Quando ci si trova di fronte un fenomeno di proporzioni epocali non è mai sufficiente discuterlo nell’ambito del momento in cui si verifica,ma è bene allargare la mente ed inserirlo all’interno di un contesto storico che abbraccia le ragioni che lo hanno causato e i cambiamenti che esso porterà nel mondo.
E quando la Storia parlerà del fenomeno migratorio in Italia, la valutazione che essa darà sarà che NOI italiani siamo persone buone. Meglio ancora, ricorderà che siamo persone giuste. Al di là delle implicazioni e delle strumentalizzazioni politiche ed economiche, al di là delle polemiche, al di là dei problemi, veri e presunti, che derivano nell’ordine e nella sicurezza pubblica, l’Italia quotidianamente salva decine se non centinaia di vite di persone in difficoltà, in pericolo, e questo non può che renderci GRANDI.
Attenzione perché è facile rispondere di pancia che ne abbiamo troppi, che ne siamo saturi, è facile parlare di ruspe e di rimpatri, ma è difficile ricordare che non stiamo discutendo di pacchi postali, ma di persone: che scappano, che rischiano la morte, che soffrono, che muoiono. Sopratutto è doveroso ribadire che non esistono persone o vite di serie A e B e che è nostro dovere di nazione civile portare soccorso a tutti coloro che si trovano in difficoltà.
Certo, in mezzo ci sono dei criminali, così come ci sono in qualsiasi contesto sociale. Dobbiamo ricordare sempre che il delinquente è UN’ECCEZIONE. Non è una questione di etnia, nazionalità o religione. La maggioranza della popolazione è composta sempre da brava gente, in mezzo alla quale si nascondono, in percentuali che non derivano certo dal colore della pelle quanto semmai dalle condizioni di vita, persone che non hanno più nulla da perdere e che quindi si ritrovano criminali, magari controvoglia o senza alcuna diversa possibilità.
Certo il problema esiste ma noi, al contrario di altri, possiamo guardarci allo specchio ed essere fieri delle nostre forze di soccorso, volontarie e professionali, dei nostri concittadini, che, chi più chi meno, stanno dimostrando uniti ed assieme una risposta solidale e un’empatia che altri paesi non stanno dimostrando, preferendo lavarsi le mani con un’ipocrita chiusura delle frontiere, sapendo che comunque li lasciano in mani sicure e corrette. E’ facile fare i grandi chiudendo caselli ed erigendo muri, quando si sa che coloro che respingi saranno comunque nutriti e curati.
Per noi, respingere significa abbandonare, lasciare migliaia di persone in balia delle onde, per noi, rimpatriare significa rimandare quelle stesse persone ad una probabile morte se non ad un peggiore ripetersi del calvario che li ha visti arrivare alle nostre porte, nelle mani di aguzzini e questi si, veri criminali, che sulla vita loro e anche sulla nostra speculano.
Preferisco sapere che verremo ricordati per uomini come i militari della Guardia Costiera, capaci di turni di 30 ore continuative pur di portare in salvo, sulla terraferma, quante più persone possibili, persone come il comandante Cosimo Fazio della Polizia Municipale di Reggio Calabria, colto da infarto mentre coordinava le operazioni di soccorso ai migranti appena sbarcati, persone come i Vigili del Fuoco che per un giorno intero senza sosta han recuperato decine di cadaveri da un relitto pur di dare una dignità a quei poveri resti senza nome, mettendo in gioco la loro vita per chi purtroppo era già morto, persone come gli agenti della Polizia di Stato che, magari prima o dopo essere costretti a sgomberare con la forza gli accampamenti di fortuna, a loro spese acquistano il cibo con cui sfamare chi hanno appena dovuto caricare e dal quale han magari ricevute a loro volta percosse.

D’altro canto va ricordato che essere buoni non significa essere buonisti, e che la nostra capacità di gestire l’emergenza del flusso migratorio non costituisce un alibi per quei paesi e quell’Unione, tanto brava a ricordarci i nostri doveri, ma evidentemente tarda quando si tratta di dare il proprio contributo, che stanno arrivando ad isolare noi con loro, quasi volessero tagliare con una sega gigante la linea di confine delle Alpi e mandare anche noi alla deriva, mentre nello stesso tempo pronunciano previsioni catastrofiche nel caso decidessero di togliere una nazione dalla loro unione monetaria, piangendo le lacrime di coccodrillo per quel debito greco la cui persecuzione sembra quasi una vendetta per la vittoria di un governo di sinistra ed altamente anti europeista quale quello di Tsipras.
E mentre la macchina della solidarietà italiana fa passi da gigante nella salvaguardia di migliaia di vite, quella della politica si arena in polemiche, divisioni e paranoie che non fanno altro che indebolirci a livello interazionale, contribuendo ad aumentare il senso di insicurezza e di paura in quei contesti sociali che fanno da solida base alle farneticazioni di taluni esponenti che proprio sulla bassezza hanno deciso di poggiare le fondamenta della loro carriera politica.
Le verità cercate/ per terra da maiali / tenetevi le ghiande/ lasciatemi le ali/ diceva bene Guccini nel suo Cyrano. Noi, che indossiamo una divisa, noi che anteponiamo la salute degli altri alla nostra, siamo quelle ali. Le ghiande sono coloro che ci tolgono mezzi, strumenti e uomini, che ci bistrattano continuativamente, che ci umiliano dedicandoci parole e giornate sempre più vuote, che sognano di eliminarci, di separarci dalla festa del 2 giugno, che tentano di lanciarci contro la popolazione, che ci usano come paravento e come protezione, come scaricabarile e come cassonetto, che ci lasciano SOLI tra l’incudine costituita dalla paura del cittadino e il martello della delinquenza, nostrana e non.
In tutto questo, continuiamo a salvare vite. Ogni giorno. A Lampedusa come a Trento, davanti le scuole come nelle strade, a bordo di ambulanze come di volanti e di autopompe, con divise blu, rosse, nere o grigie. Noi siamo l’immagine vera del nostro paese, un paese che verrà ricordato perché ha soccorso un intero continente, da solo.