Nella sezione Storia di A me le Guardie accenniamo come il regime fascista, dopo una prima fase del Regno d’Italia nella quale i corpi di Vigili Urbani e Guardie Cittadine avevano un ruolo di primaria importanza nel garantire l’ordine e la sicurezza pubblica, decise di avere un più diretto controllo su queste importantissime materie sciogliendo gran parte dei corpi locali e facendoli confluire nella Pubblica Sicurezza statale, antenata della Polizia di Stato. Sebbene i Vigili non sparirono del tutto e diversi capoluoghi continuarono a mantenere una propria “polizia comunale” questi videro sicuramente ridimensionare il ruolo quali tutori dell’ordine dei propri agenti, compiti ormai rivestiti da un lato dalla Pubblica Sicurezza e dall’altro dalle milizie volontarie.
Con la Seconda Guerra Mondiale le cose cambiarono e, visto il gran numero anche di uomini delle forze di sicurezza statali inviati al fronte o impegnati nel controspionaggio, i Vigili Urbani tornarono a piccoli passi ad avere responsabilità di ordine pubblico e soprattutto di soccorso, diventando una Protezione Civile ante litteram – famosi sono i servizi di soccorso, liberazione strade e contrasto allo sciacallaggio a Genova e Milano – e soprattutto riprendendo il ruolo che il Regime aveva voluto toglierli, rimanendo però allo stesso tempo molto meno controllabili e controllati dei reparti della milizia statale.

Ed è proprio per merito di questo “mancato controllo” che, quando, per citare Guccini, “contro ai re ed ai tiranni scoppiava nella via..” moltissimi Vigili Urbani furono tra i primi aderenti in armi alle brigate partigiane e ad altre forme di lotta contro il Regime e l’occupazione nazista, pagandone inoltre per primi le conseguenze: il 12 settembre 1943, solo 4 giorni dopo la firma dell’armistizio che aveva gettato nel caos il paese, la rappresaglia tedesca colpì i Vigili Urbani di Barletta: nonostante gli agenti si fossero arresi e consegnati disarmati ai soldati, infatti, gli 11 vigili e i due netturbini presenti al comando nel momento della resa vennero fucilati in risposta all’uccisione di due portaordini. Fu il primo eccidio per rappresaglia dopo l’armistizio, e le prime vittime furono proprio i Vigili Urbani.

Nonostante le continue rappresaglie e le vittime di servizio, i Vigili continuarono la loro opera a soccorso delle popolazioni colpite dai bombardamenti e dagli scontri, e, se il loro apporto alla popolazione fu importante nelle fasi terminali del conflitto e nella lotta al Regime – numerosi furono i Vigili aderenti le brigate Garibaldi di Milano ed alle compagnie di Liberazione in tutta Italia – fu nell’immediato dopoguerra che la loro opera di rese fondamentale.

In un paese dilaniato, attraversato da bande di sbandati tedeschi e repubblichini in fuga, percorso da soldataglia americana che si lasciava andare spesso a saccheggi e violenze, spaccato dalle faide e dalle esecuzione portate avanti dalle brigate partigiane a loro volta senza controllo e limiti, con le infrastrutture di Polizia Statali distrutte, i loro uomini disarmati ed imprigionati in quanto vicini al Regime, i Vigili Urbani furono spesso l’unico baluardo di legalità a tutela del cittadino che si trovava vittima di tutte queste bande armate: equipaggiati con mitragliette ed a bordo di moto confiscate ai prigionieri tedeschi e più raramente fornite dalle truppe americane, i Vigili pattugliavano il territorio cercando di garantire rifugio alle vittime di questa o quell’altra fazione, venendo a volte colpiti addirittura dal fuoco amico di quei partigiani con i quali avevano fin poco prima combattuto (successe in particolare in Jugoslavia) o da quello del nemico in fuga: a Milano, il 26 aprile del 1945, cadde il “Vigile Ignoto”, colpito nel tentativo di raggiungere e catturare dei tedeschi in ritirata, non fu possibile risalire al nome del collega, ma la sua memoria viene portata avanti tutt’ora nelle cerimonie per la Liberazione che si tengono nel capoluogo lombardo.

Ed è nella memoria di questi Vigili, delle loro attività in guerra, in combattimento, del loro sacrificio nel soccorrere le popolazioni colpite da bombardamenti e rappresaglie, che noi Poliziotti Locali di oggi dobbiamo riscoprirci e ritrovarci, rifiutando l’immagine ignobile che ci è stata voluta dare dal centralismo di Stato (uno dei pochi punti rimasti in comune tra Monarchia e Repubblica) e che è stata data alla società, culminata in quel cumulo di immondizia che è stato Lino Banfi nei panni del Vigile “Urbano” nella omonima serie televisiva di fine anni ’80. La nostra memoria storica non è Lino Banfi preso a secchiate d’acqua, non sono Franco e Ciccio che non sanno leggere e scrivere, non è Alberto Sordi incapace di dirigere il traffico, ma sono tutti quegli uomini che in tempo di guerra, indossando la nostra divisa, sono stati protagonisti della Liberazione: rifiutare il nostro ruolo a tutela della cittadinanza, accettando di essere dei compilatori di bollette e bistrattati omenicchi affogati nella mediocrità è una mancanza di rispetto che infanga la nostra origine e la nostra memoria storica.

Chiudiamo l’articolo dicendo che il 2 giugno, festa della Repubblica e delle Forze Armate, la Polizia Locale marcia in parata, in chiusura, nelle file finali, tra la Protezione Civile ed il Servizio Civile Nazionale, insomma, tra quelli che per molti sono realtà che nemmeno dovrebbero essere presenti in quella sfilata di divise, storia e corpi militari e di polizia. A me le Guardie sostiene con forza che se si deve essere trattati da ospiti indesiderati tanto vale lasciare alle “Forze dello Stato” la loro giornata di gloria e reclamare che noi ne abbiamo una dove, prima di loro, siamo stati il baluardo della legalità quando la nazione era ancora divisa in più parti: iniziamo, cari colleghi, a sentire il 25 aprile la NOSTRA festa, della Liberazione e delle Polizie Locali che ne sono state protagoniste.
Il Coro della Polizia Locale di Palermo canta BELLA CIAO, 25 aprile 2017, si ringrazia la collega Bianca Fuschi per il video.
Con un groppo alla gola l ho letto alle mie figlie.
Sono rimaste ad ascoltare. Meravigliate.
La memoria, la storia per non dimenticare. Per rigenerare.
Grazie.
Gian Luca Cavallari
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