locale, a beneficio di tutti i cittadini da Nord a Sud, debba necessariamente prevedere:
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Accorpamento delle Polizie Locali ad un livello di governo superiore -regionale o più failmente provinciale/metropolitano: è evidente che il primo passo da compiersi sarebbe proprio quello di rendere uniforme il servizio offerto dalla Polizia Locale, ed è altresì evidente che finchè i corpi/servizi dipenderanno dalle politiche del singolo comune questa uniformità non sarà mai raggiunta, proprio a causa delle profonde differenze economiche, sociali e demografiche che si riscontrano anche tra comuni limitrofi: inutile nascondersi dietro un dito, il vero motivo per cui le forze statali da sempre resistono ad una parificazione della Polizia Locale a loro non è tanto nelle competenze – anche se ci tengono a rimarcare che ciò che facciamo è “secondario” rispetto la loro mission principale – quanto nel fatto che la nostra copertura è frammentaria e solo raramente copre l’arco delle 24 ore e dei 365 giorni annui.
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Attribuzione alla Polizia Locale di funzioni ausiliarie in materia di ordine pubblico mediante partecipazione dei comandi provinciali di PL ai servizi di ordine pubblico alle dirette dipendenze del Funzionario di PS delegato, creazione di unità di pronto intervento della Polizia Locale analoghe a quelle della PdS (Squadra Volante) e CC (Nucleo Radiomobile) e inserimento di queste unità nel sistema del NUE 112, in particolare negli interventi da sempre appannaggio della Polizia Locale- infortunistica, TSO, disturbi della quiete pubblica– ma anche per altre incombenze e necessità legate alla sicurezza pubblica.
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Inserimento della Polizia Locale nella L. 121/1981 quale Forza di Polizia ad ordinamento locale, con conseguente accesso alle banche dati ministeriali e riconoscimento della medesima dignità delle altre Forze di Polizia dello Stato con adeguamento contrattuale di tipo pubbliistico;
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Comandante provinciale della Polizia Locale quale componente ordinario del Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica;
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Procedure di selezione concorsuale accentrate a livello regionale; obbligo di frequenza delle Scuole e Accademie regionali di formazione PRIMA dell’effettiva entrata in servizio; formazione potenziata e adeguata su tutto il territorio nazionale, con possibilità per le Regioni di stipulare intese con lo Stato per usufruire di strutture e docenti comuni; estensione al personale della polizia locale del concetto di “formazione continua” utilizzato nell’ambito delle libere professioni;
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Qualifiche di PG e di PS senza limitazioni temporali e spaziali;
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Previsione di arma lunga di reparto, sfollagente, giubbotti antiproiettile, spray antiaggressione e dispositivi di protezione adeguati al tipo di attività svolta obbligatori per ogni comando.
Mi si dirà: e se tutto ciò non venisse concesso? La risposta è drammaticamente semplice: se le riforme di cui sopra non fossero attuate per precisa volontà dello Stato, significherebbe che la Polizia Locale, così come la immaginiamo oggi, non dovrebbe continuare ad esistere e il personale in essa inquadrato andrebbe pertanto suddiviso in due aliquote: una da lasciare alle dipendenze dell’Ente locale con funzioni – questa volta sì – esclusivamente amministrative, l’altra – ferma restando la verifica dei requisiti psico-fisici, attitudinali e professionali – potrebbe essere destinata a rimpolpare le scarne fila di una delle Forze di Polizia statali ormai da tempo flagellate da una cronica carenza di personale legata al pesante squilibrio tra nuove assunzioni e pensionamenti.
Certo, quest’ultima opzione comporterebbe la cancellazione di secoli e secoli di storia delle “Guardie Cittadine”, ma non sarebbe comunque preferibile rispetto alla situazione attuale? Al singolo operatore l’ardua sentenza.
L’importante è capire che un cambiamento – di qualsivoglia natura e qualunque sia la strada che si intenda intraprendere – è necessario e ormai improcrastinabile, perchè il cambiamento rappresenta il motore stesso dell’esistenza di ogni persona o istituzione, compresa la Polizia Locale.
Dunque sono pienamente d’accordo con voi, io lavoro in Procura. Penso che la base minima di razionalità di una istituzione, come la locale, non può prescindere da alcuni pilastri: 1 regionalizzazione come struttura, ma al servizio delle comunità locali. Questo significa che i sindaci siano coinvolti nelle richieste di tutela, amministrativa e di P.S, delle loro comunità, ma assolutamente svincolati, gerarchicamente, dai Sindaci (indipendenza o lontananza dal potere politico), 2 competenza specificatamente individuata per legge annona compreso il mercato online, C.D.S., determinati reati del C.P., ambiente, edilizia, e valutare l’accorpamento della Forestale nelle regioni a statuto speciale in un unica Area o Corpo, non mi si faccia il rilievo della flagranza di reato…basta una norma di chiusura che lo contempli. questo per evitare quello che succede con le Forze della 121 che poiché tutti devono fare tutto, nessuno fa niente o rimpallano. Tutto il resto tutele, stipendi, contratto e quant’altro, basta la semplice parola “equiparazione piena”……..A veder le stelle …. speriamo
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La competenza specifica però non deve voler dire limiti alle qualifiche di PG, ovviamente. Ben venga la specificità ma la generalità delle competenze deve restare palese.
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Gianni, il senso dell’articolo non era proprio quello di elencare una serie di competenze specifiche, nè tanto meno di limitare la competenza della PL soltanto ad alcuni reati del C.P., ma veramente era l’opposto.
La PL non deve avere limitazioni di sorta, nè come polizia di sicurezza, nè come polizia giudiziaria, ma deve essere una forza di polizia a competenza generale.
Che poi eserciti una competenza esclusiva o semiesclusiva in alcune materie (commercio, edilizia,…) è un altro discorso, ma a questa si affianca – con pari importanza – una competenza generale di PS e PG per qualunque tipologia di intervento o di reato.
Questo era il senso dello scritto
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