Se Oscar Wilde fosse vissuto nel 2016 in Italia non vi è dubbio che, dovendo scrivere delle vicissitudini di un tizio dapprima scambiato e poi fintosi un altro, piuttosto che “Ernesto” (o Franco come viene a volte reso in italiano per rendere il gioco di parole originale) lo avrebbe chiamato “Urbano”. Aggiungiamo che, se l'”Onesto” di Wilde fosse stato invece del tutore di una ragazza uno dell’ordine, sicuramente alla fine dell’opera si sarebbe scoperto che, indipendentemente dall’essere un “vigile” od un “poliziotto locale”, sicuramente non era un supereroe appartenente alla 121, per quanto bene fingesse, e, altrettanto indubbiamente, l’opera si sarebbe conclusa con un divorzio invece di un matrimonio, perchè per far contento il pubblico italiano del 2016 ad un “vigile” non deve andare male, ma peggio.

A questa novella versione della commedia citata deve aver pensato il giornalista Franco Vanni scrivendo questo fondamentale pezzo di giornalismo italiano, nel quale, non contento di descrivere un mero e francamente squallido fatto di cronaca, non manca di sottolineare non solo il mestiere del fermato, ma, sfregandosi le mani all’idea di denigrare gli Urbani d’Italia, pensa bene di specificare in quale ufficio lavori – immagino la gioia dei colleghi – e di fare pure il simpatico precisando che si tratta “dell’ufficio dove i milanesi vanno a pagare – o contestare – le multe prese per divieto di sosta o eccesso di velocità”, un po’ come se vi fosse una sorte di “ironia” nel destinare una persona con evidenti problemi ad un servizio di ufficio invece che esterno – e tremo al solo pensare su cosa avrebbe scritto se fosse stata impiegata sul campo – invece di fare il suo mestiere ed informare, senza dare velati pareri, il lettore del fatto che senza sentenza definitiva non può esservi licenziamento, nemmeno se uno stesso fatto si ripete più volte, per cui, stia sereno: il “ballo della corda” o “la gogna” potrà essere portata a termine tra gli applausi dei buoi e delle pecore tra qualche mese, quando presumibilmente vi sarà la condanna per i fatti ascritti.
Troviamo inoltre curioso, parliamo sempre di Repubblica, che, mentre il già citato Vanni non faccia altro che ripetere ogni tre righe che il “vigile” rubava, che il “vigile” si è qualificato, che il “vigile” aveva precedenti specifici, un suo collega pensa bene di omettere – salvo due citazioni quasi casuali e senza precisare bene il ruolo avuto nell’operazione – la partecipazione più che attiva della Polizia Locale -a proposito, signori giornalisti, usatelo questo termine, perchè a forza di reiterare denominazioni arcaiche, non offendetevi se poi noi passeremo a definirvi pennivendoli – ad una ben più importante operazione avvenuta nella stessa Milano in queste ore.
Questa triste informazione, pesantemente schierata nel dare un’immagine negativa e degradante della Polizia Locale, con un’oculata scelta di articoli, termini ed immagini, sta peraltro mietendo diverse vittime – per ora fortunatamente solo in senso figurato – anche all’interno delle Forze di Polizia, le quali, invece di ammirare e riconoscere l’operato che i Forse di Polizia svolgono quotidianamente, peraltro privi, ricordiamolo, di contrattazione e tutele adeguate alle qualifiche rivestite, spesse volte ci remano contro, andando a sostenere aberranti tesi secondo le quali non sarebbe compito nostro occuparci di determinate problematiche, alla faccia degli ottimi risultati che si ottengono in tutta Italia e nella stessa Milano (riportiamo Repubblica per par condicio): certo capisco che sia politicamente più corretto dare solo una certa immagine, e con certi termini, della nostra figura.
Un effetto collaterale di tutto ciò si vede quando la gente si sente pertanto legittimata a trattarci a pesci in faccia, risponderci, mancarci di rispetto ed insultarci, fino ad arrivare a minacciarci di morte, costringendoci a difenderci col terrore di passare direttamente per il Miglio Verde mediatico e sociale, ben prima dell’eventuale pronunciamento o meno di un tribunale. Speriamo che nessuno ritenga di preferire il rischio di farsi mettere le mani – o le lame- addosso piuttosto che quello di venire infangato a livello globale. Considerata una recente sentenza a proposito dell’uso dell’arma, inoltre, viene da pensare che probabilmente la soluzione migliore sia proprio – per tutte noi Guardie non solo per i Forse dell’Ordine- appendere i berretti al chiodo e stare a guardare giornalisti, avvocati, giudici ed opinionisti occuparsi di fare il nostro lavoro.
Ritornando a ben più alta letteratura, è un bene che Pirandello abbia pensato ad una storia di amori traditi, di gioco d’azzardo e di morte per il suo “Fu Mattia Pascal”, perchè, a pensarci bene, se avesse scritto anche lui sull’Urbano di Oscar Wilde, si sarebbe scoperto che si trattava di una squallida storia di tutele negate, meriti nascosti e diritti mancati al super agente Pascal, impegnato quotidianamente per il bene del suo paese e della cittadinanza, ma tenuto all’ombra di un Adriano Mehis capace solo di compilare bollette per le soste, timbrare in mutande, rubare nei supermercati e marcare visita a capodanno, ovvero quello che si vuole far passare come fosse la normalità della vita del povero “Agente Mattia Pascal”, sfortunato quanto il collega che scopre quotidianamente “L’importanza di chiamarsi Urbano”.

Ma se la nostra figura serve soltanto a coprire quei buchi che le ben più eroiche forze statali non ritengono degne della loro attenzione ed a dare al popolo bue uno sfogo contro cui vomitare l’astio verso il rispetto della legge e di chi la fa rispettare, ma perchè non abolirci, una volta per tutte, liberando noi per primi del fardello di essere allo stesso tempo Ernesto, Mattia Pascal, Adriano Mehis e, per quello a cui serve scrivere lettere e proporre leggi, anche un po’ Jacopo Ortis?
Per un’analisi sull’oppotunità dell’abolizione della Polizia Locale e lo smistamento degli operatori tra forze di polizia e comuni si rimanda ad un precedente articolo e ad una precedente riflessione.