Ho piacere di aprire una nuova sezione, dedicata ai commenti a fatti di cronaca inerenti tutti noi Forze di Polizia, con ben due articoli che parlano di azioni di agenti che, per alcuni, vanno forse oltre ciò che il cittadino si aspetta da noi:
In entrambi i casi abbiamo situazioni di potenziale pericolo, tanto per la vittima quanto per gli intervenuti, che si risolvono al meglio.
Cogliendo l’occasione per fare i più grandi complimenti ai colleghi ed essere fiero, nel mio piccolo, di essere accanto a persone così nel mio lavoro quotidiano, voglio approfittare di quanto successo – due casi che tuttavia non sono certo unici nel loro genere – per analizzare quello che il cittadino si aspetta da chi opera su strada.
La divisione di competenze c’è, ed è giusto ci sia: i carabinieri sono carabinieri, la polizia di stato è di stato, la locale è locale, i soccorritori sono soccorritori e i vigili del fuoco sono vigili del fuoco, ma tutti noi siamo uniti, siamo colleghi appunto, nel dover dare al cittadino una risposta ad un suo disagio e ad un suo problema che, in base alle varie esigenze, in quel momento per lui rappresenta un’urgenza, fosse perfino la vecchietta impossibilitata ad uscire da uno stallo di sosta perché qualcuno le ha parcheggiato troppo stretto il veicolo.
Tuttavia proprio perché il cittadino da noi si aspetta il soccorso e soprattutto la soluzione del suo problema è necessario che ognuno di noi possa nel momento del bisogno essere in grado di avere una reazione capace di gestire un’emergenza indipendentemente dalla natura di essa. Ed ecco che un agente della questura deve comportarsi da vigile del fuoco (addirittura sommozzatore) ed uno della polizia municipale riscoprirsi prima soccorritore e poi celerino (perché disarmare una persona da soli è competenza sicuramente da reparto scelto) e non di rado i soccorritori del 118 devono riscoprirsi agenti stradali e preoccuparsi della viabilità se non proprio della sicurezza durante un loro intervento.
Ed in questo capiamo che salvare una vita non è mai qualcosa che non ci compete, ma, indipendentemente dal corpo di appartenenza e dalla persona (sia essa una ragazza depressa o un sospetto violento), deve invece essere il principale motivo per cui ognuno di noi timbra quotidianamente il cartellino o porta una patacca all’interno del portafoglio.
Arresti, multe, pattuglie, piantonamenti, gattini sugli alberi, divieti di sosta, TSO, rilevazioni, corsi nelle scuole e tutte le nostre attività istituzionali (dalla più importante alla più banale) sono soltanto l’espressione con cui ognuno da voce alla competenza unica che è appunto la vita del cittadino.
Non posso che essere felice quindi di azioni come quella del sovrintendente Bonin e dell’agente Nuti, che hanno ricordato non solo al cittadino, ma soprattutto a tutti noi quale sia la nostra ricerca, la nostra missione, il nostro dovere, il nostro privilegio.