Codice Penale · Giurisprudenza · riflessioni

Siam guardie e non aguzzini

Con 195 voti favorevoli, 104 astenuti e 35 contrari è stato approvato in via definitiva l’inserimento nel Codice Penale l’introduzione del reato di tortura. Con lo stesso provvedimento sono andate modificate alcuni dettagli di normative complementari in modo da adattarle al nuovo dettato giuridico. L’introduzione dell’articolo 613 bis ha scatenato una serie di polemiche e di forti resistenze da parte delle Forze di Polizia, che si sono viste in qualche modo “protagoniste” dell’iter di approvazione della legge – durato ben 5 anni – in quanto si sono sentite colpite ed accusate di essere degli aguzzini torturatori, ed in particolare il SAP di Gianni Tonelli, col quale come A me le Guardie abbiamo avuto tanto modo di scontrarci quanto di essere in sintonia, ha organizzato una serie di manifestazioni affinchè tale legge venga quanto prima ritirata.

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L’immagine che qualche Onorevole deve avere delle forze di Polizia

Da operatori di polizia, ed evitando per una volta le polemiche su come noi Guardie Cittadine si sia fortemente toccate come le altre divise statali, ma quest’ultime tanto per cambiare non ci abbiano presi in considerazione per azioni comuni, devo dire che la ratio alla base della norma non piace nemmeno a noi: per quanto l’art 613bis sia a modo suo un reato comune – ovvero che può essere commesso da chiunque e non proprio di talune categorie – è palese nella sua formulazione come sia stato pensato principalmente per colpire i pubblici ufficiali, sostanzialmente sdoganando un principio di presunta attitudine alla tortura da parte degli stessi. E’ un po’ come se si mettesse le mani avanti, presupponendo che a qualcuno di noi piaccia “cagionare acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale” e che quindi si rende necessario un intervento giuridico ad hoc in luogo dei numerosi delitti già esistenti (abuso di ufficio, violenza privata, lesioni personali eccetera) perfettamente applicabili nel caso di un episodio di follia da parte di un agente, che in virtù della sua posizione ha già un’aggravante specifica derivata dallo status. Sembra quasi, in sostanza, che al governo pensino che un operatore di polizia sia portato a fare del male alla gente, e solo il fatto che un messaggio simile sia veicolato per via istituzionale ed addirittura con un testo di legge dimostra quanta distanza ci sia tra la realtà delle forze di polizia e quella delle camere del governo, oltre a quanta supponenza, sfiducia e direi anche ostilità si annidino tra i nostri governanti nei confronti delle guardie, statali e non. Superata la delusione per questa pessima opinione che si ha evidentemente delle forze di polizia, cosa dice in realtà il nuovo reato e quanto potrebbe incidere sulla nostra attività? Andiamo a leggerlo:

«Art. 613-bis. – (Tortura). — Chiunque con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.
Se i fatti di cui al primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni.

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Charles Bronson ne “Il giustiziere della Notte”

Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.
Se dai fatti di cui al primo comma deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate; se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà.
Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo.
Art. 613-ter. – (Istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura). — Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l’istigazione non è accolta ovvero se l’istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».

Dicevamo che non è un reato proprio dei P.U. ma improprio: ora ci piacerebbe sapere chi, a parte i pubblici ufficiali, abbia in custodia persone private della libertà personale. Il colonnello Paternò, ex ufficiale dell’Arma ed oggi affermato istruttore di tecniche operative per operatori di polizia e non, ha consigliato agli operatori di applicare tale dettato anche a coloro che si introducono nelle case e minacciano, picchiano ed intimoriscono – in ujna parola torturano – i proprietari per farsi consegnare gli averi custoditi: ci sembra francamente un suggerimento molto intelligente che sarà un piacere applicare alla prima occasione.

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Forze di Polizia soccorrono dopo un cataclisma: a quando la presunzione che si commettano atti di sciacallaggio nel mentre?

Notare tuttavia che subito sotto la citata aggravante per i Pubblici Ufficiali e gli Incaricati di Pubblico Servizio ( che c’entrano le Guardie Giurate con poteri coercitivi e di controllo lo sa solo il Legislatore) vi è una riga estremamente importante per gli operatori di Polizia: “Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.”: tradotto in italiano, se anche vi fosse il tanto temuto ricorrere ad accuse di tortura da parte di soggetti fermati che volessero tentare di vendicarsi degli operatori, è scritto a chiare lettere che se le sofferenze fisiche sono causate perchè fai resistenza all’arresto (giusto un esempio a caso eh) ed al solo scopo di portarlo a termine, esse sono legittime. E’ sempre stato così, quindi, che diavolo di bisogno c’era di fare questo malnato articolo di legge? Ma davvero qualcuno ha l’immagine che all’interno delle caserme la gente venga legata ad un palo con gli agenti che ci ballano attorno in cerchio lanciando scuri e ferri roventi sul povero fermato? Qualcuno scambia le Forze di Polizia per gli apaches dei film western del secolo scorso?

Pensieri che passano anche attraverso la mancanza di una normativa complementare che vada a modificare e rendere più incisivi i comportamenti in caso di RESISTENZA all’attività di polizia: già, perchè se noi siamo potenzialmente tanto cattivi da meritarci un simile dettato normativo, cosa vogliamo dire di ciò che siamo costretti quotidianamente a subire? Cosa vogliamo dire del fatto che per il solo bussare

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La flagellazione di Cristo (Caravaggio).

alla porta di un avvocato nel caso a qualcuno venga la malsana idea di accusarci di averlo “torturato” dovremmo sborsare sui 500 euro che decuplicheranno negli anni necessari ad avere una sentenza di assoluzione? Costava tanto, ad esempio, introdurre un’aggravante del reato di calunnia, se posto in essere nei confronti di un pubblico ufficiale? Era così difficile aggravare la posizione di chi commettere resistenza ad un nostro atto legittimo? Non si poteva ordinare un iter giuridico più veloce nel caso di procedimenti contro operatori di polizia, anche a tutela della loro carriera professionale, spesso bloccata per tutto il periodo in cui si è indagati? O siamo al punto assurdo che essere poliziotti priva di alcuni dei più elementari diritti costituzionali quali ad esempio la presunzione di innocenza e la ragionevole durata del processo?

Il problema non è la legge di tortura in sè: chi lavora con coscienza e professionalità non ha nulla da temere da questi cambiamenti, ma l’idea che vi è alla base, ovvero che gli operatori di polizia – perchè ripetiamo, è inutile dire che NON sia scritta pensando a noi – lavorino senza coscienza e con poca professionalità, e questo, dalla nazione col minor numero di attentati nonchè di sparatorie tra forze dell’ordine e criminalità nonchè di vittime in tali rari scontri, non lo accettiamo.

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Un’istantanea dei gravi disordini in occasione del capodanno a Colonia.

 

Invitiamo i promotori di tutto questo ad andarsi a vedere le statistiche di altri paesi che ci vengono spesso portati ad esempio – notizia di ieri che in Svezia non sarà svolta l’edizione 2017 di un importante festival perchp nelle ultime edizioni vi è stato un proliferare di stupri – prima di permettersi di mettere in dubbio la nostra capacità di arrestare una persona senza massacrarla o peggio prima di insinuare il sospetto che poi ci si diverta a torturarla in camera di sicurezza.

Di questo passo da Guardie Cittadine diventeremo direttamente il Santo Uffizio.

Un pensiero riguardo “Siam guardie e non aguzzini

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