Impone l’alt al conducente di un ciclomotore impedendogli di passare per una strada chiusa al traffico: per questo un ispettore di Polizia Locale viene aggredito dal conducente, che, tornato con un gruppo di amici, colpisce ripetutamente con un casco il sottufficiale mentre i complici tengono ferma la vittima. Il collega è stato trasportato in ospedale e sottoposto ad un delicato intervento chirurgico alla testa, ed al momento si trova in coma farmacologico ed in pericolo di vita. Non terroristi. Non ordine pubblico. Non sgomberi o altro. Blocco al traffico. Un servizio di tutti i giorni, un servizio che da decine di anni la Polizia Locale svolge in tutta la penisola, un servizio cui si attaccano molti colleghi sostenendo che “non siamo come la polizia” o che “per le nostre competenze non servono pistole, manganelli e giubbini antitaglio”. Non sono argomenti nuovi per A me le Guardie, che a chi sostiene, anche all’interno della categoria, di voler dividere le attività di polizia in diversi gradi di rischio e di responsabilità, se non addirittura di doverne espletare solo una parte, o perfino di accettare che per quelli che sente di sua competenza non serva essere davvero “polizia”, ha dimostrato, con un articolo ripreso anche dall’ASAPS, che la maggior parte delle ferite e delle aggressioni, a noi come alle altre Forze di Polizia, avviene proprio da quel contesto che del “vigile” è secondo alcuni il compito prioritario. Non è bastato per convincere tutti che, ad oggi, non esistono polizie di serie A e B o indici di rischio maggiori o minori: esiste solo la consapevolezza che il lavoro di polizia è rischioso, e lo è anche grazie a certe campagne stampa, certe dichiarazioni politiche, certe reazioni apicali, certe sentenze della magistratura che negli anni hanno depauperato la Polizia del suo ruolo, della sua fermezza, del suo rispetto.

Un collega di Catania aggredito selvaggiamente da un branco mentre svolge (da solo e isolato) un “semplice” servizio di presidio di una strada interrotta al traffico veicolare. Il collega è stato accerchiato da un gruppo di facinorosi delinquenti ,e, aggredito dapprima alle spalle da uno o due persone, è stato poi ripetutamente colpito alla testa con un casco mentre veniva tenuto fermo. Ha subito un intervento chirurgico ed è in coma indotto farmacologicamente. Attendiamo notizie a riguardo. Mentre mando un abbraccio a Luigi, mille pensieri in testa… Uno dei servizi apparentemente più “banali”, quello di tenere un “punto”, è degenerato in delinquenziale aggressione, con buona pace delle anime belle che pensano alla cosa come a un semplice servizio gestibile da una transenna umana, da un volontario, da una “qualsiasi” figura che funga da “viabilista”, con buona pace di chi fa confusione tra viabilità e servizio di polizia stradale, con buona pace di chi inventa figure di “ausiliari” siano essi della della “sosta”, del “traffico” o di “polizia stradale”. Ogni servizio che sia operato da un poliziotto -locale o statale- diventa COMUNQUE servizio di Polizia. Anche quando nasce o si immagina come semplice postazione viabilistica. Nessun servizio di polizia – e nessun servizio operato da un poliziotto- può immaginarsi che VENGA FATTO SVOLGERE DA SOLO O IN CONDIZIONI DI ISOLAMENTO dalla struttura di polizia operante di appartenenza. Occorre necessariamente che i servizi siano in coppia e che il personale abbia gli strumenti necessari per potersi difendere da qualsiasi tipo di attacco. Occorre necessariamente che i servizi siano integrati con una centrale operativa e con una -o più, se il caso- pattuglia automontata che possa immediatamente intervenire a supporto o a rafforzo: i nodi vengono al pettine, ma a soffrire siamo sempre noi. Non servono i corsi sulla sicurezza degli ambienti di lavoro, serve lavorare in condizioni di sicurezza e con moduli operativi pensati per gestire interventi che facilmente possono degenerare. Auspico che i Sindaci siano degni della fascia tricolore che indossano, che smettano di glissare i veri problemi, che smettano di sfuggire alla vista dei poliziotti locali, evitandone gli uffici e gli sguardi come la peste per evidente “cattiva coscienza”, che smettano di fare i Leoni dietro i tavolini ed i telefoni di un’A.n.c.i. sempre più vuota e sempre più modesta, a cui basta ridicole investiture di “sceriffo” e relative stelle-patacchie. Ci vogliono risorse umane, strumentali e finanziarie, ci vogliono corsi-concorso e nuovi agenti, ci vogliono riforme vere e migliorative PER operare con una Polizia Locale resa finalmente una preziosa risorsa-forza di polizia localmente insostituibile, con pari dignità e con equa considerazione ad ogni altra forza di polizia.

In chiusura, condividiamo il comunicato di Igor Gelarda, sindacalista del CONSAP Polizia di Stato – con cui abbiamo avuto una piccola bagarre a suo tempo – e non possiamo che sottolinearne ogni parola, e ringraziarlo per la vicinanza e la colleganza dimostrati in questo momento di particolare violenza contro le Forze di Polizia: “Come sindacato di polizia siamo vicini al nostro collega della polizia municipale barbaramente aggredito a Catania ieri sera, ed ovviamente anche ai suoi familiari. Non è tollerabile che in Italia, un tutore dell’ordine, rischi la vita solo per avere impedito il transito ad un ciclomotore. Io credo che siamo arrivati ad un punto di non ritorno, ormai l’idea di impunità regna sovrana tra persone che sono dedite ai crimini. Pretendiamo delle leggi più severe, per chi colpisce gli operatori di polizia e in generale per chi compie reati contro la persona. Chiediamo l’intervento del Ministro , che non resti a guardare questo gioco al massacro. Inoltre vogliamo avere la possibilità di utilizzare strumenti, anche in via sperimentale, come taser depotenziati o altro, ma non lo spray al peperoncino che non si è dimostrato valido e utile in più di una occasione, per evitare questo trend di pericolosissime aggressioni verso gli uomini in divisa. E che di queste dotazioni vengano forniti anche gli uomini della polizia Municipale che rischiano anche loro la vita ogni giorno.”

Anche a Monza un operatore di polizia se l’è vista brutta: parliamo di un carabiniere, investito da un veicolo al termine di un inseguimento, che deve la vita al collega di pattuglia che ha sparato ferendo il conducente del veicolo in fuga. Un collega che ora rischia un’imputazione, fosse anche per “atto dovuto” e con l’ipocrita scusa del “a sua stessa tutela”. Purtroppo, a Catania, un collega che potesse aprire il fuoco per salvare la vita dell’ispettore non c’era. Fatti come questi, diffusi in tutta Italia e contro qualsiasi divisa, devono far riflettere il Governo sull’importanza di un intervento legislativo che unifichi TUTTI gli operatori di Polizia in un’UNICA legge moderna che rinnovi equipaggiamenti, formazione e regole di ingaggio, che chiarisca una volta per tutte che non si può usare per degli uomini che hanno il dovere di far rispettare la legge e tutelare la vita delle persone lo stesso metro di valutazione che si usa per chi delinque o tutela i propri interessi privati. In Italia, ad oggi, la Polizia muore più per rappresaglie, aggressioni e pericoli scaturiti dall’ordinario servizio quotidiano – microcriminalità, servizi di polizia stradale, pronto intervento, incidenti in servizio – che per mafia e terrorismo: peccato che per gli interventi quotidiani non vi sia alcuna tutela per gli operatori nè alcuna vera certezza della pena per gli aggressori: si adegui quindi la situazione non solo alla lotta al macro crimine e si capisca che una società non può essere lasciata in balia dell’inciviltà e del degrado sociale con la scusa che esistono pericoli più grandi dello scippatore, dell’ubriaco molesto, del venditore abusivo e dello spacciatore sotto casa.
Si ringrazia il collega Giovanni Iannello Leone per l’apporto dato alla stesura del presente articolo ed il collega Igor Gelarda per aver condiviso con A me le Guardie il comunicato CONSAP.
Vogliamo continuare a dire che occorre, preliminarmente, applicare le norme che riguardano le norme sulla Sicurezza nei luoghi di lavoro, richiedendo al RSPP dei servizi di Polizia Locale, che in considerazione del fatto, in meno di un anno e nel giro di pochissimo tempo, si sono verificati episodi che hanno provocato lesioni personali al personale della Polizia Locale, di rivalutare il rischio aggressioni, predisponendo un protocollo operativo che garantisca e metta in sicurezza il personale impiegato in relazione alle diverse condizioni dei diversi servizi esterni ed interni ordinati, prevedendo: – un numero minimo di personale (non inferiore, comunque a due unità di poliziotti locali), da porre in servizio, in modo da corrispondere porporzionalmente alla forza da opporre alle resistenze che possono prevedersi in relazione agli obiettivi che si vogliono raggiungere; – le relative dotazioni di prevenzione e protezione avverso tale rischio, con nuovi strumenti e indumenti che siano in grado di impedire di subire lesioni, etc.; – prevedere eventuali desistenze del personale, qualora non venga disposto il numero minimo di personale e delle dotazioni, come previsti nel protocollo, con l’unico obbligo di dare comunicazione circa l’impossibilità di raggiungere l’obiettivo e di limitare il servizio richiesto all’osservazione e obbligo di riferire sul rispetto di eventuali divieti o obblighi dell’Autorità non rispettati da parte dei cittadini. Tutto ciò nell’interesse e nel rispetto delle responsabilità di tutto il personale di ogni ordine e qualifica dei servizi di Polizia Locale dei comuni d’Italia. Iniziamo da qui.
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Il tuo intervento lo divido in due parti: la prima, con cui concordo, è la necessità non di un organo locale che predisponga delle tutele ma bensì del governo di adottare immediatamente misure a tutela della Polizia Locale, la cui situazione non è paragonabile a nessun corpo con pari doveri a livello europeo: è vitale che la legge IMPONGA ai comuni di dotare gli operatori di tutti gli strumenti necessari a difendersi (bastone, GAP, spray, pistola) ed addestrarli al loro uso, che imponga che il servizio debba essere svolto da minimo due operatori, e l’adeguamento contrattuale alle altre figure che svolgono tali compiti.
Invece non mi trovi d’accordo sulla seconda parte, ovvero l’accettare che gli agenti possano “farsi da parte” e diventare telecamere umane: questo mai, la legge deve essere chiara e perentoria: non sono minimo in due, non sono equipaggiati di tutto punto? NON ESCONO, il servizio SALTA. Non va data alcuna scappatoia a questi pupari monchi che ci usano come marionette.
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Che tu abbia voluto dividere il mio intervento in due parti mi può pure stare bene. Anche se alla seconda parte hai voluto ritenere credibile la previsione di una desistenza (che ho voluto introdurre provocatoriamente, anche se non è proponibile per un poliziotto locale chiamato a svolgere funzioni di Ufficiale e Agente di P.G. e di Agente di P.S., richiedendo di desistere e limitarsi a comunicare senza porre in essere i poteri/doveri di dare seguito a delle disposizioni legittime di servizio). Ma non possiamo neanche permettere che non siano attuate le attività di prevenzione e protezione dal rischio “aggressioni”, in considerazione del fatto che nel 1° semestre del 2017, il 10 % delle aggressioni totali (1.130) sono state subite dal personale di Polizia Locale. Se nel Comune di Catania, si sono verificate aggressioni precedenti, in cui altro personale della Polizia Locale di detto Comune ha riportato lesioni, compete al datore di lavoro adottare (in conformità alle disposizioni della L. 81/2008, sulla sicurezza nei luoghi di lavoro), i relativi provvedimenti che portino il Dirigente dell’Ente e RSPP a rivalutare il rischio aggressioni e a dare le eventuali necessarie diverse disposizioni che limitino i danni fisici che possono derivare al personale nello svolgimento di determinati servizi. Quindi impiegare non meno di due poliziotti locali, se non addirittura più di due, in relazione alla tipologia del servizio richiesto e alla criticità dell’ambiente in cui sono chiamati ad operare. Circa le dotazioni di dispositivi di prevenzione e protezione, come quelli da te citati, faccio presente che, in alcuni comuni è già in uso lo spray al peperoncino, etc.. O no? Nell’impiego pubblico, come nel privato, il Dirigente e i preposti (qualora nominati) rappresentano colui che, rispettivamente, “organizza l’attività lavorativa e vigilano sulla stessa” e, chi, dall’altra parte, “sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori sottoposti”. Inoltre è il Ministro degli interni chiamato a rivedere il relativo Decreto Ministeriale sulle armi sui dispositivi di difesa personale da utilizzare a cura della PLM e ciò qualora anche l’ANCI lo voglia richiere e non solo.
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Eppure, incredibile ma vero, ancora oggi neo assunti, ovviamente a tempo determinato o in prova, vengono impiegati a far servizio da soli; anche, in zone rurali, dove non vi è copertura radio o telefonica.
Ma il vero dramma è che se anche le circostanze venissero segnalate alla Prefettura o ad altre autorità NESSUNO farebbe nulla per adeguare la situazione operativa, per cui sindaci, responsabili dei servizi o segretari comunali non si fanno nessun probblema ad impartire direttive simili.
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Sarebbe da iniziare a denunciarli per la legge 81. Con alcuni colleghi stiamo valutando la fattibilità.
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