Di quello che successe a Pontedecimo nel giugno del 2016 A me le Guardie ha già parlato. Oggi, con la sentenza di appello, si rende necessario tornare sull’argomento. Due anni sono la condanna per il collega che lasciò che davanti a sé si consumasse un omicidio, molto più degli 8 mesi cui era stato condannato in primo grado. Oggi come allora, A me le Guardie non può che essere solidale con la sfortunata Guardia Cittadina, sicuramente colpevole di un’omissione grave, che ha portato alla morte di una persona, ma altrettanto certamente innocente di fronte le gravissime colpe, volontarie e soprattutto sistematiche di chi ha voluto che lui non fosse in grado di gestire la situazione che si era creata pur avendo delle qualifiche che, per legge, gli imponevano un intervento risolutivo.
Sia chiaro, operativamente ci sono poche scusanti: andato su chiamata dei coinvolti, senza informare la centrale, senza riuscire a capire la gravità del momento, impaurito e nel pallone – parole della difesa – quando è scattata la violenza, incapace di una reazione fino l’arrivo della Polizia di Stato. Deve anzi ringraziare il cielo – e l’avvocato- di essere stato indagato per omissione di soccorso e non per concorso in omidicio. Evitiamo di fomentare leggende metropolitane sull’impossibilità di intervenire, anche utilizzando l’arma, in una situazione del genere. Ragioniamo invece sul fatto che, in casi simili, l’intervento deve essere subordinato ad una notevole preparazione da parte dell’agente.

La Polizia Locale ha le medesime qualifiche ed i medesimi doveri delle Forze di Polizia statali, questa sentenza ne è solo l’ennesima conferma: certo, la prima accusa, concorso in omicidio non avendolo impedito avendo il dovere di farlo, ha lasciato spazio ad una generica “omissione di soccorso”, ma, attenzione, il messaggio è chiaro: impedire un omicidio di compete o ,quantomeno, fare di tutto per arrestarne il colpevole, come si è recentemente visto a Torino.
Chi scrive è un idiota con all’attivo più di 500 ore di formazione, in minimissima parte fatta dai datori di lavoro, per la maggiore auto indotta andando in ferie a corsi di formazione. L’ultima, la settimana scorsa, 750 km di autostrada, albergo e recuperi festivi andati in fumo. La prossima, domenica ventura, 150 euro di iscrizione più colpi e materiale per un re training di uso dell’arma in situazioni operative.

Tanto comodo. La verità è che la formazione e la dotazione sono cose che spettano AL DATORE DI LAVORO. Cosa pensereste di un ingegnere che mandasse gli operai a lavorare in alta quota privi di caschi e corde di sicurezza? Cosa direste di un magazziniere costretto a spostare carichi senza scarpe antinfortunistica? Se l’operaio cadesse e morisse sarebbe lui incapace? Se il magazziniere si rompesse un piede facendo cadere del materiale sarebbe lui debole? TROPPO COMODO.
Troppo comodo fare di uno sfortunato collega il capro espiatorio della volontà di questo paese di avere degli operatori di polizia a metà, che lavorano soli, che lavorano senza strumenti, che devono inventarsi la formazione e l’equipaggiamento, che sono ignorati da tutto e tutti, ma che devono essere in grado di risolvere ogni situazione, anche quelle per le quali i blasonati enti statali chiamano i corpi speciali o quantomeno intervengono con almeno due pattuglie.

La condanna è sua, sicuramente, ma la VERGOGNA deve essere di tutti coloro che hanno permesso e tutt’ora permettono il proseguirsi di una situazione INDEGNA di un paese civile, con la sistematica ed infinita squalificazione di una figura professionale ed il continuo procrastinare una riforma che sembra sempre più un’araba fenice, ed il tutto per compiacere la smania di potere di qualche stellato statale o peggio per dare sfogo al bisogno sociale di una figura in divisa su cui scaricare tutto il malessere civico verso uno Stato assente.
Proprio oggi abbiamo notizia opposta a quella in apertura: un agente, da solo, a 62 anni, comandato a notificare atti voluti dallo Stato centrale, si è trovato minacciato e poi infilzato a colpi di forcone dal destinatario di una cartella esattoriale. I carabinieri intervenuti hanno “preso la querela”, come si parlasse di un cittadino qualsiasi. Perché questo piace, piace tanto. Poliziotti, si, ma senza le capacità ed i mezzi per sfruttare l’esserlo. Pubblici Ufficiali, certo, per notificare multe, piazzare autovelox e sanzionare cani senza museruola, per fare tutto ciò che ti fa odiare, per farlo da soli, impotenti, impossibilitati a difendersi, così che se aggrediti devono venire altri a salvarti, quelli bravi, quelli statali, quelli che proteggono, agnelli mandati in mezzo ai lupi per dimostrare quanto sono bravi i cani da pastore.
A tutti coloro che questo vogliono, che questo permettono, che questo incoraggiano, e che poi magari hanno l’ardire di definire “uomo delle istituzioni” il compianto Michele Liguori, morto avvelenato dai fumi che oscurano la sua terra, o direttamente “eroi” quei Francesco Bruner e Vincenzo Cinque caduti sotto il fuoco di un pazzo, va tutto il disprezzo di A me le Guardie. A coloro che potrebbero e potevano risolvere questa discriminazione, questa ingiustizia, ma che per amor di poltrona e interessi di partito non hanno fatto e non faranno nulla, va l’augurio che succeda loro un decimo di quello che succede a questa categoria infamata, infangata, umiliata, ma capace di grandi operazioni e di grandi azioni.
Attenzione però, che è proprio nei pazzi come me, in coloro che rifiutano questa situazione, in coloro che vogliono e desiderano onorare le qualifiche, che antepongono la sicurezza della comunità alla loro, che sacrificano affetti e stipendi per garantire un servizio ad una cittadinanza che non lo meriti, è in noi, la SCINTILLA che farà cambiare questa situazione e che metterà i palazzi di fronte il FATO COMPIUTO che le Guardie Cittadine sono poliziotti come gli altri! Noi siamo la ribellione che farà crollare il vostro sistema di odio contro le Polizie Locali e verrà presto il giorno in cui dovrete pagare per tutto il male che ci state facendo col vostro stillicidio quotidiano della nostra dignità!
Ed ai colleghi che ci lasciano soli, che ci chiamano Rambo, che ci dicono che abbiamo sbagliato concorso, che rifiutano bastoni e giubbini antiproiettile, che ridono di chi organizza e partecipa ai corsi, che si crogiolano nella speranza di non essere mai presenti quando un delinquente gli accoltellerà qualcuno davanti o un folle vorrà prenderli a colpi di piccone o fucile, che come approccio operativo hanno la presunzione che nessuno vorrà mai far loro del male, dico solo che ANCHE SE VOI VI PENSATE ASSOLTI, SIETE LO STESSO COINVOLTI.
Ottima chiave di lettura di un evento nel quale potrebbe imbattersi qualunque Collega. Grazie per questo spunto di riflessione.. quasi ogni giorno affronto questi argomenti, con parole simili e il medesimo concetto di fondo, con altre persone che portano la nostra stessa divisa e con cui “si vive” la strada. La categoria, in effetti, necessita di quel riscatto e riconoscimento che da davvero troppo tempo si attende invano e che ingiustamente mai arriva.. ponendo ogni singolo poliziotto locale quotidianamente in un limbo dal punto di vista operativo. La svolta dovrà passare per forza da un’evoluzione innanzitutto concettuale, ma anche e soprattutto legale e contrattuale che ci riconosca per ciò che facciamo (permettendo anche una migliore e maggiore formazione, dotazioni e mezzi)
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