Quando parliamo di mobbing di stato o di stalking sociale non ci riferiamo solo all’immagine che media e social network danno delle Guardie Cittadine, esponendole agli insulti gratuiti di qualche leone delle piazze (virtuali) ed all’odio generalizzato, e nemmeno della volontà evidente di “tenerci al nostro posto” espressa da qualche sindacalista con diversa giubba, politico di infima categoria o passacarte ministeriale, ma anche e forse soprattutto di tutti quei piccoli “accanimenti” inutili, ferraginosi, prettamente burocratici cui andiamo incontro in qualsiasi momento della nostra carriera.
Pensiamo alle qualifiche, sulla cui durata nel tempo e la cui validità si lotta e si litiga da sempre, tra sentenze a favore e sentenza contrarie, con una giurisprudenza che una volta ci descrive come “non veri e propri poliziotti, ma vigili urbani” e quella dopo condanna per aggressione a pubblico ufficiale l’energumeno che tentò di strangolare una collega che, fuori servizio e territorio, era accorsa in aiuto di una donna vittima di aggressione, qualificandosi come agente di polizia. Viene da credere che la legittimità del nostro intervento dipenda dalla “portata sociale” del contesto piuttosto che da una certezza dottrinale.

Pensiamo ai gradi, all’anzianità di servizio, ai livelli: assistiamo a personale che in pochi anni sale di due o tre categorie, ad altro che dopo tre decenni è ancora un C2, a volte vediamo precari con due lustri di servizio restare per eterni C1 perchè raramente viene riconosciuta l’anzianità totale. Pensiamo alla formazione, che spesso viene respinta, senza nemmeno valutarla, e fatta rifare da zero, partendo proprio dalle basi, dai corsi per neo assunti a persone che magari, oltre che anni di servizio, hanno decine di brevetti ed a volte qualche attestato per poter insegnare loro ciò che gli viene spiegato nuovamente.
Sembra quasi un gioco al massacro professionale, in una sorta di ridicolo teatro dei burattini dove l’operatore fa la parte del pupo, con tanto di puparo che sovente pare quasi rinfacciargli di dover pure ringraziare. Ma i cittadini, di questa formazione doppia, cosa ne penserebbero? Cosa penserebbe la Corte dei Conti – che sappiamo bene non serve ad eleggere l’Imperatore ma a controllare la spesa pubblica – di questo reinvestire su personale formato? Da un lato spendendo soldi per dare una formazione già presente, dall’altro non sfruttando una risorsa formata a tempo pieno su strada?
Giungiamo infine alla croce ed alla delizia: la qualifica di Pubblica Sicurezza. Sappiamo che è grazie a questa “nomina” che possiamo effettuare moltissimi interventi e che soprattutto ad essa è legata la possibilità di portare l’arma di ordinanza. Se raccontiamo ad un cittadino che passando da un comune all’altro perdiamo la possibilità di girare armati, questi rimane basito. Ed anche noi. Fino al giorno X siamo abili ed arruolabili a girare armati, il giorno Y invece no, e spesso e volentieri siamo “arresi” al dato di fatto che, per mesi, si è condannati a sentirci chiedere “ma come mai lei non è armato?”, a non fare turni serali e notturni, a prendere un’indennità in meno dei colleghi, ad essere consapevoli che “qualcuno” sta indagando su di noi come fossimo sospettati di essere diventati dei killer sanguinari nella distanza che separa un comando dall’altro. Guai a telefonare per sollecitare il rinnovo: ben che vada ci danno dei rompiscatole, se va male ci minacciano di allungare ulteriormente i tempi per puro dispetto, se va malissimo lo fanno sul serio.

MA IL MINISTERO, COSA DICE? Sappiamo già che diverse prefetture, quali Padova, Vicenza e molte altre, accelerano di molto i tempi rilasciando la nuova qualifica in tempi brevi, sostanzialmente confermando quella precedente senza stare a fare una nuova richiesta di rilascio con relativi controlli sulla persona. Sono buoni loro, o sono gli altri confusi?
Riportiamo una risposta del 2010 (testo completo):
Ministero dell’Interno
Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali
Raccolta di pareri espressi dal Ministero in materia di Enti locali
• 15 – Personale Enti Locali: altre qualifiche
• 05 – Personale area di vigilanza
10/02/2010 – Determinazione misura indennità vigilanza spettante a due agenti polizia municipale, uno con riconoscimento qualità agente p.s. (decreto gennaio 2009) secondo transitato ente per mobilità da altra amministrazione provinciale, già in possesso citata qualità. [omissis]
Al riguardo, su concorde avviso espresso dal Dipartimento di P.S. opportunamente interessato della questione, si precisa che il conferimento della qualità di agente di P.S. agli addetti alla polizia municipale da parte del Prefetto, si configura come atto di accertamento costitutivo in ordine alla sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 5, comma 2 della legge-quadro sull’ordinamento della polizia municipale n. 65/1986, mentre l’atto di comunicazione da parte del Sindaco dei nominativi del personale interessato cui conferire, in presenza dei suddetti requisiti, la predetta qualità si configura come atto dovuto. Il comma 3 del medesimo articolo, stabilisce che il Prefetto, sentito il Sindaco, dichiara la perdita della qualità di agente di p.s. Nei confronti degli operatori della polizia municipale, quando accerti il venir meno di alcuno dei requisiti citati.
[omissis]
Per quanto sopra, si deve ritenere che l’attribuzione dell’indennità di vigilanza nella misura intera debba necessariamente decorrere dal momento del conferimento da parte del Prefetto della qualità di agente di p.s., conferimento che consentirà al personale interessato l’effettivo svolgimento di tutte le funzioni di cui all’art. 5 della legge n. 65/1986.
Una volta attribuita la citata qualità la stessa entra a far parte dello status del dipendente e può essere revocata solo nel caso di perdita dei requisiti prescritti.
Per tale motivo, non si ritiene si debba procedere alla richiesta di un nuovo conferimento nei confronti del dipendente transitato per mobilità e già in possesso della qualità di agente di p.s., mentre si ritiene opportuna la comunicazione dell’avvenuto passaggio al Prefetto competente.
Ed eccoci qui. Non siamo criminali, non siamo sospettati di esserlo, ma il piacere di qualche funzionario di detenere il potere di umiliarci va oltre le indicazioni del suo stesso Ministero.
Quel Ministero che da un anno circa va dicendo di “capire la nostra situazione” e di “venire incontro alle nostre legittime richieste” e che potrebbe, in attesa della formazione di un nuovo governo, rilasciare qualche circolare esplicativa – è un atto che può essere fatto senza problemi in quanto meramente chiarificatore di norme già esistenti – sulle nostre qualifiche ed in particolare sulla loro validità e continuità: sarebbe un messaggio per farci capire che i citati funzionari sono una minoranza e che la reale intenzione del Ministero è DAVVERO quella di darci appoggio, al di là delle belle parole del Ministro e di altri durante gli incontri sindacali o ai comitati di pubblica sicurezza.
Intanto, speriamo che la circolare di cui sopra serva a qualche collega per vedersi accorciare il calvario derivante dalla coraggiosa scelta di cambiare comando facendo un mestiere che ogni comune pensa di sapere come gestire, formare, equipaggiare e controllare nel modo migliore.
Ed intanto, un altro piccolo passo abbiamo cercato di farlo.